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mercoledì 2 novembre 2016

TORNA, TORNA L'EMIGRANTI. L'altra faccia dell'immigrazione: la nostra. Testo (inattuale?) di una canzone




Ritrovarsi al punto di partenza 

Ti la scordi la Merica! L’emigrazione di Caltabellotta verso gli Stati Uniti d’America (1892-1924).  Il titolo del libro di Calogero Pumilia, esposto e presentato al Castello Chiaramontano di Racalmuto domenica scorsa, in occasione del “Festival della letteratura, dell’editoria e dell’identità siciliana -Kaos”,  mi ha richiamato altri libri dedicati all’emigrazione siciliana: Entromondo di Antonio Castelli, Tutti dicono Germania Germania di Stefano Vilardo, Luigi che sempre ti penza di Gigi Borruso;
e mi ha fatto riprendere tra le mani una vecchia poesia: nel rileggerla, ho avvertito l’esigenza di integrarla con alcuni versi per attualizzarla, collegando un fenomeno riemerso in tempi recenti con impellenza al suo antecedente storico.

In tempi di immigrazione, sembra un paradosso che la stessa terra - agognata come meta, punto di approdo di una terra promessa - spinga dolorosamente i residenti ad andare via. Ma non lo è.



Torna, torna l’emigranti.
Lu trenu va, lu trenu torna.



Strofa di apertura:

L’emigranti di na vota
na valigia di cartuni
ora sunnu laureati
ma nun cancia lu cupiuni.

Nun sirvieru propriu a nenti
sacrifici di li patri
si li figli ann’a scappari.
Peggiu ancora di li latri!

Rit.: 
Lu trenu va, lu trenu torna,
lu paisi si lu sonna. 

I
Torna, torna l’emigranti
duoppu un annu di stranìa,
si sunnava a lu paisi
mentri era ancora n via.

Si sunnava, si sunnava la Funtana,
li parienti, li parienti ccu l’amici,
lu turrenu, la jittèna, la taverna,
penza chissu, penza chissu ed è filici.

Rit.: 
Lu trenu va, lu trenu torna,
lu paisi si lu sonna. 


II
Po’ s’assetta a lu scaluni
di la casa di so patri,
quannu era picciliddru
di lassarlu un si sunnava.

Lu travagliu, mmalidittu lu travagliu,
tutti dicinu e lu trovanu “a ddrà via”!
C’è cu lassa li so figli, la muglieri.
Malasorti! Malasorti! Camurrìa!

Rit.: 
Lu trenu va, lu trenu torna,
lu paisi si lu sonna. 


III
Ma, purcazza la miseria!,
nfami Giuda e tradituri!
Duoppu un misi o tri simani,
lu bigliettu ppi turnari.

A sirpenti, silinziusu, già lu trenu
di luntanu, cotu cotu, scumparisci,
ma ogni annu, rabbiusa, all’emigranti,
la spiranza comu un lampu ci annivisci.

Rit.: 
Lu trenu va, lu trenu torna,
lu paisi si lu sonna. 

Strofa di chiusura:

Stu lamentu comu un fadu,
di li patri e di li figli,
è canzuna chi t’accrappa
la cuscenza si la strigli.

Stu lamentu comu un fadu,
di li patri e di li figli
è canzuna ca un finisci
si li spini un fannu gigli.


Ritornello (finale):
Lu trenu va, lu trenu un torna,
si nni jeru li so jorna.

©piero carbone




Testi citati:
Antonio Castelli, Entromondo, Lerici editore
Stefano Vilardo, Tutti dicono Germania Germania, Garzanti editore
Gigi Borruso, Luigi che sempre ti penza, Navarra editore
Calogero Pumilia, Ti la scordi la Merica!, Aulino editore

Il nucleo originario del testo Torna, torna l'emigranti è stato pubblicato in Pensamenti, Coppola editore, Trapani 2008, con Prefazione di Salvatore Di Marco. 

sabato 15 ottobre 2016

MIGRANTI DI IERI, MIGRANTI DI OGGI. L'evento di questo pomeriggio a San Giovanni Decollato di Palermo per MigraTours - Festival delle Letterature Migranti




