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mercoledì 7 maggio 2025

FONTANA E LAVATOIO DEL RAFFO NELLA VALLE DEI CINQUE MULINI. Scrusciu di ...


Intorno alla sorgente del Raffo è germinata un'epopea 
e si è propagata nella Valle dei Cinque Mulini 
incastonata in un paesaggio foriero di sentieri.... 
Da riscoprire? Chissà!


Depuis si longtemps qu’ils voyaient la porte du
moulin fermée, les murs et la plate-forme envahis
par les herbes, ils avaient fini par croire que la
race des meuniers était éteinte...

Alphone DAUDET, Lettre de mon moulin

Dopo che da tanto tempo videro che la porta del mulino era serrata, i muri e la piattaforma infestati dall'erba, avevano finito col credere che la razza dei mugnai si era estinta.


 

giovedì 4 febbraio 2021

Hamilton Sicilian Folklore Group: SCINNITI, SCHETTI DI SAN GIULIANU (tes...


Dal video pubblicato da Sam Cino sullo spettacolo musicale di balli e canti siciliani, eseguiti il 21 novembre 1992 per l'ottantesimo compleanno di suo papà, Angelo Cino (Castiddruzzaru), benemerito rappresentante della comunità racalmutese di Hamilton. Il testo "Scinniti, schetti di San Giulianu", cantato sulla melodia di "Mi votu e mi rivotu", si trova nel libro "A lu Raffu e Saracinu" (1988) dedicato alle sorgenti e fontane di Racalmuto nonché agli antichi mestieri dei carrettieri e delle lavandaie. TESTO Scinniti, schetti di San Giulianu, ca l'acqua di lu Raffu è mezza vinu. Ddru Patri Eternu meglia acqua un fici di chiara di lu Raffu e Saracinu. Di ss'acqua nun ci nn'è all'antri banni né a Curmiteddra né a Fontana Granni. Chiss'acqua è sangue, scanni noi li vini: l'uomini s'arrifriscanunli rini. Fimmini calanu di tutti li cuntrati cu robbi lord e l'acchiananu lavati.





Piacevoli riscontri su Facebook e You tube
screen shot








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martedì 30 giugno 2020

FONTANE E MULINI DI SICILIA PER UNA FESTA DELL'ACQUA E DEL PANE. A proposito della Fontana e del Lavatoio del Raffo nella Valle dei cinque mulini

Grazie per le 13.000 visualizzazioni. 

Il video della Fontana e Lavatoio del Raffo nella valle dei cinque mulini di Racalmuto, postato su Facebook la domenica sera del 14 giugno 2020, nei primi otto giorni, ha toccato e superato le 10.000 visualizzazioni, oltre cento condivisioni, like di cuore e commenti espressi tra curiosità ed ammirazione. 
E dopo 15 giorni  le visualizzazioni e gli apprezzamenti hanno sforato quota 13.000.

Cos'è che attira di questa Sicilia inedita e interna?

Viene da ribadire l'auspicio per l'anno prossimo: proporre il sito del Raffo tra i candidabili Luoghi del Cuore del FAI 2021.

Con un sogno: creare un percorso siciliano dei mulini e riattivarli sincronicamente almeno un giorno all'anno in una sorta di Festa dell'Acqua e del Pane. 
Sarebbe anche una produttiva realtà. Non è politica anche questa? P. C.



domenica 21 giugno 2020

DAL RAFFO SGORGANO LIKE E VISUALIZZAZIONI! Da candidare tra i Luoghi del Cuore FAI 2021?






Con soddisfazione e felicità registro che il video della Fontana e Lavatoio del Raffo nella valle dei cinque mulini di appena 59 secondi, postato su fb nella serata della scorsa domenica 14 giugno, agli otto giorni esatti, con crescendo rossiniano o meglio "scrosciante", ha toccato e superato le 10.000 visualizzazioni, oltre cento condivisioni, tanti like di cuore e commenti sgorgati e sgorganti tra curiosità ed ammirazione. 

