giovedì 31 dicembre 2015

I POST DEL MESE. Dicembre 2015

▼  dicembre (32)

BUON ANNO. BUON "VENTO" PER IL 2016


Con le cromie, 
col vento buono foriero di serenità,
con l'arte di un amico,
 per augurare ad ognuno di voi
Buon Anno!





mercoledì 30 dicembre 2015

LE NEVIERE DI RACALMUTO. IERI. OGGI. E DOMANI? Conversazione con Calogero Taverna


Ieri





Oggi






"L'altra neviera" di Calogero Taverna

Quella del Raffo o di San Mattè era la neviera che conoscevo e alla quale si riferisce il documento riportato nell'apposito post, ma Calogero Taverna, nel corso di una conversazione, con la solita verve e il solito impegno "civico" che mira a valorizzare la nostra storia e il nostro territorio, ci fa sapere di una seconda neviera. 
Entrambe le neviere sono private ma una lungimirante politica si periterebbe di valorizzare il patrimonio collettivo e che va oltre le scansioni delle private particelle catastali, basti pensare ai cinque o sei mulini ad acqua disseminati nella vallata del Raffo: potrebbero far parte di un sentiero inedito e dalle notevoli potenzialità turistiche e quindi economico-produttive: a Roccapalumba lo fanno.



- Ne conosco una di nivera al lato nord del Castelluccio, sempre più cadente; un figureddra di la "Mmaculateddra' nella dismessa curva di "Caracuollu" tra breve al macero.
Questo Comune, con tanti bravi murifabbri pronti a far qualcosa come hanno dimostrato nel recupero del bordo dell'odiata fontana della Piazzetta , non ha neppure il destro di un semplice atto di pietà conservatrice. Che cavolo di amministratori abbiamo avuto, abbiamo ed avremo a Racalmuto. Tutti buoni a parlare, nessuno che si svegli per "fare". Insomma, si vuol dare ragione a Tommasi di Lampedusa!

- Grazie per l'apprezzamento. Ho trovato interessante il commento sulle neviere dove ne menzioni un'altra oltre quella del Raffo.

- Sì, sta, come ti ho detto, al Castelluccio, credo nelle terre abbandonate dell'avvocato Vinci. E' più complessa di quella del Raffo. Peccato che si stia tutta diroccando.
- Bisognerebbe fotografarla.

- A suo tempo con l'architetto Romano l'abbiamo strafotografata e messa in un depliant pubblicitario.

- Benissimo, almeno c'è la documentazione fotografica.

- Ma sarebbe bene che te la prendessi tu in cura. Io ho 82 anni e si cci sugnu oi nun cci sugnu dumani.

- Non dire così, sei più "giovane" di tanti che lo sono anagraficamente; proprio domani avrei intenzione di mettere a confronto le foto della neviera del Raffo nelle condizioni di ieri e di oggi, col tuo permesso vorrei inserire il commento che hai postato sul blog dove parli della seconda neviera.

- Ne sono lusingato.

- Grazie a te.


Link correlati:

Il mulino Fiaccati di Roccapalumba

Il recupero di San Mattè

Ph ©piero carbone

lunedì 28 dicembre 2015

POST QUOTA 1000. BRINDIAMO INSIEME CON LO CHAMPAGNE DI AMBROISE! Grazie a tutti voi per la compagnia!



Questo è il 1000esimo Post pubblicato.


Mi piace evidenziarlo e condividere la notizia con voi che seguite questa sorta di diario in pubblico non soltanto personale, visto che il blog si arricchisce con gli apporti di amici ed estimatori.

Con questa occasione, anche perché in prossimità della fine di un anno e del principio di un altro, mi piace brindare: lo faccio con lo champagne di un amico che ho stimato e al quale sono grato per la stima e l'amicizia che mi ha voluto donare.

Si tratta di uno champagne sui generis e impalpabile al tempo stesso ossia virtuale, viene naturale pertanto associarlo ad un ricordo che pur essendo impalpabile lo rende realissimo e fragrante. 
Stappiamo... dunque, il ricordo.




Il dolce champagne di Claude Ambroise

Subito dopo la morte di Sciascia venne a Racalmuto Claude Ambroise per commemorare l'autore di Candido alla Fondazione omonima. Al termine della relazione, mi complimentai e lo invitai a pranzo. Lui accettò congedandosi dagli organizzatori del convegno che forse tanto bene non presero quell’invito imprevisto.  Lo portai al Raffo, da mio zio Matteo. Venne anche Anne Cristhel Reknagel. 

