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domenica 11 agosto 2019

C'ERA UNA VOLTA NELLE BARBERIE. Intervista di Mario Pintagro a Maurizio Piscopo, su Repubblica di oggi




Di buon mattino apro il giornale e... oooh! sotto i miei occhi il paginone culturale di Repubblica-Palermo con "Il Personaggio" del giorno dedicato a Giuseppe Maurizio Piscopo con un suo ritratto a tutto campo di Nicolò D'Alessandro nella densa e articolata intervista di Mario Pintagro. 

Quale migliore compagnia sotto il pino allo Zaccanello. 

Non solo virtuale, s'intende. Non per nulla pensando agli amici ho scritto: 
Sutta lu pignu di lu Zaccanieddru
tutti l'amici mi viennu a truvari
...
*
Su "Repubblica", edizione di Palermo di oggi, domenica 11 agosto 2019.











domenica 21 luglio 2019

SE DI UN MAESTRO SCRIVE UN ALTRO MAESTRO. Intervista di Giuseppe Maurizio Piscopo ad Antonio La Cava

ApeBianca di Andrea De Marco (1972-2012,  installata alla Cala di Palermo.
realizzazione di Domenico Pellegrino



Il maestro elementare Giuseppe Maurizio Piscopo intervista il maestro Antonio La Cava per la sua singolare iniziativa della libreria ambulante collocata su una moto Ape. 

Domande e risposte di un maestro ad un altro maestro che fanno venire in mente i versi di Costantino KAVAFIS: 


"Raphael,  
siano scritti i tuoi versi
in modo che racchiudono - come tu sai - 
un poco della nostra vita, 
in modo che il ritmo ed ogni frase mostrino 
che d'un Alessandrino scrive un Alessandrino".

Costantino KAVAFIS, Per Ammone, morto a 29 anni, nel 610 (trad.: Tino Sangiglio)
*
Condivido con piacere l'intervista dell'amico e sodale Giuseppe Maurizio Piscopo: 

Il Maestro che ha messo la ruota ai libri




Con l'amico Giuseppe Maurizio Piscopo a Racalmuto.
Foto di Angelo Pitrone

venerdì 14 dicembre 2012

INTERVISTA AD ANGELO CAMPANELLA




Il ritrovamento del prof Angelo Campanella non poteva non suscitare curiosità, stupore e una ridda di domande. Nicolò Tinebra Martorana era infatti conosciuto e celebrato quale storico di Racalmuto per una monografia, si conosceva in realtà qualche altro suo articolo sempre di argomento storico ma restava fondamentalmente autore di un solo libro, homo unius libri.


In platea, settimo da sinistra in piedi,
l'insegnante Giuseppe Mattina






Racalmuto. Memorie e tradizioni  è ritenuto libro fondamentale per la conoscenza storica del nostro paese, “è nel nostro immaginario” ebbe a dire Sciascia in occasione della presentazione della ristampa, nel 1982, che fu un avvenimento nell’avvenimento: si aprì eccezionalmente il teatro dopo vent’anni di chiusura, tornarono a ripopolarsi la platea e i palchetti adornati di lisi velluti e splendide ragnatele. 

Sul palco: Sciascia, Bufalino, un discendente del Tinebra Martorana, il prof. Francesco Giunta che tenne una conferenza sul Rebellamento in Sicilia, il sindaco Vincenzo Milioto, il neo assessore Rosario Alaimo Di Loro, subentrato a Carmelo Mulè che la ristampa del libro aveva promosso e realizzato.




