
Il ritrovamento del prof Angelo
Campanella non poteva non suscitare curiosità, stupore e una ridda di domande.
Nicolò Tinebra Martorana era infatti conosciuto e celebrato quale storico di
Racalmuto per una monografia, si
conosceva in realtà qualche altro suo articolo sempre di argomento storico ma
restava fondamentalmente autore di un solo libro, homo unius libri.
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In platea, settimo da sinistra in piedi,
l'insegnante Giuseppe Mattina |
Racalmuto. Memorie e tradizioni è ritenuto libro fondamentale per la conoscenza storica del nostro paese, “è
nel nostro immaginario” ebbe a dire Sciascia in occasione della presentazione della
ristampa, nel 1982, che fu un avvenimento nell’avvenimento: si aprì
eccezionalmente il teatro dopo vent’anni di chiusura, tornarono a ripopolarsi la
platea e i palchetti adornati di lisi velluti e splendide ragnatele.
Sul palco:
Sciascia, Bufalino, un discendente del Tinebra Martorana, il prof. Francesco
Giunta che tenne una conferenza sul Rebellamento in Sicilia, il sindaco
Vincenzo Milioto, il neo assessore Rosario Alaimo Di Loro, subentrato a Carmelo Mulè che
la ristampa del libro aveva promosso e realizzato.
Ben scandito da Sciascia, risuonò per la prima volta nel teatro, eccezionalmente e provvisoriamente riaperto, il nome di Emmanuel Le Roy Ladurie, direttore didattico dell'École pratique des hautes études di Parigi, animatore dell'École des Annales e propugnatore di un metodo di studio ovvero di indagine che tende a valorizzare la “microstoria”. Tinebra Martorana come Emmanuel Le Roy Ladurie ante literam, dunque: dagli studi sui paysans della Linguadoca alle cronache della nostra festa del Monte, dei nostri “ceri”, delle nostre miniere. Ma Sciascia non sostenne esattamente questo, voleva additare un metodo di studio, questo sì. E com’era suo costume, chiuse con una digressione, facendo cadere un giudizio sullo scrittore Gesuado Bufalino, fresco di Campiello, quale “uno dei più importanti autori europei”.
In simili occasioni, solenni, storiche, anche chi sposta una sedia
si sente protagonista e io ero orgoglioso e mi sentivo parte in causa per avere recato in tipografia, a Palermo, per conto dell’allora fattiva Pro Loco, la
copia originale del libro di Tinebra Martorana e la busta gialla contenente il
nome scritto in arabo di Racalmuto.

Mancava Angelo Campanella in quel consesso, ma non poteva esserci perché
aveva soltanto tre anni; idealmente, però, a distanza di trent’anni da quella
storica presentazione anche lui ha guadagnato un suo posto accanto agli altri
titolati relatori perché sul Tinebra Martorana può dire la sua parola, per il
merito di avere restituito allo storico le parole finora negate, negate perché
ignorate: le parole di un poeta.

Come sei venuto in possesso del
prezioso taccuino autografo di Nicolò Tinebra Martorana?
Il taccuino mi è stato donato da Nino Mattina, figlio del
compianto insegnante Giuseppe Mattina, il quale lo aveva gelosamente custodito
tra le sue carte. Ho capito subito che si trattava di un documento eccezionale,
ma non ero certo che l’autore fosse lo stesso Nicolò Tinebra Martorana di Racalmuto. Memorie e Tradizioni.
L’illustre medico, infatti, sul taccuino si firma col solo cognome paterno,
Tinebra, ma omette il cognome della madre, Martorana.
Come hai accertato che si trattasse
del nostro illustre conterraneo?
Ho condotto una vera e propria indagine.
Ho cercato nel
taccuino degli indizi che mi permettessero di raggiungere la verità.
Il primo
indizio, oltre al nome dell’autore, è la data. I componimenti sono datati tra
il 1891 e il 1895.
L’autore ha anche indicato sul frontespizio il luogo e la
data della conclusione del suo lavoro: Racalmuto, 19 ottobre 1895. Un altro
elemento è la dedica posta in epigrafe al taccuino: “ad Angelina mia, dopo un
anno d’amore”.
Inoltre, uno dei componimenti, “Un saluto autunnale”, contiene
indicazioni precise sul luogo in cui è stato composto: “dalla mia casetta
campagnola di Rocca Rossa”.
Un sonetto è dedicato a un amico morto
prematuramente, di nome Antonio Scifo.
Si trattava, insomma, di scoprire chi
fosse il poeta di nome Nicolò Tinebra, nato almeno quindici anni prima del 1891
e morto dopo il 1895, innamorato o, forse, sposato con una donna di nome
Angela, vissuto a Racalmuto e benestante al punto da avere almeno due case,
delle quali una “campagnola” sita nella Contrada “Rocca Rossa”.
