Ieri, in serata, su facebook, ho ricevuto questa inattesa quanto gradita comunicazione:
Caro Professore,
le scrivo per comunicarle che, in una maniera del tutto fortuita, sono venuto in possesso delle poesie inedite del nostro illustre conterraneo Nicolò Tinebra Martorana.
le scrivo per comunicarle che, in una maniera del tutto fortuita, sono venuto in possesso delle poesie inedite del nostro illustre conterraneo Nicolò Tinebra Martorana.
Ho conservato per circa due anni il taccuino autografo contenente la
preziosa silloge in un mio cassetto a Racalmuto. Ho tentato, molto timidamente
ma per iscritto, di contattare il Comune di Racalmuto e la Provincia di
Agrigento per proporre la stampa ufficiale delle poesie.
Come lei può immaginare, non mi è giunta alcuna risposta. Le persone alle
quali mi rivolsi sono state molto evasive e del tutto insensibili, direi anzi
che fossero stupiti (nel senso più deteriore del termine) del mio entusiasmo.
Lo scorso settembre mi sono trasferito sull’isola di Lampedusa, dove
insegno, come altrui piacque… La solitudine induce a meditare, per cui ho
deciso di pubblicare il taccuino a mie spese e ho contattato la tipografia
“Youcanprint” di Tricase, una di quelle tipografie tanto in voga negli ultimi
tempi, quelle che si vantano di essere editori per compiacere gli scrittori
frustrati. Ho ricevuto le copie ordinate, ne è venuto fuori un bel librino, per
chi sa apprezzare.
Avrei piacere di farle avere una copia, se me lo permette, per cui le
chiedo di fornirmi il suo indirizzo. Se poi nel periodo natalizio lei andrà,
come me, a Racalmuto, potremmo incontrarci per un caffè e scambiare un parere
sulle poesie. Le anticipo che non sono i soliti versi banali e mal strutturati
che si leggono in giro sempre più spesso.
Con stima,
Con stima,
Angelo Campanella
PS. È proprio vero che “Eretici a Regalpetra” non si trova più? Ci sarà una libreria che ce l’ha e io la troverò.
La mia subitanea risposta:
Caro Angelo,
ho provato una grande gioia nel leggere quanto tu mi scrivi. La notizia
delle poesie di Tinebra Martorana da te pubblicate in sordina per me è
sensazionale e mi ha suscitato una grande emozione, a prescindere dal valore
delle poesie che ancora non ho letto.
Mi verrebbe da chiederti per quali vie fortuite o meno sia venuto in
possesso del manoscritto ma prima voglio esprimerti la mia solidarietà per le
incomprensioni da te subite per una vicenda editoriale che doveva suscitare
interesse ed entusiasmi.
A questo punto, se vuoi, per condividere con te quell’entusiasmo per altri incomprensibile, per partecipare la notizia a coloro che ne proveranno piacere, vorrei pubblicare la tua lettera sul blog Archivio e Pensamenti, magari corredata di qualche poesia e della copertina scannerizzata del libro. Fammi sapere. Ciao. A presto per il caffè.
A questo punto, se vuoi, per condividere con te quell’entusiasmo per altri incomprensibile, per partecipare la notizia a coloro che ne proveranno piacere, vorrei pubblicare la tua lettera sul blog Archivio e Pensamenti, magari corredata di qualche poesia e della copertina scannerizzata del libro. Fammi sapere. Ciao. A presto per il caffè.
Un saluto cordiale, Piero Carbone
Ecco intanto i miei numeri telefonici…
Seguiva una cordialissima telefonata e in serata mi sono
arrivati i testi in pdf e l'immagine della copertina del libro.
Ho dato una veloce scorsa alle poesie e ne ho scelte alcune da proporre qui alla lettura. Con Angelo ci siamo ripromessi di ritornare sull’argomento
con altre pertinenti e anche digressive riflessioni.
Dopo un amplesso
Perch’un fremito lungo, possente
I tuoi occhi m’accendono in seno?
Vien da te ciò che l’anima sente.
Quest’immenso, infinito sereno?
Vien da te questo spirto gentile
Che mi parla sommesso nel petto?