Oggi alla Chiesa di San Giovanni Decollato
nell'ambito del MigraTours- Festival delle Letterature Migranti
evento organizzato dalla Associazione Cassaro Alto di Palermo


sabato 15 ottobre, ore 16:30
Chiesa di San Giovanni Decollato
Presentazione del libro
Il razzismo non è un punto di vista, ma un crimine
di Valentina Vivona
Un viaggio nel viaggio, quello dell’autrice, lungo le tante e diverse destinazioni dei giovani che lasciano le loro case per poggiare i piedi su terre ove, credono, gli sia ancora concessa la possibilità di sperare in un futuro migliore.
Valentina Vivona è psicologa SPRAR e fa parte dell’associazione Mete Onlus.

sabato 15 ottobre, ore 18:00
Chiesa di San Giovanni Decollato
MigraTours
Reading di testi sulle migrazioni, da e verso la Sicilia, a cura di alunni e docenti .
Evento promosso dall’Associazione Cassaro Alto, in collaborazione con l’Istituto comprensivo statale “Maredolce”, il Liceo “Danilo Dolci”, l’Association Francophone de Palerme, Navarra editore e l’Istituto superiore Ferrara.



http://archivioepensamenti.blogspot.it/2016/10/inno-di-maredolce.html

A cura dell'I.C.S. "Maredolce" (dirigente Vito Pecoraro)
sono previsti tra l'atro
- monologo rielaborato e interpretato dia Nancy Luppina tratto dal libro di Stefano Vilardo
"Tutti dicono Germani Germania"
- canzoni della tradizione siciliana a cura di Maridina Saladino e Antonio Contorno
- canzone "Lu mari si l'agliutti. Tùmmina, tùmmina sunnu li guai"
(voci: Nancy Luppina, Damiano Sabatino; percussioni e chitarra:  Lucio Greco, Antonio Contorno)
ispirata alle tragedie dei migranti





domenica 2 febbraio 2014

LA "RASÒLA" NON SCROLLA I RICORDI

Una semplice precisazione. La rasòla è un attrezzo agricolo, una sorta di palettina in ferro che i contadini tenevano appesa alla cintura e serviva per scrollare la zappa ma soprattutto gli scarponi dalla terra fangosa, argillosa, che specialmente dopo le piogge si attaccava come una sorta di grande pattino, rendendo difficoltoso ogni movimento e quindi il lavoro stesso.  P.C.




EDUARDO INTRODUCE SE STESSO

Setubal, 23 gennaio 2014


Caro Piero, parlando l´altra sera con un amico, con cui normalmente commento i post del tuo blog, intuendo  l´inquietudine che la distanza mi provoca  (come avrà fatto a capirlo?), mi ha urlato: 

Eduá, ma stattene sereno sereno lá dove ti trovi e schifìalu, lu paisi!

E mi ha anche consigliato di scrollarmi di dosso quei ricordi.

Cominciai a pensare ad una risposta, la meno ipocrita possibile, ma cosa potevo dirgli io che venticinque anni fa me ne ero andato da quel paese sbattendo la porta, e giurando che non ci sarei più ritornato (giuramento che ho mantenuto, con mia vergogna, per dodici anni) e che ha finito per avere su di me  l´effetto opposto. 
Infatti, mi sono ammalato di Paesite.

 Alla fine, avvalendomi della legge della relatività, gli ho detto che le nostre opinioni  molto probabilmente sarebbero state convergenti se ci fossimo trovati nella stessa situazione...

Ma quello scrollarmi di dosso i ricordi, di grattarli via, di raschiarli come fango, come se fosse possibile farlo con una paletta, con una "rasola" insomma, no.

Il subconscio ha fatto il resto, spero con nessi logici. 
Insomma, mi è scaturito un altro ricordo, spero ti piaccia. Come abbiamo visto, e con le prove, l´unica cosa capace di fare d´aggregante, per la nostra gente, sono i ricordi, non fini a sé stessi, come qualcuno ci accusa, ma con il compito di fare da cemento, cosa che, sono sicuro, riuscirà anche con l´archivio fotografico. Ciao.  Un abbraccio. Eduardo.