Viene da lanciare un auspicio per l'anno prossimo proponendo il sito del Raffo tra i candidabili Luoghi del cuore del FAI 2021.

"Scinniti, schetti di San Giulianu, - cantavano carrettieri e lavandaie non appena svoltavano l'angolo della chiesa di San Giuliano e discendendo verso la Fontana e i mulini del Raffo e della contigua fonte araba del Saraceno, - ca l'acqua di lu Raffu è mezza vinu...". 

Così sentivo cantare quando ero ragazzo e bazzicavo da queste parti.

"Discendete, nubili di San Giuliano, / ché l'acqua del Raffo è mezza vino...". 


Era una festa andare al Raffo, faticosamente per lavoro, è vero, ma anche perché sprizzava tanta gioia di vivere, a causa o in conseguenza dell'acqua freschissima che, evangelicamente, si tramutava in vino! O in una cascata di rubini? 
Piero Carbone, 21 giugno 2021 alle ore 23.29




442 visualizzazioni ore 23.59


giovedì 18 giugno 2020

FONTANA E LAVATOIO DEL RAFFO NELLA VALLE DEI CINQUE MULINI. Scrusciu di ...



Racalmuto, domenica 14 giugno 2020
Mio video amatoriale (postato su fb, in pochi giorni ha già avuto oltre 8000 visualizzazioni, cento condivisioni, like ed entusiastici commenti: quasi quasi da candidare per il prossimo anno tra i Luoghi del cuore del FAI).
Teatro naturale, nel 1987 e nel 1988, in tandem con la Fontana e il lavatoio "Novi Cannola", di una rievocazione di antichi costumi e mestieri legati al mondo dei carrettieri e delle lavandaie.







mercoledì 5 febbraio 2020

CARRETTIERI E LAVANDAIE. Rievocazione etnografica (1987) a cura di Piero...





CULTURA E NON PASSERELLE

...carrettieri veri e lavandaie vere non possono ritornare ma possono tornare quelli finti rinnovando con diversi attori la rievocazione dei nostri avi, non sarebbe male farla rivivere ogni anno come una recita laica in occasione della Festa del Monte così come dopo il 1987 si ripetè nel 1988 e si potrebbe ripetere ancora. Costituirebbe arricchimento e ampliamento contigui ed "esterni" della stessa Festa.
Il copione, scritto da me, c’è ed è a disposizione. 

Le varie amministrazioni comunali si sono finora mostrate e continuano a mostrarsi distratte, disinteressate e insensibili... 

Nel passato l'ho anche proposto apertamente ma a nulla è valso. Il senso della tradizione, della storia, della memoria, dello stesso concetto di cultura, per alcuni si racchiude nella visibilità, transeunte, di una passerella.

Eppure, da quella rievocazione si è attivato un percorso che ha portato al restauro e alla valorizzazione della Fontana e del Raffo nella loro molteplice valenza.






"Cultura o civiltà è quel complesso insieme che comprende conoscenze, credenze, arti, morale, legge, costume, e ogni altra capacità ed abitudine acquisita dall'uomo come membro della società". 
E. B. Taylor, Primitive culture, vol. I, 1871, cit. in G. Duncan Mitchell, Dizionario di Sociologia, Roma 1975 (A Dictionary of Sociology, Routledge & Kegan Paul Ltd, London 1968)

sabato 16 gennaio 2016

LO CHAMPAGNE DI CLAUDE AMBROISE






Quando si "stappano" certi ricordi vengono su le bollicine

Subito dopo la morte di Sciascia venne a Racalmuto Claude Ambroise per commemorare l'autore di Candido alla Fondazione omonima. Al termine della relazione, mi complimentai e lo invitai a pranzo. Lui accettò congedandosi dagli organizzatori del convegno che forse tanto bene non presero quell’invito imprevisto.  Lo portai al Raffo, da mio zio Matteo. Venne anche Anne Cristhel Reknagel. 