Sento un alito olente d’aprile
Che mi ingombra di tanto diletto.
Lì, nel bacio, nel fervido amplesso,
S’è l’amore all’amore congiunto;
M’attendevi, ti venni di presso,
Ci baciammo e ridemmo in quel punto
O mia bella, mia dolce compagna,
Tutta rose nel volto e nel core.
Vieni meco, con me t’accompagna
Vo’ intrecciarti corona d’amore
Vieni meco alla luce, all’aperto,
Vieni meco alla vampa del sole;
Vo’ di raggi comporti un bel serto,
Vo’ bel letto comporti di viole.
Tu mi guardi con tanto desio,
Tu mi baci con tanto languore!
Vieni, sorgi, ti dice il cor mio;
O l’amore, l’amore, l’amore
14 aprile 1895
Volgiti al pianto
Io miro i secoli, *
Io miro il cielo, **
Col guardo investigo
L’uman pensiero; ***
e l’alma trepida,
E il core intanto
Cupi sospirano:
“Volgiti al pianto!”
“A che disperdere
Mente e salute,
a che rincorrere
Larve temute
“Ed al cor volgere
Aspro sertace
Quando il tuo prossimo
Muore di fame?
“Lascia i reconditi
Libri di scienza,
Mesci col popolo
La tua coscienza!”
1 maggio 1894
Note
* Questa circonlocuzione significa che io studio storia. (n. d. a.).
** Studio astronomia. (n. d. a.)
*** Studio filosofia. (n. d. a.)
I miei nemici
Versi satirici
Io certo non son nato a buona luna
E, bench’altrui mi mette fra i felici,
vi giuro che non me ne riesce nemmen
una
E pur dippiù ho moltissimi nemici.
Ma che nemici? I nemici son essi.
Il mondo tutto ne sarebbe pieno;
Son quattro arlecchini in mostra messi
Che starebber bene a mangiar fieno.
Pure continuerò a chiamarli tali
Benché il lor nome sia poveri di mente,
E perché son molti questi animali,
Ne citerò di lor due solamente
Il primo è un brutto ceffo nomato
Come un saggio imperator romano,
Che la delizia umana fu appellato
Mentre questi può chiamarsi mezzano.
E non a torto; è l’arte che gli cale
Sopra ogn’altra e che gli frutta molto;
Ha amicizie, danari e meno male
Passa la vita senza lavorar molto
Certamente per lui è un bel mestiere
Lavorar di naso senza stancare,
Non fa che aggiustare le uova nel paniere
Facendo il mezzano a chi vuole amare
E non credete che in simile quistione
La sua perizia arrivi poco a fondo;
Mercanteggia anche i parenti il bestione
Senza un pensier di questo mondo.
Intruso è il secondo, una seccaggine,
Un babbeo saccente, un’intrigante,
D’un bel cane levrier tien l’immagine
E si vanta poi d’avere un’amante.
È peccato però che gli abbian dato
Il nome d’un gran martire romano,
Morto avendo l’onore troppo amato,
Mentre questi non ama ch’il baccano.
20 ottobre 1891
Ad un amico mesto
a P. D.
Tu guardi il garrulo mare spumante
E della tua terra sogni il sorriso,
sogni le blande carezze d’amante
Che senti ancora aleggiare sul viso
E della tua terra sogni il sorriso,
sogni le blande carezze d’amante
Che senti ancora aleggiare sul viso
In iscuola il 16 maggio 1894
L'Indice del libro
Introduzione
Fior di giaggiolo
Dopo un amplesso
Al mio nonno ammalato
Fiore di menta
Un saluto autunnale
Volgiti al pianto
Fior di margherita
I miai nemici
Fiore di prato
Rammenti?
Un saluto del sole morente
Fior di viola
Primavera
Ad un amico mesto
Fiore di rosa
Amore e morte
Fiore di lino
Al vino nuovo
La finestreide
In occasione del tuo compleanno
Come nasce un poeta?
RispondiEliminacomplimenti e grazie per la notevole iniziativa culturale. Occorre ora riflettere sul portato artistico di queste poesie, sul contesto, se ne esistono altre, ecc..
