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sabato 30 novembre 2019

ANCHE LA SICILINCONIA SOTTO SALE NELLE SCULTURE DI DAMIANO SABATINO. Miniera di Petralia Soprana in contrada Raffo






LA MINIERA DI SALE DI PETRALIA SOPRANA
Di Roberta Zaccarini Fazio
Uno strano sentimento  pervade il visitatore in questo antro della terra.
Siamo sopra il sale, sotto il sale, dentro il sale che qui si è originato sei milioni di anni fa. Nella penombra il bianco è il colore  prevalente. Siamo dentro ad uno tra i più grandi giacimenti di sale d’Europa.
“Coltivare una miniera è come costruire un gran palazzo, qui siamo al primo di 11 piani scavati dentro al sale. Ogni piano ha 20 metri di spessore e pilastri  di 15 metri che sorreggono le gallerie intorno a noi,  che si estendono per 40 km e fino ad una profondità di 380 metri “. Ci racconta il giovane dell’Associazione Sotto Sale che il sabato permette di visitare la Miniera di Sale di Petralia Sottana che ancora oggi è un sito produttivo.
Il processo di estrazione del sale è molto affascinante infatti tutto  avviene in modo meccanizzato. Dal minatore continuo, l’enorme macchina che sbriciola il sale dalle pareti, fino al confezionamento tutto si svolge sotto terra e in maniera automatizzata. Qui 3.000 tonnellate al giorno lasciano le pareti per trasformarsi nel sale che useremo per molteplici attività.
Il primo uomo che tocca il sale, dopo seimila anni, è il consumatore. Tra le sue mani questo prezioso elemento vedrà di nuovo il sole!
Dopo aver ascoltato i racconti del sito produttivo visitiamo le gallerie e  scopriamo un mondo fantastico che ha dato vita al  Museo di Arte Contemporanea SottoSale.
Tanti artisti vengono qui per la biennale e con il sale creano le loro opere.  Fanno uscire fuori da questi enormi cristalli di sale Opere Artistiche di una bellezza struggente. L’occhio sulla parete mi guarda ed è cosi reale che stento a credere che sia fatto solo di sale. E  Tutto intorno nelle gallerie opere di artisti noti e meno noti  fanno entrare il visitatore in contatto con il sale. Una mano che stringe un grappolo d’uva, una Sicilia dal nome eloquente “Sicilinconia”. Un grande blocco con al centro un incavo che rappresenta il ventre materno, messo davanti ad una fessura della parete creata da un’infiltrazione d’acqua, rappresentano il Ventre materno e  il Ventre della terra.
Le suggestioni avvolgono l’osservatore che affascinato contempla tanta bellezza. E lo sguardo viene attratto anche dalle antiche macchine che un tempo lavoravano il sale e oggi sono tutte coperte dalla ruggine e creano un percorso di archeologia industriale tra le opere e le istallazioni di arte contemporanea.
Avviandoci all’uscita un vento forte ci prende come se la grotta che ci ha accolto ora ci spinga fuori per tornare alla luce del sole che comunque li sotto non ci è mancata. Eravamo come in un bozzolo senza ne caldo ne freddo avvolti da una surreale atmosfera. Un’esperienza molto interessante che ci ha fatto conoscere come una realtà mineraria molto attiva possa essere allo stesso tempo un luogo fruibile per l’arte e la comunità.
MACSS – Museo di Arte contemporanea SottoSale – Petralia Soprana
Visitabile su prenotazione il Sabato
per maggiori info: www.sottosale.eu
Foto di Vincenzo Fazio e Roberta Zaccarini Fazio




scheen shot: www.sottosale.eu


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Testimonianza di Damiano Sabatino e poesie declamate da Agostino Messineo Alfiere


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Mia riflessione e proposta 
Anche a Racalmuto le miniere di sale si potrebbero valorizzare artisticamente. Occorrerebbe la volontà e la sinergia dell'amministrazione comunale e dell'Italkali. Sicilinconie a parte.

giovedì 16 agosto 2018

GIANA GUAIANA CANTA "COMU FANNU A RACALÒ" ALLE FABBRICHE CHIARAMONTANE DI AGRIGENTO

La canzone "Comu fannu a Racalò" è stata cantata la prima volta da Giana Guaiana alle Fabbriche Chiaramontane di Agrigento, sabato 26 giugno 2010, in occasione della presentazione del libro di poesie "Venti di sicilinconia", Medinova, Premio Martoglio 2009,

inserita nella manifestazione POESIA E ACCOGLIENZA patrocinata dall'Assessorato Provinciale alla Cultura.