Il verde e le acque del Raffo, a due passi dal Saraceno, si sa, sono incantevoli. 
L’ambiente in cui pranzammo era rustico. 
Mia zia tirò fuori qualche specialità. 
Claude era felice come un bambino in quella dimensione poco, anzi, per niente formale,  ammirava i frutti e la verdura appena raccolti, li odorava, quasi li palpava, addirittura si stava accingendo a prendere con le mani un ficodindia e forse a rigirarselo tra le mani per ammirarne la tavolozza dei colori ma lo fermammo in tempo intervenendo con coltello e forchetta. 
Il pranzo fu semplice, gustoso e “familiare”. 



Eppure, le premesse non avevano deposto bene. 
Alcuni mesi prima del convegno racalmutese, infatti, ero andato ad ascoltarlo ad Acireale, sempre per una commemorazione di Sciascia a pochi mesi dalla sua scomparsa. 
Al termine della conferenza il relatore invitò il pubblico ad intervenire. Io alzai la mano per chiedere la parola. 

E' noto che nei gialli di Sciascia ci sono morti ammazzati ed è naturale che sulla scena del delitto sopraggiungano magistrati e forze dell’ordine, ora siccome Ambroise aveva fatto riferimento anche a questo, io semplicemente e, a pensarci bene, forse semplicisticamente, dissi: - Con tutti questi morti ammazzati, poliziotti e carabinieri mi sono sentito in questura o in caserma.


Esternato il mio pensiero critico, mi sedetti, subito l’amico che era accanto a me e con il quale avevo fatto tanti chilometri per andare ad ascoltare il professore di Grenoble, mi tirò una forte gomitata sibilandomi nell’orecchio “con quello che hai detto hai chiuso con lui”, ma, accostando di nuovo le labbra all’orecchio, integrò  “o ti sei fatto un amico”. Ebbi un brivido di pentimento, ma ero fiero e soddisfatto della mia franchezza.



Al termine della manifestazione, in mezzo alla naturale calca, il professore Ambroise alzava gli occhi come se cercasse qualcuno tra la folla, ad un tratto alzò il braccio e con la mano fece cenno di richiamo a qualcuno, io ero terrorizzato perché guardava nella mia direzione, ma lui tolse di mezzo ogni incertezza, - venga, venga, - disse.  
Mi feci coraggio e andai. 
Diventammo amici. 
E mi diede appuntamento alla Fondazione di Racalmuto per il prossimo incontro. Incontro sfociato nell’invito a pranzo.
Dopo il pranzo, dunque, lo riaccompagnai in Fondazione per il prosieguo dei lavori.


A distanza di una settimana circa, mio zio mi fa sapere che era arrivato un pacchetto da Grenoble da parte del prof. Ambroise e che avrebbe voluto aprirlo in mia presenza. Io pensai subito si trattasse di libri. Invece, quando lo aprimmo, ci trovammo sotto gli occhi tanti tappi di champagne, erano di cioccolata, ripieni di champagne vero. Abbiamo brindato.







testo e foto ©piero carbone

mercoledì 30 dicembre 2015

LE NEVIERE DI RACALMUTO. IERI. OGGI. E DOMANI? Conversazione con Calogero Taverna


Ieri





Oggi






"L'altra neviera" di Calogero Taverna

Quella del Raffo o di San Mattè era la neviera che conoscevo e alla quale si riferisce il documento riportato nell'apposito post, ma Calogero Taverna, nel corso di una conversazione, con la solita verve e il solito impegno "civico" che mira a valorizzare la nostra storia e il nostro territorio, ci fa sapere di una seconda neviera. 
Entrambe le neviere sono private ma una lungimirante politica si periterebbe di valorizzare il patrimonio collettivo e che va oltre le scansioni delle private particelle catastali, basti pensare ai cinque o sei mulini ad acqua disseminati nella vallata del Raffo: potrebbero far parte di un sentiero inedito e dalle notevoli potenzialità turistiche e quindi economico-produttive: a Roccapalumba lo fanno.



