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martedì 15 dicembre 2020

LE TRIBOLAZIONI DELLE CENERI DI PIRANDELLO NE "L'ILLUSTRAZIONE SICILIANA". Anche un articolo su Saro D'Aragona firmato Lorenzo Collura

 .

Si avrà modo di consultare l'articolo qui riprodotto e le carte dell'intero
 archivio "colluriano" nella sede del Museo dedicato dalla cittadina di Grotte
 al Maestro Renzo Collura, 
non appena ultimati i lavori.

L'Ora, 4 giugno 1949






.


venerdì 9 agosto 2019

CERTA GENTE! Accade sui social. Ecco perché Pirandello è nato da queste parti.

ph ©piero carbone


Questa la devo raccontare, qualcosa nel ragionamento mi sfugge: ieri su fb mi chiedono di mettere "Mi piace" non ad un nome ma ad una Pagina con un titolo che ha a che fare con Racalmuto: la comune appartenenza allo stesso paese e 144 amici in comune su Facebook danno per scontato che uno debba  accettare, condividere e cliccare "Mi piace" senza fiatare. 

Io invece, in chat privata, prima di accettare il grazioso invito, ho osato chiedere chi fosse l'amministratore della Pagina giusto per sapere chi avrebbe portato avanti la Pagina su Racalmuto e dintorni   anche con il mio  sostegno e quindi con il mio nome, ma... apriti cielo! 

Riporto la conversazione, senza contravvenire alla privacy perché l'anonimo in quanto tale non ha una privacy, una privacy anonima sarebbe un controsenso,  e anticipo la divertente morale o conclusione sconclusionata: se uno vuole sapere chi è che ha bussato alla propria porta e lo chiede o è un diffidente o è un sospettoso o entrambi. Come certa gente... 

ph ©laura carbone

12:16

Piero

ciao, ma chi è l'amministratore di Racalmuto ...

Piero

scusa, non trovo corretto non rispondere
Racalmuto Vecchia Nuova

Ok va be' che ti devo dire ci sono molte pagine dedicate a Racalmuto, grotte , ed altre città o paesi, tutte queste pagine sono state create in modo anonimo ci saranno circa sei profili dedicato a Racalmuto ma nessuno dice chi c'è dietro al profilo , non capisco perché dovrei cominciare io a farlo , comunque penso che sia logico che se non volevo essere riconosciuto lo avrei detto pubblicamente , che poi io aprendo il mio profilo non ho offeso nessuno ho solo pubblicato delle foto che parlano di Racalmuto non sto facendo nulla di male che sta offendendo nessuno , almeno non si è lamentato nessuno fino ad ora , non capisco perché certe persone debbano essere sospettose e pensare che perché una persona non vuole rivelare la sua identità , le persone pensano a male
Ora potete chiamarvi reciprocamente e vedere informazioni come lo stato di attività e quando vengono letti i messaggi.
Piero

guarda che non sono io a pensar male, semplicemente volevo rafforzare il canale comunicativo. Il ragionamento sinceramente lo trovo singolare: uno viene a bussare alla tua porta, tu chiedi legittimamente che è che sta bussando e quello non solo non dice il proprio nome ma da del sospettoso alla persona alla cui porta ha bussato. Mah! Strano questo modo di ragionare. Non mi capacito proprio volendo seguire i comuni parametri del ragionare e del comportarsi.

mercoledì 9 marzo 2016

LE DONNE DI MILENA NEL 1892, QUANDO MILENA SI CHIAMAVA MILOCCA. Quello che la Storia vuol dimenticare



anno di pubblicazione 2013





Presentazione del libro a Montedoro, 9 luglio 2014
alla "Raccolta civica" di Calogero Messana




Nella copertina del libro, "Le donne della rivolta di Milocca" di Francesco Guadagnuolo, tecnica mista

ph ©piero carbone

mercoledì 14 ottobre 2015

PIRANDELLO VENIVA DAL MARE. Navigazioni archivistiche di Mario Genco

"Nonostante" il mare?


E chi doveva dirlo? Luigi Pirandello simbolo della girgentinità, del cerebralismo ipocrita-borghese, del sillogismo esiziale più che esistenziale, era di Palermo! Non lui, direttamente, nel senso che non vi è nato, ma i suoi avi sì, provenienti da Genova, anzi, più precisamente da Pra, borgo marinaro autonomo confluito nel 1926 nella Grande Genova.
Dunque: Genova, Palermo e Girgenti, una terna terracquea da competere, per il mondo di sensi e significati cui rimanda, con la triade letteraria Naples Rome e Florence di stendhaliana officina. Ma l'accostamento è solo una suggestione. Non è una suggestione lo scavo archivistico di Mario Genco che lo ha fatto approdare a risultati documentatissimi.