Link per ascoltare la canzone su you tube:

https://youtu.be/9Dzhc1z_1cA



COMU FANNU A RACALÒ
Titolo alternativo: 
A tia e a mia

Testo e musica ©Piero Carbone I Sapiti comu fannu a Racalò? Scrìvinu li nomi ntre un rregistru di li politici all’elezzioni. D’ognunu fannu un bellu tabbutu e lu sàrbanu sutta un catarratu. Rit. : Fannu accussì a Racalò. Dicinu no no no no. II Ogni tantu nni piglianu quarcunu e lu portanu tutti n prucissioni: la banna, li tammùra, la simenza. Arrivati a Pizzu donn’Elia l’arrizzolanu sutta ppi la via. Rit. III Santa e arrisanta, s’arrizzola, si spascia in milli piezzi e menu mali ca la cascia è vacanti e nuddru vola. Contra li trunchi, li rocchi e purrazzi vannu a sbattiri tavuli e lapazzi. Rit. IV Di lu rregistru scancèllanu nomu, a carricatura battinu mani. Ah, chi santu, prigatu nginucchiuni! Mentri lu parrinu lu binidici, cu sputa all’ariu, cu jetta li vuci. Rit. V La curpa? Prestu prestu vi lu dicu. Duoppu vutati, canciaru partitu. Furbi, galantuomini o facciuoli? Stu cancia e scancia unn’è democrazia, è na pigliata… n giru. A ttia e a mmia. Rit. Recitato: Fannu accussì a Racalò! * Traduzione I Sapete come fanno a Racalò? Scrivono il nome su un registro dei politici a tempo di elezioni. Di ognuno fanno una bella cassa da morto e la conservano sotto una botola. Ritornello: Fanno così a Racalò. Dicono no no no no II Ogni tanto ne prendono qualcuna e la portano tutti in processione: la banda, i tamburi, i semi salati. Arrivati a Pizzo Don Elia lo fanno ruzzolare là sotto lungo la via. Rit. III Salta e rimbalza mentre precipita si sfascia in mille pezzi e meno male che la cassa è vuota e nessuno vola via. Conro i tronchi, le pietre e gli asfodeli vanno a sbattere tavole e tavolame. Rit. IV Dal registro cancellano il nome, a sfottò battono le mani. Altro che santo invocato in gionocchio! Mentre il prete benedice, chi sputa in aria, chi emette grida. Rit. La colpa? Presto ve lo dico. Dopo essere stati votati, hanno cambiato partito. Furbi, galantuomini o opportunisti? Questo cambia e scambia non è democrazia, è una presa... in giro. A te e a me. Recitato: Fanno così a Racalò! ***
Testo e musica depositati * Video amatoriale di Laura Carbone




Locandina della manifestazione del 26 giugno 2010



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giovedì 18 maggio 2017

ANCHE "VENTI DI SICILINCONIA" A TORINO, ALLA FIERA DEL LIBRO. Con Medinova Edizioni di Antonio Lotta

Anche il mio Venti di Sicilinconia alla Fiera del libro di Torino
(stand 118)
 con Medinova Edizioni di Antonio Liotta. 
In compagnia con tanti altri amici di scrittura. 
Grazie




Nota dell'Editore su Facebook:

MEDINOVA A TORINO
FIERA DEL LIBRO 2017
Giovedì 18 maggio, già prima ancora di aprire i cancelli code lunghissime, visitatori che entrano come un fiume in piena. Torino è e resta la capitale del libro.
Terzo anno per MEDINOVA.
Il bilancio va fatto alla fine, ma le premesse sono buone. 
Lo stand N118, ieri vuoto, oggi si presenta come dalle foto allegate... 
Avrei voluto avere tutti gli Autori qui, ma non è possibile metterli insieme tutti e 51 anche se, di fatto, ci siete tutti con i vostri libri.
Grazie a chi può garantire la presenza.
                                                                                  Antonio Liotta













Come ordinare


Nella speciale occasione della presenza alla Fiera del libro di Torino, un pensiero di gratitudine va agli amici ed estimatori che la pubblicazione del libro hanno reso possibile impreziosendolo con il loro contributo.