- Ne conosco una di nivera al lato nord del Castelluccio, sempre più cadente; un figureddra di la "Mmaculateddra' nella dismessa curva di "Caracuollu" tra breve al macero.
Questo Comune, con tanti bravi murifabbri pronti a far qualcosa come hanno dimostrato nel recupero del bordo dell'odiata fontana della Piazzetta , non ha neppure il destro di un semplice atto di pietà conservatrice. Che cavolo di amministratori abbiamo avuto, abbiamo ed avremo a Racalmuto. Tutti buoni a parlare, nessuno che si svegli per "fare". Insomma, si vuol dare ragione a Tommasi di Lampedusa!

- Grazie per l'apprezzamento. Ho trovato interessante il commento sulle neviere dove ne menzioni un'altra oltre quella del Raffo.

- Sì, sta, come ti ho detto, al Castelluccio, credo nelle terre abbandonate dell'avvocato Vinci. E' più complessa di quella del Raffo. Peccato che si stia tutta diroccando.
- Bisognerebbe fotografarla.

- A suo tempo con l'architetto Romano l'abbiamo strafotografata e messa in un depliant pubblicitario.

- Benissimo, almeno c'è la documentazione fotografica.

- Ma sarebbe bene che te la prendessi tu in cura. Io ho 82 anni e si cci sugnu oi nun cci sugnu dumani.

- Non dire così, sei più "giovane" di tanti che lo sono anagraficamente; proprio domani avrei intenzione di mettere a confronto le foto della neviera del Raffo nelle condizioni di ieri e di oggi, col tuo permesso vorrei inserire il commento che hai postato sul blog dove parli della seconda neviera.

- Ne sono lusingato.

- Grazie a te.


Link correlati:

Il mulino Fiaccati di Roccapalumba

Il recupero di San Mattè

Ph ©piero carbone

giovedì 2 luglio 2015

IL CASALE DI SAN PIETRO COME IL CASTELLO DI CALATUBO? Incontro con Rita Cedrini, presidente del FAI Palermo


Non solo parole. Dopo la tavola rotonda al Casale di San Pietro di sabato scorso 27 giugno proseguono gli incontri con Rita Cedrini, presidente del FAI Palermo, con la speranza che anche il Casale di San Pietro come il castello di Calatubbo sia eletto luogo del cuore. 



Le premesse ci sono tutte, visto il concorso, l'entusiasmo, il desiderio di tanti attivissimi castronovesi (che ho avuto il piacere di conoscere) e non solo, per ridare vita a questa importante stazione di sosta fin dall'epoca romana, una sorta di autogrill ante litteram, vero e proprio crocevia di viaggiatori di ogni parte della Sicilia che da Agrigento volevano raggiungere Palermo; una località che ricade nel territorio di Castronovo di Sicilia ma non per questo appartenente soltanto ai castronovesi. 

Tante vicende storiche legate al Casale di San Pietro rimandano  innanzitutto ai paesi della Comarca di Castronovo, una sorta di  capoluogo amministrativo di diversi paesi dei Monti Sicani, ma anche alla via francigena, alla diocesi di Agrigento, ai vescovadi di Patti, di Monreale, di Palermo, alla città di  Modica, ai Del Carretto di Racalmuto...


Per non dire della sua posizione strategica: si offre alla vista di tutti coloro che percorrono la scorrimento veloce Palermo-Agrigento così come il Castello di Calatubo posto su un'altura in territorio alcamese e che attira lo sguardo di quanti percorrono l'autostrada che collega Palermo a Trapani e Mazara del Vallo.  

Non è trascorso molto tempo da quando lo scorso inverno Nino Di Chiara mi ha manifestato il desiderio di riaccendere i fari sul Casale di San Pietro, è augurabile che il suggerimento di seguire le orme del Castello di Calatubo dia i suoi frutti.

In funzione di farli maturare, proficuo ovvero operativo è stato l'incontro di ieri assieme a Nino Di Chiara e a Filippo La Barbera con la professoressa Cedrini e Felice Calderone.




Sia il Casale un punto di arrivo, ma anche di partenza per altri percorsi.  