Come tutti i
racalmutesi, posseggo una copia del saggio storico Racalmuto. Memorie e Tradizioni, per cui ho innanzitutto riletto il
saggio e la Prefazione scritta da Leonardo Sciascia. Ero certo che, se Nicolò
Tinebra Martorana avesse scritto poesie, Sciascia ne avrebbe certamente fatto
cenno, anche perché il saggio è stato stampato per la prima volta nel 1897,
dunque due anni dopo rispetto al taccuino.
Nel 1897 l’autore aveva ventidue
anni, per cui era ben possibile che le poesie fossero sue.
La ricerca è
proseguita sui libri, ho consultato tutto ciò che è stato finora pubblicato su
Racalmuto e i suoi cittadini illustri, alla ricerca di un cenno al Tinebra
Martorana poeta, ma non ho trovato nulla.
Hai reperito altri
indizi, documenti?
Sì. La seconda parte dell’indagine l’ho condotta negli
archivi, volevo scoprire se la moglie di Nicolò Tinebra Martorana si chiamasse
Angela, volevo conoscere il maggior numero di dettagli su di lui.
Per essere
certi che la propria tesi sia corretta, è necessario prima tentare in tutti i
modi di negarne la validità. Anche un solo indizio contro la mia tesi avrebbe
fatto crollare per sempre la mia certezza.
Ho consultato gli archivi comunali
di Racalmuto, l’atto di nascita; per l’atto di morte mi sono recato al
Municipio di Serradifalco e al cimitero di Racalmuto.
Ho scoperto la causa
della morte prematura di Nicolò Tinebra Martorana: la nefrite, forse causata da
una calcolosi, che all’epoca era spesso mortale. Ho accertato che la moglie si
chiamava Angela Martorana e anche la madre si chiamava Martorana.
Forse la
moglie era anche cugina. Ho notato una discrepanza di date tra l’archivio del
cimitero di Racalmuto, dove risulta che Nicolò Tinebra Martorana morì il 7
giugno 1921, e l’atto di morte conservato negli archivi del comune di
Serradifalco, che invece riporta la data 8 giugno 1921 alle ore 1,00.
Ho visitato la
sua tomba e ho constatato che la data incisa sulla lapide è quella del 7
giugno, per cui ho ipotizzato che il nostro fosse morto il 7 in tarda serata e
che poi l’atto di morte a Serradifalco fosse stato vergato l’indomani mattina.
Alla fine la verità è emersa: l’autore del taccuino e quello del saggio storico
sono la stessa persona.
Nella tua lettera, ora
pubblicata sul blog Archivio e Pensamenti, accennavi alla difficoltà di
pubblicare il taccuino.
Il taccuino è stato pubblicato da me, privatamente. Lo scorso settembre mi sono trasferito sull'isola di Lampedusa, dove insegno al Liceo, la solitudine induce a meditare, a me ha fatto maturare la determinazione di pubblicare il taccuino ritrovato a mie spese contattando la tipografia "Youcanprint" di Tricase.
Ho
tentato di proporre la pubblicazione al Comune di Racalmuto, già prima del
commissariamento, e alla Provincia di Agrigento. Ho scritto a entrambe le
istituzioni una lettera nella quale spiegavo l’importanza della scoperta e la
risonanza che essa avrebbe potuto avere sia a Racalmuto, sia in Sicilia, alla
luce anche della qualità compositiva delle poesie, che è decisamente elevata.
Com’è finita?
Non ho ricevuto risposta, né approvazione né dinieghi, solo
indifferenza. In tutta onestà, non mi aspettavo una reazione molto diversa, ma
mi illudevo che trattandosi non di una cosa mia, ma di un documento prezioso
per la storia locale, l’istituzione dovesse sentirsi coinvolta. Mi è venuta in
mente quella frase di Leonardo Sciascia tanto citata, ma quasi sempre a
sproposito, dai miei concittadini, dove l’autore lamenta la totale lontananza
di Racalmuto dalla ragione. Dispiace dirlo, ma ho sentito più che mai vero quel
concetto duro e impietoso, tanto impietoso che i racalmutesi hanno l’abitudine
di capovolgerlo, cambiandolo di segno.
Anche tu sei
pessimista, dunque?
No, non lo sono affatto. Questo blog, e non è l’unico, è una
delle tante prove della vitalità intellettuale dei racalmutesi. A Racalmuto ci
sono tanti intellettuali, davvero. Io ne conosco personalmente parecchi. Alcuni
scrivono e non pubblicano, altri scrivono e pubblicano, altri leggono si
informano pensano; ci sono giornalisti, alcuni anche molto famosi e affermati,
c’è un forte senso di competizione. Sinceramente io non mi sento di dire che
Racalmuto è distante dalla verità e dalla ragione. Alla fine, vince la
testarda, ma non tracotante, volontà di pensare e di trasformare in azione il
pensiero, tutto il resto è “politica”.
Cfr. Dieci anni di attività della Pro Loco di racalmuto, a cura di Salvatore Restivo, Racalmuto 1989.
Intervista su trs 98 dal minuto 6.45