L´altro giorno sirbizziannu per la città, ho visto la muraglia di una fortezza
 del xv secolo, attaccata e conquistata dalle acetoselle o Calacitu, mi è 
piaciuta e l´ho (come so e come posso) fotografata. Ciao, un abbraccio.



LA RASÒLA

di 

Eduardo Chiarelli

Così come le trombe nelle caserme militari annunciano l´ora della sveglia, del rancio e del silenzio, e, in battaglia, la carica o la ritirata, la rasòla battuta sull'acciaio della zappa serviva per mandare messaggi a tutti quelli che lavoravano nello stesso campo.

La nota che quel ticchettio  emetteva era sempre la stessa, ma così come le mamme intuiscono se i loro bambini piangono perché hanno fame, sonno, o male al pancino, anche noi, nel sentirei il suono di quella strana campana, capivamo, quando eravamo l'acquaiolo di turno, che dovevamo andare a prendere la lanciddùzza di crita  (il recipiente di terracotta) e con essa fare il giro per dar da bere ai nostri compagni.

Capivamo anche se era giunta l'ora di pranzo o di andare a casa, per cui dovevamo affrettarci se mancava molto per completare il filaro,  o rallentare se mancava  poco, per non cominciarne un altro. 
Era molto importante arrivare alla meta tutti allo stesso tempo, infatti questo strumento serviva anche per richiamare coloro che per farsi apprezzare dal padrone si trovavano troppo avanti  nel lavoro distaccandosi così dal gruppo.
Per cui si puo dire che la  rasòla non era esclusivamente un utensile che serviva per raschiare il fango dalla zappa o dagli scarponi, ma un vero strumento di comunicazione, una sorta di telegrafo senza fili.


Purtroppo a saper decifrare il suono  di quello strumento monotono non eravamo soltanto noi braccianti, ma anche i padroni.
Ricordo uno di questi dire com voce irritata al piú anziano che normalmente aveva il compito di dirigere “l'orchestra":

Giuvá, e unni sú ssi criti ca pulizìi e pulizìi?!

(Giovà, dov'è tutto quel fango che raschi e raschi con la rasòla?!)

 E lo zì Giuvanni,  abbassando lo sguardo, con finto servilismo, abbozzava un impercettibile sorriso di soddisfazione, perché il segnale ormai l'aveva mandato ed echeggiava ancora per le valli.




giovedì 5 dicembre 2013

"PAESITE"






Un commentatore "benevolo" , che forse voleva essere ironicamente velenosetto, ha voluto ricondurre il dolore di cui si parla nella poesia all'odontoiatria, ma io dico che è stato involontariamente benevolo perché di una vera e propria malattia si tratta, della peggiore specie, trattandosi di malattia amorosa che possiamo definire "paesite". 

Eduardo Chiarelli se l'è portata appresso, prima in Canada, ora in Portogallo, e chissà dove altri se la portano in giro per il mondo.

Una musica vi immagino in sottofondo, il fado portoghese, e Coimbra della canzone vale come nome di una città che ciascuno può sostituire con quelli della propria geografia personale:


Coimbra é uma lição
De sonho e tradição...

Coimbra è una lezione 
di sogno e tradizione...




Nos abismos

Doi como um dente
este pais 
mas cair não pode , 
não é de leite 
e ainda bem porque se caisse ,
ficaria com um grande buraco 
na minha boca ,
e até eu me arrastaria
nos abismos.

Traduzione di
 Eduardo Chiarelli (Setúbal, Portogallo) 

*************

Come un dente mi duole

questo paese 

ma cadere non può 

non è di latte 

e meno male sennò 

se mi cadesse 

la cavità nella bocca 

sarebbe grande, 

pure me trascinerebbe 


giovedì 28 novembre 2013

CARRETTIERI IN AMERICA E SINTASSI DEI RICORDI


Lu zi Peppi Grimaldi "Viecchiupilu"
 e il suo carretto


L'altro giorno, Eduardo Chiarelli da Setúbal, in Portogallo, dove è emigrato, mi ha scritto:


"Ieri sera nel leggere un tuo post dedicato ai carrettieri, giunto ai nomi di famiglia di questi, mi sono ricordato di una serata passata con alcuni di loro nel lontano 1991, quando vivevo in Canada, allora i ricordi hanno cominciato ad accatastarsi e nchiappavu quattru palori, te le posso mandare ?" 