Interessante sarebbe ad esempio intraprenderne uno sui mulini in Sicilia  suggerito dal  libro donatoci dalla Cedrini, Mulini di Sicilia tra architettura e quotidianità

Come non pensare al virtuoso esempio del mulino "Fiaccati" di Roccapalumba sul fiume Torto? E come non pensare ai numerosi mulini ad acqua che stanno crollando e stanno per essere cancellati lungo la vallata del Raffo? 






Ma questo è un altro discorso e non è il caso di disperdersi in tanti rivoli.

Links correlati




Ph ©piero carbone



venerdì 19 settembre 2014

NUN CAPÌVA. Da "Pensamenti"






Nun capìva







Na ferla pi jucari a cavaddruzzu,
quann’era nicu, e jiva curriennu.
Era filìci cu ddra lèggia ferla:
vastuni unn’era ma ala di farfalla.

A cursa mi faciva l’acchjanata
di lu Raffu, cuntenti, e lu ndumani
ci scinniva ppi taliari l’uortu,
li mà zii e mà nanna a lu casuottu.

Era filìci siddru tastuliava
li pircoca, li ficu, li cirasi.
Era filìci, ma nun lu capiva:
era iu lu Raffu, e si nni jiva.
















Piero Carbone, Pensamenti, Coppola editore, Trapani 2008

mercoledì 7 agosto 2013

RENZO COLLURA E IL CASTELLUCCIO



Renzo Collura, Paesaggio nella notte di San Lorenzo, 1986

Mi  fa piacere che il quadro di Renzo Collura pubblicato il 9 maggio scorso nel post  "Galeotto fu il Castelluccio" e il 22 luglio scorso nel post "Shobba, Workshop e il Castelluccio" sia piaciuto e sia stato ripreso in rete sempre a proposito  del Castelluccio da un omonimo gruppo fb, ma non è stato citato l'artista che l'ha creato: si tratta di Renzo Collura, il quadro si intitola Paesaggio nella notte di San Lorenzo, del 1986, collezione privata.


Il Castelluccio è un motivo ricorrente nella pittura dell'artista grottese, in primo piano o sullo sfondo di altri soggetti: testimonia la sua presenza nell'immaginario di quanti hanno la ventura di ammirarlo come una visione familiare sul profilo delle colline che circondano Racalmuto come un anfiteatro. 


Un manufatto medievale che si transustanzia, laicamente o artisticamente operando, in visione onirica, in effige identificativa.


Visto il gradimento, colgo l'occasione per  pubblicare altre immagini (contenute in un cd rom), affidatemi dal figlio Athos, del bravo ma fin troppo dimenticato e poco valorizzato Renzo.


Anche le dimenticanze a volte fungono da pretesto, anzi, a pensarci bene sono una buona occasione, per ricordare ciò che amiamo, ciò che apprezziamo. 



Renzo Collura, Vecchio mulino alimentato dalle acque del Raffo, 1986


Renzo Collura, Regalpetra, 1987.





I quadri appartengono alla famiglia Collura.

lunedì 29 ottobre 2012

RITORNO A RACALMUTO




Pippo Bonanno davanti la casa della nonna materna




Mi apre la porta, apprende che sono di Racalmuto e parla festevolmente per due ore con cordiale e antica confidenza, anche se mi dà del lei.
Pippo Bonanno, pittore di origini racalmutesi (il nonno materno si chimava Angelo Sardo e la nonna Giuseppina Petrotto di Raimondo) si illumina nel volto parlando della sua infanzia, di sua nonna, di Racalmuto, sotto gli occhi attenti e divertiti di Nicolò D’Alessandro che me l’aveva presentato.

Il bello, in tutto questo, è che il Bonanno non è stato mai a Racalmuto. Il paese lo conosce – e  lo fantastica – solo attraverso i racconti della nonna, eppure, sembra esserci sempre stato. Parla della Racalmuto di tanti anni fa come un racalmutese anziano o emigrato in America. In realtà, solo una volta di sera, a sessant’anni, ha attraversato il paese, di passaggio, andando da Grotte a Palermo: non ha visto nulla.