Si sapeva che il giovane universitario Luigi avesse studiato a Palermo e in qualche casa avesse avuto abitazione, come tanti studenti fuori sede del resto, ma per lui era diverso, non era un fuori sede ma ritornava a casa sua, nell'alveo urbano dei padri, che a loro volta provenivano da Pra. Gente di mare in ogni caso.

Mario Genco, I Pirandello del mare ovvero l'enigma del nonno cambiato,
XL edizioni Sas di Stefania Bonura, Roma 2011


Eppure, col mare, o meglio con alcuni aspetti legati al mare, e letterariamente parlando, Pirandello non ebbe un rapporto felice tale da coltivarlo come ancestrale fonte di ispirazione, anzi, ne sembrava, per dirla con un denso termine dialettale, non sappiamo se di terra o di mare, o valido in entrambi i casi, sciarriàtu. Come se si fosse "bisticciato",  insomma, e potentemente. Eppure, l'amava.

Con la sensibilità di uno che ama il mare, Mario Genco non si rassegna, nei quattordici capitoli del libro, a inseguire frondosi alberi genealogici al largo della costa, ma a partire da quelli coglie piuttosto nello scrittore agrigentino, letterariamente parlando, i sintomi di un contrastante amore.


Stralci

Mario Genco, I Pirandello del mare ovvero l'enigma del nonno cambiato,
XL edizioni Sas di Stefania Bonura, Roma 2011

Mario Genco, I Pirandello del mare ovvero l'enigma del nonno cambiato,
XL edizioni Sas di Stefania Bonura, Roma 2011

Foto


da  sx: Lia Vicari, direttore della Libreria Feltrinelli, 
Mario Genco, Salvatore Nicolsia



Da sx.: Mario Genco, Salvatore Nicosia, Piero Violante

Lettura di alcuni brani del libro

L'assedio


Dediche. Alla destra di Mario, Nicolò D'Alessandro


Grazie per l'affettuosa dedica


Ph ©Laura Carbone

venerdì 19 luglio 2013

CONSOLO, I RACALMUTESI E IL PINO DI PIRANDELLO

"Speriamo che il nuovo, giovane pino possa stendere in futuro la sua pietosa chioma...". 
Questo si augurava Vincenzo Consolo nell'articolo "Il pino di Pirandello" inserito nel volume Di qua dal faro pubblicato dalla Mondadori nel 1999. 
Al vecchio pino acciaccato e al nuovo da coltivare si era interessato un racalmutese di cui con piacere riportiamo la sua testimonianza.
A proposito del nuovo pino,  non nascondendo una certa ansia, ci sarebbe da verificare fino a che punto si è realizzato il pronostico della pietosa chioma.  P.C.



PER SALVARE IL PINO DI PIRANDELLO

Testimonianza di Giovanni Liotta

Docente emerito di Entomologia dell'Università di Palermo

Circa 25 anni fa, ho incontrato al mio paese (Racalmuto) Leonardo Sciascia che, come al solito, nei pomeriggi faceva la sua passeggiata davanti al Circolo Unione. Mi ha chiesto come mai mi trovassi in paese e gli ho detto che stavo tornando da Agrigento, dove ero andato a verificare lo stato fitosanitario del Pino di Pirandello che era stato attaccato da grossi insetti chiamati Capricorni o Cerambicidi. Mi ha fatto alcune domande alle cui risposte mi sembrava molto interessato. Mi sembrava che tutto si fosse esaurito lì. Senonchè dopo alcuni mesi ritrovo alcune sue profonde riflessioni in un suo libro (Leonardo Sciascia – Fuoco dell’anima – Conversazioni con Domenico Porzio – Mondadori Editore) e che riporto:


“D. Porzio: Com’è questa storia che il pino di Pirandello sta morendo? È una malattia?
L. Sciascia: Sta morendo perché è vecchio. Ma si può salvare, con tutti gli accorgimenti tecnici che ci sono oggi. Soprattutto occorre liberarlo dal selciato: le radici non respirano, l’acqua non penetra. E poi bisogna affidarlo alle cure di uno specialista. C’è un giovane che è molto bravo in queste cose, è di Racalmuto e insegna alla Facoltà di agraria. Mi ha detto che l’amministrazione comunale non risponde a queste sollecitazioni: perché si sono messi in testa di sostituirlo con un pino di plastica.
D. Porzio: No, non è possibile!
L. Sciascia: Questa è la classe dirigente – per meglio dire digerente – che preferisce fare il pino di plastica piuttosto che salvare quello vero.. ed è così per tante, tante altre cose…..”