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Foto dell'esposizione alla Fiera del libro
 ©Antonio Liotta




sabato 21 gennaio 2017

I PRESIDENTI D'AMERICA VISTI POETICAMENTE. Quando Obama subentrò a Bush



Da oggi Barack Obama non è più il Presidente degli Stati Uniti d'America; nel 2009, quando subentrò a George W. Bush, anche per il colore della sua pelle strabiliò il mondo e suscitò entusiasmi e speranze, si credette anticipatamente nel suo contributo per un mondo migliore, più riappacificato, più giusto, etc. 

Come sempre, e come è giusto che sia, per distaccarsi dal presente e non incorrere in faziosità, anche in questo caso si demanda al corso lungo della Storia ogni giudizio e parametro. 

Intanto, la cronaca corre e alla veloce domanda di un giornalista su "cosa lascia in eredità Obama", un notista politico sinteticamente ha risposto: "Trump".

C'è da augurarsi che sia una buona eredità, nonostante ribolliscano interpretazioni contrastanti. 
In tutto questo che può fare la poesia? Nulla. Tranne una cosa: accompagnarci nella speranza. 
Ora come allora. P. C.








sabato 17 dicembre 2016

L'INCONTRO A CASTELBUONO. Angelo Ciolino legge e "intellĕgit" poesia


Sabato scorso10 dicembre, a Castelbuono, c'è stata una amabile, puntuale conversazione sulla mia produzione dialettale con Mimma Conoscenti e Mariangela Pupillo, preceduta da una introduzione analitica e prolettica al tempo stesso di Angelo Ciolino.

Ripropongo il testo scritto di Angelo che ringrazio per lo scandaglio critico; il giudizio finale rimanda all'impegno e quindi alla responsabilità di chi scrive, anche in versi, anche in dialetto. P. C.



Alla mia destra: Mimma Conoscenti. Alla mia sinistra:
Mariangela Pupillo, Angelo Ciolino, Gianclelia cucco


VENTI DI SICILINCONIA ED ALTRI VERSI 
DI 
ANGELO CIOLINO

Presentare un poeta, non avendo scritto mai un verso, o parlare di sinfonie, non sapendo appoggiare con competenza le mani o la bocca su uno strumento musicale, potrebbe apparire velleitario e forse lo è. 
Ma la vera arte non è quella che si rivolge allo stretto pubblico di adepti o di esperti, bensì quella che affascina l’uomo comune, perché coglie e sollecita le corde più profonde dell’animo umano. Se poi quest’arte affonda le sue radici nella cultura ed identità popolare e in una coscienza civica sempre attenta ai temi sociali e politici ed alle problematiche che attengono alla giustizia ed alla libertà su un piano universale, non si può fare a meno di stimarla ed apprezzarla, come non si può fare a meno di farsi trascinare dal ritmo e dall’armonia di certi brani musicali.


A Nova Orquestra

Piero Carbone è tra quelle persone che hai incontrato solo occasionalmente e pure lo senti vicino e congeniale come se a lui ti legasse una consuetudine di esperienze e di percorsi intellettuali. Sin dal primo momento in cui si è profilata l’opportunità di una sua presentazione a Castelbuono mi è sembrato doveroso intervenire, come per un amico di cui si ammira l’operare e si apprezza il pensiero, con cui si pensa di essere sulla stessa strada pur non avendo quasi mai avuto occasione di scambiarsi opinioni e sentimenti.

Questa inconscia simpatia o stima ex intuito, posso pienamente confermarli oggi dopo avere letto le sue opere ed aver apprezzato  i suoi interventi in alcuni video sulla rete. Carbone è autore nel quale mi rispecchio con piacere; è poeta che ha saputo tradurre in versi tanti di quei sentimenti e riflessioni che appartengono alla mia stessa sensibilità, coscienza e cultura; è  intellettuale che ha saputo coniugare principi filosofici ed esperienze storiche con la musicalità del verso; è cantore della nostra terra nel rispetto di quelle radici “terragne” che solo chi ha nel sangue la cultura contadina sente pulsare nelle proprie vene.



Piero Carbone viene a Castelbuono da Racalmuto quasi a rinsaldare il legame tra il paese di Sciascia e quello di Antonio Castelli, a rilanciare l’impegno della letteratura nei valori civili e nella salvaguardia di una “sicilitudine” che è consapevolezza di una identità da tutelare, senza per nulla perdere quella libertà dello spirito “marino” che è proprio di tutti gli isolani, anche quelli dell’interno. 



Il nostro essere siciliani è aver consapevolezza di essere crogiolo di civiltà e popoli, continuo alternarsi e sovrapporsi di culture e linguaggi, apertura ed accoglienza: dai coloni greci che ci hanno portato la filosofia e la democrazia, ai romani e cartaginesi che ci hanno imposto la loro potenza e l’arte della guerra, dai bizantini ed arabi che hanno segnato la nostra architettura e la nostra scienza, ai dominatori di mezza Europa, fino, oggi, ai migranti che si accalcano sulle nostre coste.