Dopo l’immediato approccio, instaurato il rapporto amichevole, mi narra “a saltare” la sua vita. Di tanto in tanto si colora e si vivacizza il racconto per alcuni aneddoti, per alcune parole, per alcuni frammenti della memoria che riaffiorano con gioiosa irruenza. Il tono della voce tradisce violenza emotiva.


Pippo Bonanno al cortile San Nicola con Piero Carbone


La perdita della mamma e l’infanzia palermitana accanto alla nonna, le seconde nozze del padre, a Montedoro, la scoperta della pittura, le subentrate responsabilità della vita, l’insegnamento nelle scuole pubbliche, e di nuovo l’infanzia, i nonni…

Vivido è il ricordo della nonna materna. Figliu miu,  lo chiamava, ma con la f come un’acca aspirata, allo stesso modo aspirato del nostro hiuri o hiumi o Hiumeti. “A messa non mi ci portò mai” ricorda il Pittore. “A domeniche alterne mi portava invece al cimitero dove esclamava forte: - Sorti bbuttàna, - recriminando in tal modo contro la sorte per la morte della figlia (e madre del Pittore) avvenuta in età precoce, a non più di trent’anni.

“Tutti i ricordi racalmutesi passano per mia nonna” precisa. “Questa filastrocca me l’ha insegnata lei: Brigida santa n-ginucchiuni stava / davanti un crucifissu che chianciva. E anche questo modo di dire: Lu suli spuntà a lu Castiddruzzu”  ovvero il sole è effimero e quindi pioverà.
Poi, dinanzi ai suoi quadri, si mette a parlare di pittura. “Nei miei quadri  - dice convinto – c’è l’inquietudine del racalmutese, la problematicità. Vede, c’è, anzi, ci deve essere. Il racalmutese è machiniùsu, è pillicùsu, va addentro alle cose”. E felicemente conclude come non poteva non concludere: “Sciascia, infatti, è di Racalmuto”.

Interpellato come racalmutese e come fruitore dei suoi quadri a dare un giudizio o almeno ad esprimere opinione, io che critico non sono  ma fingendomi tale, confermo che, sì, in quei quadri c’è la problematicità, anzi, c’è inquietudine vera e propria. Non se se però l’inquietudine del racalmutese o quella del pittore che cerca e tende al suo stile, e cercando cercando lo trova.

Posso azzardare, parlando da racalmutese, non da critico, che la soffusa patina rosa della serie di quadri intitolata “Memoria Barocca” simboleggia la lontananza con la quale il Bonanno vede o intravede la Racalmuto raccontata da sua nonna, una Racalmuto trasfigurata con i suoi luoghi e i suoi personaggi: “Il teatro, u Castiddruzzu, u zi Nardu Puma…”.

La Fontana e il Castello detto u Cannuni


Magari sarebbe interessante che il pittore Bonanno utilizzasse questa materia paesana, “infantile”, per piegarla alla sua collaudata tecnica della lontananza. Auspicabile, se fosse possibile indirizzare o anche stuzzicare l’ispirazione, il dipingere altrui. Suggestiona non poco immaginare che le chiese, la scalinata del Monte, il Castello, il Castelluccio, il Raffo, la Fonta, le piazze di Racalmuto, assumano un colore rosato, come al tramonto.

Infine, una certezza ha – e confida – il pittore Bonanno, oriundo di Racalmuto: che i racalmutesi sapranno riconoscrsi nella sua pittura, sapranno riconoscere la loro problematicità in quella dei suoi quadri. Chissà! Intanto, egli sogna e fantastica di un suo ritorno a Racalmuto per appendervi in una stanza quei suoi quadri dove i racalmutesi correranno “certamente” a rispecchiarsi.
E (forse) a riconoscersi.

Palermo, settembre 1988



P.S.
Nel maggio dell’anno successivo Pippo Bonanno realizzerà il suo sogno, quello di “ritornare” a Racalmuto per conoscere i luoghi aviti e farvi una mostra dal 27 maggio al 4 giugno.  Porterà in omaggio un quadro molto simbolico dai colori molto accesi quale pegno di un antico amore.

Il testo sopra riportato è stato pubblicato come presentazione della mostra in catalogo.