Dopo alcuni mesi, venne a trovarmi a Palermo lo scrittore Vincenzo Consolo, perché, mi disse, voleva conoscere il giovane di cui aveva parlato Sciascia e sapere qualcosa sulla “salute” del Pino di Pirandello. Anche di questo nostro incontro lo scrittore riferisce in un suo libro al capitolo intitolato “Il pino di Pirandello” (Vincenzo Consolo – Di qua dal faro –Mondadori Editore)



“ Un tronco morto, pietrificato,, un alto pennone scabro simile a quelli su cui si torcono, s’innarcano nello spasimo i corpi dei due ladroni nella Crocefissione d’Anversa di Antonello, è ormai il pino di Pirandello.
Una tromba d’aria ha tranciato la chioma del famoso albero del Caos...
Era un albero vecchio e malato il pino del Caos…
Il giovane “molto bravo” di cui parla Sciascia è il professor Giovanni Liotta, il quale evidentemente era riuscito alla fine a convincere le autorità a farsi affidare la cura del vecchio albero malato. E aveva innanzi tutto liberato gradualmente le radici, anno dopo anno, piastrella dopo piastrella, dalla coltre di pietra. Il pino così aveva preso a rivivere, fino a che non è stato ucciso, con lo strappo della chioma, dalla tromba d’aria…
Il Professor Giovanni Liotta aveva pensato provvidenzialmente a suo tempo a far germogliare dai semi del vecchio pino tre pianticelle. Quando queste saranno cresciute, ne sceglierà una, la più robusta, a sostituire il genitore, il tronco senza vita attuale…”

domenica 25 novembre 2012

FONDAZIONE? COSÌ È, SE CI PARE!





Quando misi piede nel consiglio comunale di Racalmuto, in qualità di assessore alla cultura, mi sembrò di entrare in una novella pirandelliana: nel momento in cui il sindaco, secondo l’ordine del giorno, accennò alla situazione del teatro comunale, le cui carte erano sotto sequestro per indagini in corso sulla precedente gestione, dagli scranni di destra, gli esponenti dell’opposizione sostenevano che il Teatro era amministrato come “Fondazione”; il sindaco rispondeva che era assimilabile piuttosto ad una “Associazione”, sottinteso: culturale,  ma gli oppositori dell’UDC e del PDL s’inalberavano a tale definizione e ribadivano la tesi che il Teatro fosse “Fondazione! Fondazione! Fondazione!”
“Associazione!” cantilenava il Sindaco, “Associaziooo-ne!”.

A complicare le cose, dagli scranni della sinistra, un  esponente del PD, che aveva amministrato con ruoli di responsabilità anche nella compagine amministrativa precedente,  e ora facente parte della nuova, appartenente alla maggioranza e quindi sostenitore del nuovo sindaco,  brandì il microfono per ritrovarsi in linea con l’opposizione e contro il “proprio” sindaco: per lui il teatro era eretto a Fondazione. “Tanto che aveva un consiglio d’amministrazione”, sosteneva.
“Associaziooo-ne” ribadiva suo malgrado il sindaco all’esponente della “sua”  stessa maggioranza.







Così andò avanti l’irriducibile consiglio comunale per un tempo che a me parve infinito, senza cavarne un ragno dal buco. “Fondazione”. “Associazione”. Così è, se ci pare!
Mi sembrava un giuoco delle parti. Pirandelliano, appunto.

Era possibile mai che un ente pubblico governato come Fondazione, bisognoso del riconoscimento giuridico per essere tale, tale non risultasse dalle carte e dalle pubbliche certificazioni? Il nuovo sindaco, soltanto per distinguersi dal predecessore, s’inventava tutto?
“Non vuole riconoscere l’evidenza,” ribattevano i sostenitori della Fondazione, i quali con meccanica convinzione concludevano: “Riconoscimento o non riconoscimento, è  Fondazione!”. E, battendo metaforicamente i pugni sul tavolo, della Fondazione elencavano gli illustrissimi nomi del consiglio d’amministrazione che ne avevano fatto parte e il Direttore artistico e il Direttore artistico facente funzione perché il Direttore artistico titolare era lontano e il famoso scrittore e l’ex assessore nonché  sovrintendente di un Teatro importantissimo e il corrispondente di un prestigioso giornale nazionale e l’inviato di un altro. E così altisonando.




Se io non fossi stato assessore della giunta in carica, e quindi tirato dentro la questione fino al collo, istituzionalmente parlando, mi sarei goduta la scena e niente di più. Ma non potevo, anzi avevo il dovere in quanto assessore con delega alla cultura di chiarire la faccenda proprio per definire i rapporti istituzionali  o con la Fondazione teatro, se era Fondazione,  o con il Teatro Comunale, se era ente comunale, e regolarmi di conseguenza.
Che fare?