Sempre per far risaltare il nostro legame vorrei ricordare che la lettura di tante poesie di Piero Carbone mi ha ricondotto a versi del nostro poeta Giuseppe Mazzola Barreca, così come l’attenzione per l’ambiente, la flora, le condizioni socio economiche mi ha ricondotto a tanti studi del padre della nostra scuola naturalistica, Francesco Minà Palumbo. 

E per validare queste osservazioni ricordo l’ultima pubblicazione presentata in questa sala dal nostro poeta Mazzola: “a ‘zubbagliata di lu picurari”, un poemetto sulla presenza e l’arte dei nostri pastori castelbuonesi sulle Madonie, miticamente figli del Dafni che risolve con la poesia le loro angosce. 



Ad essa mi ha riportato  la “ storia pi cantastorii – A lu raffu e saracinu” di Carbone (1998): qui protagonisti sono carrettieri e lavandaie, ma ancor più sono le fontane, l’incanto della campagna e il fuoco dei sentimenti. 
Russu è lu sangu comu russu è lu vinu  
oh, chi successi a lu Raffu e Saracinu  
… Sanguigni e russi su li paisani 

…Chianciti, schetti di San Giulianu 
ca l’acqua di lu Raffu ‘unn’è cchiu vinu 

… di sangu ora sunu allurdiati 

… Nivuretta nun fu di nessun omu 
sulu la morti l’appi di gran dunu. 

Una piccola tragedia rusticana che offre al poeta l’occasione per una pittura eccezionale di un ambiente naturale animato da personaggi umili e straordinari per la loro vitalità, laboriosità, umiltà, ma anche sagacia ed ironia. Ancora due versi a conferma: 


Un arburlu cummoglia li cannola
pariemmu ntre  na grutta pi friscura 
tutti l’anciéddi di l’autri cuntrati 
lu iuornu tutti cca stanni aggiuccati.

Ma passiamo dalla dimensione sociologico - politica della sicilitudine a quella poetica di sicilinconia un concetto elaborato da Piero Carbone su istanze di razionalità speculativa, ma anche come categoria poetica della sua liricità: solo un poeta che “giuoca” con le parole può usare lo stesso neologismo con due significati completamente diversi: sicilinconìa, che certamente richiama uno stato sentimentale, e sicilincònia con l’accento puntato sul fondamento, l’incudine dell’identità siciliana. 

A partire dal nostro essere continuamente trascinati, sbattuti, sferzati dal vento, anzi al nostro “essere vento” e quindi 
Essiri. Unn’essiri … 
Vientu, siemu vientu.  

Perché i sicilincunii sono: 
pinzera. 
pampini 
di vigna nvirdicata 
pampini 
di arvuli caduti. 

In questa duplicità c’è tutta la forza del “Pensiero” di Carbone che vive drammaticamente la condizione di sofferenza propria della nostra terra, ma è convinto che come fa il fabbro sull’incudine spetta a ciascuno di noi forgiare il nostro destino

ccu lu martieddru lu fierru ancora callu 
e lu fa addivintari nzoccu voli.

L’arte del nostro amico Piero ha sempre questa bivalenza: è pensiero che penetra e scaturisce nel sentimento; è sentimento di pensieri profondi e di analisi storiche, filosofiche, sociologiche e politiche. 

I temi della poesia partono sì dalla condizione esistenziale ma spaziano dai drammi della società contemporanea, (ingiustizia, guerre, migrazioni, mafie, corruzioni) alla precarietà della vita umana, all’enigma della morte. 

Il tutto mediante squarci di vita e di natura ma anche di emozioni, memorie e nostalgie. Bella quindi la sintesi di Miguel de Unamuno “ piensa el sentimiento, siente il pensamento”  per racchiudere insieme la cultura profonda e filosofica con la semplicità e direi la popolarità dell’espressione poetica. 
Ora sugnu 
comu ntre  diciemmiru la nuci:
si lu vientu tanticchia l’arrimina 
si scoddra di la rama 
e si mpussuna. 

In questo ultimo termine c’è una forza eccezionale, non è solo l’ungarettiana caduta delle foglie, ne la fatidica caduta della pera nella leopardiana “La ginestra”.