Il verde e le acque del Raffo, a due passi dal Saraceno, si sa, sono incantevoli. 
L’ambiente in cui pranzammo era rustico. 
Mia zia tirò fuori qualche specialità. 
Claude era felice come un bambino in quella dimensione poco, anzi, per niente formale,  ammirava i frutti e la verdura appena raccolti, li odorava, quasi li palpava, addirittura si stava accingendo a prendere con le mani un ficodindia e forse a rigirarselo tra le mani per ammirarne la tavolozza dei colori ma lo fermammo in tempo intervenendo con coltello e forchetta. 
Il pranzo fu semplice, gustoso e “familiare”.



Eppure, le premesse non avevano deposto bene. 
Alcuni mesi prima del convegno racalmutese, infatti, ero andato ad ascoltarlo ad Acireale, sempre per una commemorazione di Sciascia a pochi mesi dalla sua scomparsa. 
Al termine della conferenza il relatore invitò il pubblico ad intervenire. Io alzai la mano per chiedere la parola. 

E' noto che nei gialli di Sciascia ci sono morti ammazzati ed è naturale che sulla scena del delitto sopraggiungano magistrati e forze dell’ordine, ora siccome Ambroise aveva fatto riferimento anche a questo, io semplicemente e, a pensarci bene, forse semplicisticamente, dissi: - Con tutti questi morti ammazzati, poliziotti e carabinieri mi sono sentito in questura o in caserma.

Esternato il mio pensiero critico, mi sedetti, subito l’amico che era accanto a me e con il quale avevo fatto tanti chilometri per andare ad ascoltare il professore di Grenoble, mi tirò una forte gomitata sibilandomi nell’orecchio “con quello che hai detto hai chiuso con lui”, ma, accostando di nuovo le labbra all’orecchio, integrò  “o ti sei fatto un amico”. Ebbi un brivido di pentimento, ma ero fiero e soddisfatto della mia franchezza.

Al termine della manifestazione, in mezzo alla naturale calca, il professore Ambroise alzava gli occhi come se cercasse qualcuno tra la folla, ad un tratto alzò il braccio e con la mano fece cenno di richiamo a qualcuno, io ero terrorizzato perché guardava nella mia direzione, ma lui tolse di mezzo ogni incertezza, - venga, venga, - disse.  
Mi feci coraggio e andai. 
Diventammo amici. 
E mi diede appuntamento alla Fondazione di Racalmuto per il prossimo incontro. Incontro sfociato nell’invito a pranzo.
Dopo il pranzo, dunque, lo riaccompagnai in Fondazione per il prosieguo dei lavori.

A distanza di una settimana circa, mio zio mi fa sapere che era arrivato un pacchetto da Grenoble da parte del prof. Ambroise e che avrebbe voluto aprirlo in mia presenza. Io pensai subito si trattasse di libri. Invece, quando lo aprimmo, ci trovammo sotto gli occhi tanti tappi di champagne, erano di cioccolata, ripieni di champagne vero. Abbiamo brindato.




Da Blogger. Schermata 2015-12-28 a 06.13.59



Da Blogger. Schermata 2015-12-28 a 05.34.43








Testo e foto di ©Piero Carbone


domenica 27 dicembre 2015

L'EMIGRANTE SICILIANO CHE INSEGNA ITALIANO A SETUBAL. Eduardo Chiarelli in Portogallo





Insegnare l'italiano con i sapori siciliani
di
Eduardo Chiarelli


Ma chi me lo ha fatto fare! pensavo, mentre trenta persone mi fissavano, aspettando che cominciassi a parlare.
Ma perché avevo detto di sì, al mio amico Rettore, che un paio di settimane prima mi aveva chiesto se ero disposto a insegnare lingua Italiana all´ UNISETI, Università Senior di Setubal?

Forse perché erano solo un paio d’ore la settimana, o forse perché pensavo si trattasse di persone che volessero imparare l´Italiano appena per occupare il tempo, per cui non avevano bisogno di un vero professore di lingue? Errore madornale, il mio, visto che la maggior parte dei miei alunni sono ex insegnanti, alcuni addirittura con quarant´anni di carriera alle spalle, mi rendo conto che non basta essere Italiani per insegnare l´Italiano, questi conoscono, Moravia, Pavese, Eco ed altri ancora.