La mia risposta immediata è stata "ceeeerto!", ben contento che i ricordi generino ricordi e le rievocazioni altre rievocazioni come quelle dei carrettieri e delle putìe di vino. 


Ne propongo di seguito il testo (e non è vero, come dice con grande modestia Eduardo, che si tratta di  quattru palori nchiappati, di "quattro parole affastellate"): la sintassi dei ricordi è ineccepibile.



Scena dipinta sulla sponda



Carrettieri in America
di 
Eduardo Chiarelli

"Vado a farmi una passeggiata, ceno fuori," dice l'uomo prima d'uscire.

Andrà a James street; se fosse in paese, nella sua bella Chiazza, avrebbe fatto la spola con i suoi amici, tra la Piazzetta e la Matrice, qua invece dovrà accontentarsi di Burton e King st. 
Ma stasera il freddo, taglia la faccia, a Tele Latino hanno detto che a Palermo ci sono 15 gradi, anche ad Hamilton ce ne sono 15, ma sottozero, meglio andare al club dei Racalmutesi, sì, al calduccio è decisamente meglio, e poi questa sera cucineranno il coniglio al pomodoro e con il sugo ci condiranno la pasta. 

A casa il mangiare paesano ormai si fa di rado, la pasta ingrassa, dicono, e così la moglie cucina consultando i libri, o con le ricette che scambia con le amiche, l'altra sera per pranzo gli ha fatto trovare i " canapé ".
Che i figli non lo capiscano è normale, perché sono nati in Canada, ma la moglie, nata e cresciuta nel suo stesso quartiere, tra le capre e le galline? Partita giovanissima con il "Vapore" insieme a lui, il Canada le piacque subito, altro che Racalmuto!, dove poteva uscire solo la domenica per andare a messa e sempre accompagnata dalla madre, e sempre evitando di attraversare la piazza principale.
Qua se ne va in giro con il Cadillacchiu, è così grande che nel cortile di "Santa Nicola" non ci entrava neppure. E sì, si è ambientata subito, lei. Ma lui non cerca più di capire e si concentra sulla cena che consumerà con gli amici che lo chiameranno Liddru e non Charlie. Parleranno invariabilmente del paese, della loro infanzia, della giovinezza e della festa del Monte, che se vuole Dio il prossimo anno andranno a vedere. L'ultima volta il solito guastafeste ha detto:

"Ma che vi ha dato il paese se non fame e pidocchi? Se ci trovassimo bene a quest'ora non saremmo qua dall'altra parte del mondo".

E lui gli aveva risposto che, nonostante la miseria, aveva trascorso a Racalmuto i momenti più belli di tutta la sua vita, e che pur avendo guadagnato con il suo Bissinissi tanti dollari, momenti come quelli in Canada non ne avrebbe più vissuti.

Parlano forte, specialmente quelli che in paese facevano i carrettieri, e dei carrettieri gli è rimasta la voce forte e l'inflessione palermitana. Per un momento fanno finta di trovarsi in qualche putia di vinu da "Donna Pina"  o da "Mangiacosi", l'ambiente è lo stesso, le grida, il fumo e l'odore del vino... ma già è tardi e i loro occhi luccicano, un po' per la nostalgia e un po' per il vino, decidono d'andare a casa.
Si salutano e, stringendosi infreddoliti nei loro pesanti cappotti, ripetono uno dopo l'altro:

"Ah, si nun fussi pi lu dollaru! E' accusì granni la nustalgia di lu Carritteri, ca mmeci di li stritti vidi trazzeri!".



 Trad.: "Ah, se non fosse per il dollaro! E' così grande la nostalgia del carrettiere che invece di streets vede trazzere!".