RispondiEliminaGrazie, Piero, per avermi reso partecipe di questa emozione.
RispondiEliminaOttimo lavoro, quando la passione supera ogni interesse si ottengono i migliori risultati.
RispondiEliminaPostato su Facebook da
RispondiEliminaNicola Romano:
Bella operazione. La poesia "I miei nemici" sembra tagliata per un personaggio della nostra attualità. Grazie
Su Facebook Calogero Taverna mi rivolge un invito che è poi una proposta:
RispondiElimina"Non so se reputi opportuno - tolto il troppo e il vano - farne uo stralcio (di critica alternativa) sul tuo mirabile blog, magari con i tuoi argomentati dissensi Non credo di avere il dono dello spirito santo dell'infallibilità."
Accetto l'invito e riporto la "critica alternativa", anche se penso che ogni vera critica se vuole essere originale dev'essere alternativa, il problema di essere "alternativi" in questo caso viene rimandato ad altri poiché quella di Calogero è la prima disamina dei versi del Tinebra Martorana da quando hanno visto la luce:
Apprezzo ogni tua iniziativa volta a valorizzare il poetico fiorire racalmutese. Ora posso anche leggere missive di codesto giovane docente, relegato a Lampedusa, prof. Angelo Campanella. Non lo conosco di persona: ne apprezzo la scarna, elegante e sagacemente paratattica prosa. Ecco che nasce in questo lembo racalmutese uno che la penna in mano la tiene e trattasi di suadente penna leggiera.
Trovatosi un quadernetto ottocentesco di rime baciate, cerca di farcene partecipe con fondi comunali; ma il volpino ufficio non ci sente da questo orecchio. Allora mette mano al suo portafoglio – che tanto gonfio non deve essere – e dà quei parti poetici alle stampe.
A me i poeti vanno un tantinello di traverso: mi fermo ai sommi e l’ultimo sommo per i miei gusti è spagnolo; morì fucilato a Viznav il 19 agosto del 1936; non so se i fucilieri erano anche siciliani; non so se c’entra per niente qualcuno che onoriamo con tanto di dedica viaria (lo escludo assolutamente): si chiamava GARCIA LORCA. Finché non leggo qualcosa che si avvicini a versi come questi, digrignerò sempre i denti.
La tirannia/del grande abuso/di questo Jehova/che vi incammina/per un sentiero,/che è sempre lo stesso,/mentre egli gode/in compagnia/di Donna Morte/che è la sua amante …
Ed anche se afrori erotici qualche giovincello di fine XIX secolo aveva, l’aver cosparso di viole il talamo della sua Donna Morte mi fa alquanto sorridere, sperando che non vi abbia congiunto spinose rose, perché quei piccoli aculei gli spasimi d’amore avrebbe mutato in gridori di dolore. (Ciò ovviamente per fare anch’io rima allitterata). Sciascia mi pare giammai ebbe a scrivere versi con eguali sillabe finali tra versi pari e tra quelli dispari. Non fu poeta con la p minuscola insomma.
E questo nostro riscoperto poeta ottocentesco traballa persino nelle cantilene ritmiche. Anch’io da giovincello mi cimentai una volta (sì padre una sola volta) a far prosa ritmata: arrivai al quinto verso
Ho una tristezza illagrime/che reca il giono piovigginandola dalle nubi grigie:/Le pupille scorgono i fantasmi umani/e nelle ore di luce o fra le nebbie/la vita disperde i sogni della notte ..
E qui mi fermai: non avevo birra in corpo. Poi certi fulmini del Carducci (Piero ricordi? Il poeta vulgo ..) non mi hanno fatto più peccare.
Essendo sceso tu in campo, il volpino ufficio forse si sbragherà e provvederà. Non me ne adonterò, anche se giammai ho avuto provvidenze. Non ne ho tutto sommato bisogno. Giammai si sono sbragati con te (e dire una bella edizione dei tuoi sparsi lavori oltre che dilettevole sarebbe prossenetica nelle cosiddette vocazioni turistiche). Ma si sa così vanno le cose a Racalmuto.
Calogero Taverna