Così in preda al panico e incapace di proferir parola per guadagnare tempo, continuo a sfogliare e a mettere in “disordine” i miei appunti. Finché facendomi coraggio e domandando il perché vogliano imparare l´Italiano, scopro che per loro il nostro è ancora “ Il bel paese” , “La dolce vita” di Fellini, Mario Lanza che canta “Arrivederci Roma” davanti alla fontana di Trevi, mentre Gregory Peck con Audrey Hepburn continuano a gironzolare per le vie di Roma in Vespa.
Prendo la palla al balzo dunque e avvalendomi del fatto di sapere ciò che agli stranieri piace dell´Italia (ho venticinque anni d´esperienza in questo ambito) comincio a parlare, il ghiaccio ormai è rotto e non mi fermo più.

Suona la campanella ma nessuno si muove, così continuo a parlare per un altra mezz´ora, sono stanco ed eccitato allo stesso tempo, mi ronzano le orecchie e non riesco a capire neppure se è andata bene, dubbio che però poco dopo scompare, perché prima d´andar via vengono tutti a salutarmi con una calorosa stretta di mano.
Sono passati quattro mesi d'allora, abbiamo studiato la fonetica, e la grammatica, (che sono stato obbligato a rivedere), ma soprattutto ho tentato trasmettere loro, condendola con un po’ di “Saudade”, la bellezza dell'Italianità, quella a cui purtroppo molti Italiani non credono più.

 Abbiamo letto e commentato letture e poesie di autori Italiani, studiato Storia e Geografia e cantato “Tu scendi dalle stelle”, quando con tristezza sentivo dire che in Italia in alcune scuole per “rispetto per chi rispetto no ha”, non lo avrebbero cantato.

Venerdí scorso ho portato loro un vassoio di “Cuddrureddri” che il giorno prima insieme a mia moglie e ai miei figli avevamo confezionato e che hanno gradito moltissimo.
Hanno detto che d'ora in poi, ogni qualvolta sentiranno parlare della Sicilia, la prima cosa che verrà loro alla mente sarà il profumo delle spezie e della scorza d´arancia, di certi deliziosi dolci natalizi (dal nome per loro impronunciabile) ripieni di fichi e mandorle.



Gli allievi traducono la poesia originariamente in siciliano Matri

Diverse traduzioni della poesia recitata

Le immagini sono ferma immagine del video postato su you tube

sabato 26 dicembre 2015

NOTA DI FRANCESCO LEONE SULLA RECENSIONE DEL SUO LIBRO "LA DIVINA UMANITÀ DI L'ARTI"

"LA DIVINA UMANITÀ" DI LEONE SECONDO SCALABRINO. Recensione augurale


Con piacere pubblico la nota di Francesco Leone, di Castellammare del Golfo, a proposito della recensione di Marco Scalabrino del libro La divina umanità di l'arti, pubblicata sul blog "archivio e pensamenti" il 20 dicembre 2015.
 Non si tratta soltanto di ringranziamenti, ma si ribadiscono le ragioni e motivazioni di un poeta dialettale che scrive in una lingua, la "propria", che non appartiene soltanto al passato.    P. C.

"Che luce" di Toto Cacciato


"Desidero ringraziare Marco Scalabrino per l’attenta e affettuosa nota redatta su questa mia seconda  silloge, nonché Piero Carbone per avere, generosamente, ospitato la stessa sul suo apprezzato blog letterario.

 Non è mio intendimento, in questa sede, aggiungere altro a quanto già detto; mi preme unicamente metterne in risalto, giacché da me condivisi, un paio di aspetti: la “concezione seria della poesia”, la consapevolezza che il nostro dialetto è “patrimonio linguistico dalle antiche e nobili radici” tuttora vivo e vegeto, e formulare un auspicio: quello che, sulla scia della nostra testimonianza, la mia e quella di quanti altri praticano toto corde il dialetto, si possa riuscire a trasferire alle nuove generazioni il testimone de La divina umanità di l’Arti." 
                                                                                                          Francesco Leone.



Castellammare del Golfo, 31 agosto 2015, 
Raduno di cortei storici