Più cielo (di ricordi) che terra





http://archivioepensamenti.blogspot.it/2012/09/luna-e-scrusciu-di-carrettu_22.html


http://archivioepensamenti.blogspot.it/2012/09/le-putie-di-vino-e-le-parole-spente.html

lunedì 14 ottobre 2013

DIALOGO MAI INTERROTTO





Terribile la notizia della mamma ritrovata morta nel barcone affondato al largo di Lampedusa con il bambino appena partorito e ancora a lei legato col cordone ombelicale. Un dialogo mai interrotto, prima di incominciare.
Non immaginando che la realtà avrebbe sopraffatto timori e previsioni, qualche anno fa, all'interno di un progetto animato da Alessandro Cicciari e Susanna Spina, per sensibilizzare i ragazzi al fenomeno insorgente dell'immigrazione, suggerii il seguente

DIALOGO DI UNA MADRE (CHE PARTE) CON IL FIGLIO


MADRE:

Per amore tuo
 sacrifico la mia vita
per darti im futuro migliore. 
Una decisione presa a malincuore:
come madre è un dolore staccarmi da te. 
Da te che per tanto tempo e per tutta la vita  
hai fatto e farai parte di me
perché sei il mio unico e solo amore. 
Noi due siamo un'unica cosa 
e mai niente e nessuno potrà separarci. 
Dicono: 
in Europa i bimbi non muoiono di fame, 
hanno una casa 
hanno vestiti 
hanno giocattoli
hanno cibo 
vanno a scuola 
sono curati 
stanno bene e sorridono.
I genitori hanno un lavoro.  
Ci sono macchine  
per lavare stirare asciugare
conservare cibi. 
L'acqua non vanno a prenderla al fiume. 
Le case sono fresche d'estate, calde d'inverno. 
Anch'io voglio vedere con i miei occhi 
se è tutto vero. 
Mi sembra un sogno,  
ma ho il dovere, 
per te, 
di provare se è vero.  
Oggi parto!
Io parto,
è rischioso per te,
 parto con la consapevolezza  
di non averti abbandonato, o figlio, 
 parto con lo scopo di arrivare  
alla ''Terra promessa"  
anche a costo di mettere a rischio la mia vita  
solo ed esclusivamente per te.  
Sto male,
  sto male al solo pensiero di stare lontana da te.  
Tu piccola creatura indifesa,  
crescerai, spero per poco,  
senza l'appoggio e senza l'amore  
che solo io posso darti.  
Per poco, perché tornerò,  
spero presto, 
spero, spero.  
Quando guardo nel profondo dei tuoi occhi  
vedo tristezza,  
la tristezza che nessuna madre vorrebbe vedere.  
Ma come posso continuare a sopportare  
che tu abbia  
un pagliericcio per casa  
ossa ripulite di animali per giocare  
stracci come abiti  
rifiuti come cibo  
malattie che ti minacciano ogni giorno  
in ogni angolo: lebbra, scorbuto, malaria, 
e poi la peggiore di tutte: la fame, la fame!?  
Per alcuni istanti  
penso di aver preso la decisione sbagliata 



FIGLIO:

Madre,  
non partire con questo peso sulla coscienza.  
Si, sarò anche come tu dici,  
una piccola creatura indifesa,  
ma è proprio in queste situazioni  
che nonostante l'età,  
si dimostra di essere qualcuno,  
in realtà 
dentro mi sento di essere un uomo,  
un uomo  
che ha capito la tua decisione.
Non affliggerti,  
anzi ti sono grato per la nuova vita che vuoi darmi.  
Anch'io
 da padre dovrei fare lo stesso  
per rendere felici i miei figli.  
Staremo lontani.  
Ma ne avremo la forza.  
Nel bene e nel male.  
Mamma
 tu sarai per me
 la luce che illumina il cammino.  
Parlo  
ma vorrei nascondere  
sul mio volto  
il dolore che provo.  
Dentro mi sento triste.  
Mamma  
mi mancheranno i tuoi abbracci  
le tue carezze  
i nostri sguardi 
le tue dolci parole, sommesse,  
nel silenzio  
il tuo stringermi a te  
e sentire il battito del cuore.  
Madre,
immagino già il tuo volto  
quando andrai,  
sarà un volto triste.  
Di chi si sente perdente  
perché non ha potuto evitare  
che tutto questo accadesse. 
Vorrei fermare il tempo 
stringermi a te  
e non lasciarti mai.


domenica 7 luglio 2013

IL PAPA A LAMPEDUSA, GLI ARTISTI E I CLANDESTINI






Domani il Papa sarà in Sicilia, a Lampedusa, sul molo dove attraccano si fa per dire i superstiti di traversate di fortuna, a far visita agli ultimi tra gli ultimi, agli immigrati, ai clandestini, ai disperati del nostro tempo. 