Ben scandito da Sciascia, risuonò   per la prima volta nel teatro, eccezionalmente e provvisoriamente riaperto, il nome di Emmanuel Le Roy Ladurie, direttore didattico dell'École pratique des hautes études di Parigi, animatore dell'École des Annales e propugnatore di un metodo di studio ovvero di indagine che tende a valorizzare la “microstoria”. Tinebra Martorana come Emmanuel Le Roy Ladurie ante literam, dunque: dagli studi sui paysans della Linguadoca alle cronache della nostra festa del Monte, dei nostri “ceri”, delle nostre miniere. Ma Sciascia non sostenne esattamente questo, voleva additare un metodo di studio, questo sì. E com’era suo costume, chiuse con una digressione, facendo cadere un giudizio sullo scrittore Gesuado Bufalino, fresco di Campiello,  quale “uno dei più importanti autori europei”. 
In simili occasioni, solenni, storiche, anche chi sposta una sedia si sente protagonista e io ero orgoglioso e mi sentivo parte in causa per  avere recato in tipografia, a Palermo, per conto dell’allora fattiva Pro Loco, la copia originale del libro di Tinebra Martorana e la busta gialla contenente il nome scritto in arabo di Racalmuto.



Mancava Angelo Campanella in quel consesso, ma non poteva esserci perché aveva soltanto tre anni; idealmente, però, a distanza di trent’anni da quella storica presentazione anche lui ha guadagnato un suo posto accanto agli altri titolati relatori perché sul Tinebra Martorana può dire la sua parola, per il merito di avere restituito allo storico le parole finora negate, negate perché ignorate: le parole di un poeta.








Come sei venuto in possesso del prezioso taccuino autografo di Nicolò Tinebra Martorana?

Il taccuino mi è stato donato da Nino Mattina, figlio del compianto insegnante Giuseppe Mattina, il quale lo aveva gelosamente custodito tra le sue carte. Ho capito subito che si trattava di un documento eccezionale, ma non ero certo che l’autore fosse lo stesso Nicolò Tinebra Martorana di Racalmuto. Memorie e Tradizioni. L’illustre medico, infatti, sul taccuino si firma col solo cognome paterno, Tinebra, ma omette il cognome della madre, Martorana.

Come hai accertato che si trattasse del nostro illustre conterraneo?

Ho condotto una vera e propria indagine. 
Ho cercato nel taccuino degli indizi che mi permettessero di raggiungere la verità. 
Il primo indizio, oltre al nome dell’autore, è la data. I componimenti sono datati tra il 1891 e il 1895. 
L’autore ha anche indicato sul frontespizio il luogo e la data della conclusione del suo lavoro: Racalmuto, 19 ottobre 1895. Un altro elemento è la dedica posta in epigrafe al taccuino: “ad Angelina mia, dopo un anno d’amore”. 
Inoltre, uno dei componimenti, “Un saluto autunnale”, contiene indicazioni precise sul luogo in cui è stato composto: “dalla mia casetta campagnola di Rocca Rossa”. 
Un sonetto è dedicato a un amico morto prematuramente, di nome Antonio Scifo. 
Si trattava, insomma, di scoprire chi fosse il poeta di nome Nicolò Tinebra, nato almeno quindici anni prima del 1891 e morto dopo il 1895, innamorato o, forse, sposato con una donna di nome Angela, vissuto a Racalmuto e benestante al punto da avere almeno due case, delle quali una “campagnola” sita nella Contrada “Rocca Rossa”. 
Come tutti i racalmutesi, posseggo una copia del saggio storico Racalmuto. Memorie e Tradizioni, per cui ho innanzitutto riletto il saggio e la Prefazione scritta da Leonardo Sciascia. Ero certo che, se Nicolò Tinebra Martorana avesse scritto poesie, Sciascia ne avrebbe certamente fatto cenno, anche perché il saggio è stato stampato per la prima volta nel 1897, dunque due anni dopo rispetto al taccuino. 
Nel 1897 l’autore aveva ventidue anni, per cui era ben possibile che le poesie fossero sue. 
La ricerca è proseguita sui libri, ho consultato tutto ciò che è stato finora pubblicato su Racalmuto e i suoi cittadini illustri, alla ricerca di un cenno al Tinebra Martorana poeta, ma non ho trovato nulla.

Hai reperito altri indizi, documenti?