Ecco perché con le sue stesse parole non posso che incoraggiare Piero ad andare avanti: 


Forza, pueta, nun t’arritirari, 
dicila la parola ca ci voli,
judici un sì e ti tocca giudicari
 … Cunnanna a tutti, pueta della terra, 
cunnanna a tutti, pueta di l’uomini, 
l’uocchji un t’attuppari. 

Abbiamo tanto bisogno di questa poesia “libera” di chi non vuole scambiare “putiri pi putia” e vuole affermare che 
la virità è di tutti ed è di nuddu,
la virità e di cu la voli vidiri  

Anche perché la sua aspirazione è coraggiosa: 


pirciari vulissi li carni a li mpami, 
… grapiri li vini … diri pani pani, 
aliari n terra e cuntari li stiddi”.

Le poesie ambiscono ad andare oltre i limiti geografici di provenienza, dice Carbone, ma certo non trascurandoli o volgendo lo sguardo dall’altra parte: Bieddru castieddru miu ca ti scurdaru / … ca ncapu a stari / comu n’aquila cu l’uocchji grifagni…” .
I veri limiti della poesia ed anche i loro orizzonti sono quelli dell’animo umano con i profondi interrogativi: C’è la luna,/ la taliu/ e vuogliu diri:/ pirchì la morti”; con la capacità di indignarsi e la forza per combattere senza “ammutiri”, perché poeta della terra “chi sgramigni la facci a li patruna”  nei cui versi “la parola s’ava esseri di petri /ava esseri taglienti”.

Per concludere con l’impegno etico politico: la critica alla burocrazia del potere “ma ziu muriu aspittannu (la pensione), lo sguardo sulle miserie dei migranti che duoppu un annu di strania / si sunnava  lu paisi… e al tempo stesso la paura di essi “vinniru di ddravia li saracini”; l’indignazione per guerra  di“Carni di figliu” e la corsa agli armamenti “a Comisu scacciari li buttuna”  e l’interrogativo dinanzi alle stragi di mafia: ma quannu é ura di diri /“basta! basta!”, cosi    come “Era ura! che anche la chiesa si svegliasse dal sonno e dalla connivenza e dicesse “mafia è piccatu, piccatu sociali” e lo testimoniasse anche con i suoi martiri.


giovedì 8 dicembre 2016

VENTI DI SICILINCONIA A CASTELBUONO. Invito


Invito gli amici di Castelbuono e dintorni
 all'evento voluto e organizzato generosamente dagli amici, 
dalla Biblioteca e dall'Amministrazione di Castelbuono 
che ringrazio per la poetica occasione.





domenica 23 agosto 2015

GRAZIE A GIANA GUAIANA CHE STASERA A SCIACCA RIPROPONE "LU MARI SI L'AGLIUTTI"


Dal Comunicato Stampa:

“L'incontro sarà intervallato da brani musicali eseguiti da Giana Guaiana, cantautrice e interprete di canti tradizionali del mediterraneo, che proporrà un repertorio di musiche medio orientali.”

Onorato per avere voluto includere nel repertorio anche una mia canzone. " (P. C.)

La canzone




“La Sicilia tra migranti, rifugiati e terrorismo jihadista: 
Le strategie messe in campo dai sindaci di frontiera”. 

Sciacca - atrio superiore Palazzo Municipale dei Gesuiti
domenica 23 agosto – ore 20.30“

Sono anni che l’Italia vive sulla propria pelle il dramma dei migranti che, anche per l'acuirsi della drammatica crisi mediorientale, giungono nel nostro Paese per poi provare a raggiungere l'Europa. Un fenomeno assai complesso sia dal punto di vista umanitario che per i suoi risvolti legati alla sicurezza, all’impatto socio-economico, culturale e politico della Nazione. 
Un fenomeno che in questi ultimi due anni ha subito un aumento vertiginoso sul fronte degli sbarchi in una rotta che continua ad essere sempre più pericolosa per la vita di coloro che, alla ricerca di un futuro migliore, rischiano la morte (solo quest'anno più di 2.000 morti secondo l'ultima stima dell'Organizzazione Internazionale dei Rifugiati).

L'Italia, in attesa di misure straordinarie in arrivo da Bruxelles, continua ad affrontare con impegno e determinazione le operazioni di salvataggio, ospitalità, richieste di asilo e gestione della sicurezza, anche se resta la Sicilia la regione che sopporta il peso maggiore dell'accoglienza. Ed è proprio la Sicilia la regione in prima linea che porta, quotidianamente, il peso di una emergenza che viene scaricato totalmente sulle comunità locali, sindaci in testa, costretti a tappare i buchi del fallimento delle istituzioni europee.