Dietro i ragionamenti, le leggi, le opportunità, dietro le cause storiche e le attuali responsabilità, dietro i numeri e le analisi degli studiosi, ci stanno le singole persone, persone come noi, con i loro drammi, le sofferenze, i loro sogni.


Sono immigrati. 


Lo siamo stati anche noi, altrove. 


La poesia che segue nasce dalla consonanza storica. La consonanza di quello che una volta si diceva il sud del mondo e che ora si estende ad altre latitudini e ad altri punti cardinali. 

 


n-silenziu si l'agghiutti

Mamma, li turchi
su junti a la marina,
cantava anticamenti
la canzuna.

Scinnìvanu ccu armi
e scimitarri.
Sbarcavanu arraggiati
comu cani.

Ora arrivanu di notti
a l'ammucciuni,
ammunziddrati
ncapu li varcuna.

Parinu lapi, lapi
appizzati
a na vrisca di feli
ncatinati.

L'acqua l'annaculìa.
Màncianu luna.
Chjinu lu cori
ma muorti di fami.

A Puortu Palu cc'è cu và,
cu và a Pachinu,
a Lampedusa, o puru
cchjù luntanu.

Nuddru li vidi,
nuddru li scummatti,
pirchì lu mari n silenziu
si l'aggliutti.





EN SILENCIO LOS TRAGA

"Mamá, los moros
llegaron de la mar."
Cantaba hace
tiempo una canción.

Bajaban con armas
Y sables.
Desembarcando
Feroces como perros.

Ahora llegan de noche
A escondidas,
Amontonados
Arriba de barquitos.

Parecen abejas,
Abejas pegadas
A un pañal de miel
Encadenadas.

El agua los arrulla.
Comen de luna.
Lleno el corazón
Y muertos de hambre.

Hacia Portu Palu algunos van,
Otros para Pachinu,
A Lampedusa
O tal vez más allá.

Nadie los ve,
Nadie los enfrenta
Porque la mar
en silencio los traga




in silenzio il mare se li inghiotte

Mamma, li turchi / son giunti alla marina, / cantava anticamente
/ la canzone. / Scendevano con armi / e scimitarre. / Sbarcavano
arrabbiati / come cani. / Ora arrivano di notte / di nascosto, /
ammassati / sopra i barconi. / Sembrano api, api / attaccate / a un
favo di miele / incatenate. / L'acqua li dondola. / Mangiano luna.
/ Pieno il cuore / ma morti di fame. / A Porto Palo c'è chi va, /
chi va a Pachino, / a Lampedusa, oppure / più lontano. / Nessuno
li vede, / nessuno li cerca, / perché in silenzio / il mare se li inghiotte.





Poesia pubblicata nella versione dialettale e italiana su Venti di sicilinconia, Medinova editrice, Favara 2009. Traduzione in spagnolo di Juan Diego Catalano.

Recitazione in spagnolo di Juan Diego Catalano
http://www.youtube.com/watch?v=_odakdS0aig

Le foto ritraggono una scultura di Giuseppe Agnello attualmente in esposizione alla Torre Carlo V di Porto Empedocle, dal 22 giugno, nell'ambito della mostra "Memorie: vedute laterali e oblique".
A dimostrazione dell'annoso problema e di antiche emergenze e conseguenti sensibilità, che permangono attuali, la scultura doveva essere installata, tra  maggio e giugno del 2008 a conclusione della mostra di Totò Bonanno e dell'anno scolastico, nelle sale del Castello Chiaramontano di Racalmuto  secondo un progetto concordato tra l'artista e l'assessore alla cultura del tempo a cui proprio il tempo è stato fatto mancare, innaturalmente, per realizzare l'avviato progetto.