Sì. La seconda parte dell’indagine l’ho condotta negli archivi, volevo scoprire se la moglie di Nicolò Tinebra Martorana si chiamasse Angela, volevo conoscere il maggior numero di dettagli su di lui. 
Per essere certi che la propria tesi sia corretta, è necessario prima tentare in tutti i modi di negarne la validità. Anche un solo indizio contro la mia tesi avrebbe fatto crollare per sempre la mia certezza. 
Ho consultato gli archivi comunali di Racalmuto, l’atto di nascita; per l’atto di morte mi sono recato al Municipio di Serradifalco e al cimitero di Racalmuto. 
Ho scoperto la causa della morte prematura di Nicolò Tinebra Martorana: la nefrite, forse causata da una calcolosi, che all’epoca era spesso mortale. Ho accertato che la moglie si chiamava Angela Martorana e anche la madre si chiamava Martorana. 
Forse la moglie era anche cugina. Ho notato una discrepanza di date tra l’archivio del cimitero di Racalmuto, dove risulta che Nicolò Tinebra Martorana morì il 7 giugno 1921, e l’atto di morte conservato negli archivi del comune di Serradifalco, che invece riporta la data  8 giugno 1921 alle ore 1,00. 
Ho visitato la sua tomba e ho constatato che la data incisa sulla lapide è quella del 7 giugno, per cui ho ipotizzato che il nostro fosse morto il 7 in tarda serata e che poi l’atto di morte a Serradifalco fosse stato vergato l’indomani mattina. 
Alla fine la verità è emersa: l’autore del taccuino e quello del saggio storico sono la stessa persona.





Nella tua lettera, ora pubblicata sul blog Archivio e Pensamenti, accennavi alla difficoltà di pubblicare il taccuino.

Il taccuino è stato pubblicato da me, privatamente. Lo scorso settembre mi sono trasferito sull'isola di Lampedusa, dove insegno al Liceo, la solitudine induce a meditare, a me ha fatto maturare la determinazione di pubblicare il taccuino ritrovato a mie spese contattando la tipografia "Youcanprint" di Tricase.
Ho tentato di proporre la pubblicazione al Comune di Racalmuto, già prima del commissariamento, e alla Provincia di Agrigento. Ho scritto a entrambe le istituzioni una lettera nella quale spiegavo l’importanza della scoperta e la risonanza che essa avrebbe potuto avere sia a Racalmuto, sia in Sicilia, alla luce anche della qualità compositiva delle poesie, che è decisamente elevata.

Com’è finita?

Non ho ricevuto risposta, né approvazione né dinieghi, solo indifferenza. In tutta onestà, non mi aspettavo una reazione molto diversa, ma mi illudevo che trattandosi non di una cosa mia, ma di un documento prezioso per la storia locale, l’istituzione dovesse sentirsi coinvolta. Mi è venuta in mente quella frase di Leonardo Sciascia tanto citata, ma quasi sempre a sproposito, dai miei concittadini, dove l’autore lamenta la totale lontananza di Racalmuto dalla ragione. Dispiace dirlo, ma ho sentito più che mai vero quel concetto duro e impietoso, tanto impietoso che i racalmutesi hanno l’abitudine di capovolgerlo, cambiandolo di segno.

Anche tu sei pessimista, dunque?

No, non lo sono affatto. Questo blog, e non è l’unico, è una delle tante prove della vitalità intellettuale dei racalmutesi. A Racalmuto ci sono tanti intellettuali, davvero. Io ne conosco personalmente parecchi. Alcuni scrivono e non pubblicano, altri scrivono e pubblicano, altri leggono si informano pensano; ci sono giornalisti, alcuni anche molto famosi e affermati, c’è un forte senso di competizione. Sinceramente io non mi sento di dire che Racalmuto è distante dalla verità e dalla ragione. Alla fine, vince la testarda, ma non tracotante, volontà di pensare e di trasformare in azione il pensiero, tutto il resto è “politica”.








Cfr. Dieci anni di attività della Pro Loco di racalmuto, a cura di Salvatore Restivo, Racalmuto 1989.
Intervista su trs 98 dal minuto 6.45