Ed è sempre la Sicilia a sentirsi minacciata da una migrazione clandestina che può nascondere cellule terroristiche dormienti dello stato islamico di Al Baghdadi. 
Città e paesi in prima linea per quello che viene considerato lo jihadista della porta accanto, in questa nuova forma di totalitarismo della globalizzazione.

L'incontro sarà intervallato da brani musicali eseguiti da Giana Guaiana, cantautrice e interprete di canti tradizionali del mediterraneo, che proporrà un repertorio di musiche medio orientali.


Introduce: Salvatore Monte – Ass. Cultura comune di Sciacca

Relatori:
Fabrizio di Paola - sindaco di Sciacca    

Vito Damiano - sindaco di Trapani

Beniamino Biondi – Ass. Centro Storico - Comune di Agrigento

Salvatore Vella - Magistrato

Cap. di Corvetta: Daniele Governale – com. in seconda Capitaneria di Porto “Porto Empedocle”

Ten. Col.: Orazio Ferla – Rep. Op. aeronavale Sicilia  Guardia di Finanza

Franco Iacch - analista militare

Fra Giuseppe Maggiore - Responsabile della “Tenda di Padre Abramo” Frati Minori di Sicilia.

Mariangela Croce - dirigente scolastica

Tanino Bonifacio - storico dell'arte


Modera:
Salvatore Lordi - giornalista RDS


Alle Fabbriche Chiaramontane (Agrigento)  26 giugno 2010

Lu mari si l'agliutti


Testo e musica ©Piero Carbone
Esecuzione e arrangiamento musicale ©Giana Guaiana
Tutti i diritti riservati
Prima esecuzione alle Fabbriche Chiaramontane  (Agrigento), sabato 26 giungo 2010
Il testo originario della canzone è pubblicato in Piero Carbone, Venti di sicilinconia, Medinova, Favara 2009




TESTO DELLA CANZONE

Lu mari si l’agliutti


Coro: Tummina tummina sunnu li guai,
lu pani è picca e li figli su assai. (3 volte)

I
Mamma, li turchi
sunnu  a la marina,
cantava anticamenti
la canzuna.
                                                                     

            II
Scinnìvanu ccu armi
e scimitarri.
Sbarcavanu arraggiati
comu cani.

Coro:
Tummina tummina sunnu li guai,
lu pani è picca e li figli su assai.

                  III
Arrivanu di notti
a l’ammucciuni,
ammunziddrati
ncapu li varcuna.




            IV
Parinu lapi, lapi
appizzati
nta na vrisca di feli
ncatinati.

Coro:

Tummina tummina sunnu li guai,
lu pani è picca e li figli su assai.


                  V
L’acqua l’annaculìa.
Màncianu luna.
Chjinu lu cori ma
 muorti di fami.


                  VI
A Puortu Palu cc’è cu và,
o a Pachinu,
a Lampedusa, o puru
cchjù luntanu.

Coro:

Tummina tummina sunnu li guai,
lu pani è picca e li figli su assai.


                  VII
Tonalità più alta: 2 volte

Nuddru li vidi,
nuddru li scummatti,
lu mari in silenziu
si l’aggliutti.

Coro:
Ummira ummira sunnu li genti
campanu muorinu eccu! ppi nenti. (3 volte)

 (in crescendo, quasi gridato):

Ummira ummira sunnu li genti
campanu muorinu eccu! ppi nenti. (3 volte)




TRADUZIONE

CORO
Tumoli tumoli sono i guai, / il pane è scarso e i figli son molti.

Ombra, ombra sono le genti:
campano, muoiono, ecco, per niente.

STROFE
Mamma, li turchi / son giunti alla marina, / cantava anticamente / la canzone. / Scendevano con armi / e scimitarre. / Sbarcavano arrabbiati / come cani. / Ora arrivano di notte / di nascosto, / ammassati / sopra i barconi. / Sembrano api, api / attaccate / a un favo di miele / incatenate. / L’acqua li dondola. / Mangiano luna. / Pieno il cuore / ma morti di fame. / A Porto Palo c’è chi va, / chi va a Pachino, / a Lampedusa, oppure / più lontano. / Nessuno li vede, / nessuno li cerca, / perché in silenzio / il mare se li inghiotte.



Locandina dell''evento alle Fabbriche Chiaramontane
sabato 26 giugno 2010
"Poesia e accoglienza, in Sicilia?"