Feci l’unica cosa, ovvia e, secondo me, di buon senso, che c’era da fare: mi recai all’assessorato competente per sbrogliare la matassa. Salii tutti i piani del palazzo di Piazza Croci a Palermo e in ogni piano mi rimandavano da un ufficio all’altro nella vana speranza che saltassero fuori notizie certe: da nessuna parte risultava che il Teatro “Regina Margherita” di Racalmuto fosse stato elevato a Fondazione, anzi non risultava neanche l’istanza.
Trasecolai!
Niente, nessuna carta, nessun incartamento risultava in quegli uffici. Proprio così.

E come facevo a riferire, in consiglio, ai consiglieri del mio paese, una tale ambasciata? Di quali acuminate argomentazioni sarei stato bersaglio! Avevo sentito chiaramente da alcuni consiglieri che era stata fatta l’istanza, che c’era un atto notarile. Lo avevano affermato con sicurezza.
Ora, di fronte a tanta smentita, ero punto e a capo. Di nuovo: che fare?

Chiesi al funzionario di mettermi per iscritto la ferale notizia. “Lo richieda per iscritto e le sarà risposto per iscritto” mi rispose quello impassibile da dietro la scrivania.
La richiesta protocollata partì da Racalmuto. 
Altrettanto protocollata giunse, purtroppo, la risposta; e dico purtroppo perché quando dalla segreteria comunale me ne è stata consegnata copia, ho letto quello che sapevo, quello che temevo e che non avrei voluto leggere. Speravo, sotto sotto, si trovasse in extremis l’incartamento risolutore.
Arrivato in consiglio, prendo con trepidazione la parola e annuncio che dagli uffici regionali competenti, dopo le opportune ricerche, è venuto fuori che… niente…nulla di nulla… il certificato…



Apriti cielo!
Sono stato subissato da grida, da critiche, da ipotesi fantasiose: secondo alcuni consiglieri pro Fondazione avrei tirato fuori la storia del certificato per compiacere il sindaco e contraddirli, quasi fosse in mio potere far confezionare a funzionari e dirigenti dell’Assessorato regionale certificati a mio piacimento.
Mi stupii del ragionamento che non verteva più sullo statuto del Teatro ma sull’opportunità e la convenienza o meno di compiacere un sindaco. Cercai di comunicare il mio stupore, ma la mia voce veniva schiacciata da altre voci, emisi un urlo quasi ferino. Mi veniva difficile coniugare la dialettica hegeliana fatta di tesi, antitesi e sintesi, studiata ai tempi dell’università, con quest’altra della negazione preventiva e prevenuta senza tener conto d’altro.  Che fare?

Cercai di essere più empirico. Invitai la segretaria verbalizzante ad esibire il certificato ma non ce l’aveva a portata di mano, non l’aveva portato in consiglio forse per una svista o per dimenticanza, richiesi allora coram populo si verbalizzasse di allegarlo: il certificato venne cercato, tirato fuori, fotocopiato e distribuito a tutti i signori consiglieri.
“E allora,” conclusero alcuni irriducibili mal rassegnati, “visto che hai fatto questa scoperta, vuol dire che da oggi in poi ti adopererai per fare riconoscere giuridicamente la Fondazione Teatro! Tu sei l’assessore!”
“Va bene” annuii.

Ma non potei fare molto perché di lì a poco sarei stato estromesso come assessore, e sinceramente in un tal mondo con un tal modo di ragionare mi sentivo un pesce fuor d’acqua ed era naturale venissi percepito come un corpo estraneo.
I sostenitori della Fondazione avrebbero potuto e dovuto continuare l’iter per il riconoscimento giuridico tanto più che il mio successore è stato espresso da quei  consiglieri dell’opposizione, transitati nel frattempo nella maggioranza, che fortissimamente volevano la Fondazione.





I fatti sopra narrati risalgono al periodo che va dall’autunno del 2007 alla primavera del 2008. Siamo alla fine del 2012.
Pensavo dopo tanti anni che la questione si fosse risolta, invece, negli ultimi tempi, anche nell’era dei commissari regionali e prefettizi, si perpetua l’incertezza terminologica, una volta viene indicato come Fondazione e un’altra semplicemente come Teatro comunale.

Siccome le parole indicano cose completamente diverse, visto che finora la politica non c’è riuscita, è bene comunque chiarire lo status giuridico attuale del Teatro perché nell’imminenza della definitiva riapertura, dopo le esaustive certificazioni riguardanti la sicurezza, si appianino anche le incertezze amministrative e contabili affinché il nostro caro Teatro, o come Fondazione o come Ente comunale o come altro ancora, riapra i battenti e non li richiuda mai più.


  



- Luigi Scimè, Addio! Teatro comunale, in “La Citalena”, aprile 2005, numero unico.


Foto proprie