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sabato 22 agosto 2015

POESIE IN TEDESCO E RICORDI DI BRIGANTI SOTTO IL PINO. Con Anne Cristhel Recknagel




 Land der Agaven und der Tauschungen


Sizilien –
Land der Agaven und der  Tauschungen
Tocheter des Völkergemischs
Bastardin – tugendhaft

Deine Saat ist über die Welt verstreut.

Vom Etna fileβt ein Blut, das zu Stein wird



A distanza di quasi vent’anni, con mia grande sorpresa, Anne Cristhel Recknagel mi ha fatto risentire sotto il pino dello Zaccanello le poesie a suo tempo tradotte in tedesco per il "Festival Italia" che si tenne a Stuttgart. 

Anne venne per la prima volta in Italia nel 1958 per la sua tesi di dottorato sui riflessi letterari del brigantaggio e da allora idealmente non se ne è mai distaccata, parla benissimo l’italiano, ama l’Italia, il meridione, in particolare la Sicilia. Se le affinità elettive sono profonde e tenaci non c’è spread che tenga a frenarle.

Anche se il progetto iniziale di tradurre in italiano la sua tesi di dottorato, in vista di una pubblicazione, non andò in porto, si vorrebbe sperare che qualche editore lo riprenda per offrire nuovi sguardi alla nostra storia passata non sempre serenamente e disinteressatamente scandagliata.




Terra d'agavi e d'inganni

Sicilia
terra d'agavi e d'inganni
figlia d'incroci bastarda
e virtuosa. Il tuo seme
è sparso nel mondo.

Dall'Etna
cola un sangue
che s'impetra.

In visita alla Farm Cultural Park di Favara


giovedì 13 agosto 2015

AMMAZZA. O È AMMAZZATO. A Raphael Alberti





Traduzione inglese di Gaetano Cipolla




poesia pubblicata nella raccolta:
Premio "Città di Marineo" 2015

"Poeti del Sud: Rafael Alberti con Ignazio Buttitta".
Foto di Carlo Puleo.


Gaetano Cipolla con Ignazio Buttitta.
Foto di Carlo Puleo
Un grazie a Carlo Puleo per la disponibilità a pubblicare le foto 
di Ignazio Buttitta con Rafael Alberti e Gaetano Cipolla 


Rafael Alberti al II Incontro dei popoli del Mediterraneo  (1982) che si sono tenuti a Mazara del Vallo
 ad opera di mio padre Rolando. Flora Certa
Rafael Alberti e Rolando Certa

Un grazie a Flora Certa per queste due foto in ricordo e a testimonianza
 di una stagione feconda di interessanti e significative iniziative culturali.

Link correlato:
Interpretazione di un testo poetico di Rafael Alberti

martedì 16 giugno 2015

DIECIMILA PAPAVERI ROSSI INFUOCANO LA MEMORIA. Poesia di Giuseppina Geluso tradotta e ritradotta da Mario Gallo

                                                                                                                 




Per una poesia americana di Giuseppina Geluso

tradotta e ritradotta in italiano e in siciliano con scrupolo
da Mario Gallo




  Firenze, 23 novembre 2010

ciao, un quesito: ho tradotto, in italiano e poi in siciliano, per una signora 89nne siculo americana, che conserva una venerazione per la memoria del nonno, emigrato da Caltabellotta, una sua poesia in inglese (vedi allegato).
Ho tradotto "papaveri" con paparina, ma ripensandoci credo di avere sbagliato: il plurale dovrebbe essere "paparini. Dico bene?
Grazie, un abbraccio, Mario







Ten Thousand Poppies



When only a child

he left sapphire blue

of Sicilian sky

peacock palette

of Mediterranean

fields of poppies

ran down towards the sea

ten thousand blooms

of blazing red

rolled in swells

of soft tropic breezes


his tales beckoned me

to his isle

across the great ocean

a world unlike mine


the fields I found

the poppies gone

ten thousand wildflowers

run down towards the sea


transfixed I gazed

at flowering fields

a young boy

romped in childish joy

my father’s abandon

as he danced among

ten thousand poppies







Diecimila papaveri


Quando, appena un bambino,

lasciò il blu zaffiro

del cielo di Sicilia

variopinta tavolozza

del Mediterraneo


campi di papaveri

scorrevano verso il mare,

diecimila fiori

di fiammeggiante rosso

riversati nel gonfiore

di morbide brezze tropicali


le sue storie mi chiamarono

alla sua isola

attraverso il grande oceano,

un mondo diverso dal mio


i campi che trovai,

i papaveri perduti,

diecimila fiori selvatici

scorrevano verso il mare


pietrificata, guardai

verso campi fioriti,

un ragazzetto

ruzzava in fanciullesca letizia:

l’abbandonarsi di mio padre

mentre danzava

fra diecimila papaveri







Decimila paparini


Quannu, era un picciriddu,

lassau u blu zaffiru

dû celu sicilianu,

tavulozza di milli culura

dû mari nostru Miditirraniu;


tappita di paparini

arruzzuliavanu a mari,

decimila ciuri

di russu focu

sdivacati nto ‘nsaccu

di rizzatura di ventu ‘ntra mari;


i storî chi cuntava mi chiamaru

all’isula chi lu vitti nasciri

navicannu pi lu mari ‘nfinitu,

nautru munnu pi mia;


i campìa c’attruvai,

i paparina oramai persi,

versu u mari ora currianu

decimila ciuri sarvaggi;


alluccuta, taliai

nto ‘nmari di campìa ciuruti

un picciutteddu

pazzu di gioia:

l’abbannunarisi di me patri

mentr’abballava

‘nmezzû decimila paparini.









Foto di Mara Gioia

domenica 22 febbraio 2015

"MONUMENTO AL CORAGGIO" DI CALOGERO RESTIVO



Quando ricevo posta in paese entro in una sorta di ansia perché non vedo l'ora di aprire quella busta o quel pacco e vedere di cosa si tratta o, se lo so, non vedo l'ora di leggere ciò che mi scrivono, di scorrere una rivista, sfogliare il libro di un amico.
- Ma è arrivata? - mi chiedono i mittenti se vedono ritardare la risposta che ne confermi la ricezione. 

A volte non lo so nemmeno io, per saperlo debbo andare in paese, non sempre infatti riesco ad identificare la posta arrivata dalla descrizione che me ne fa mia mamma nella cui abitazione la posta approda come un gabbiano dopo un lungo volo, né mi va di tartassarla con domande precise perché la metterei in ambasce, da pochi indizi però me ne faccio un'idea.

Ma alla domanda, qualche giorno fa,  di Calogero Restivo, non ho saputo rispondere perché la posta a volte resta religiosamente sigillata per  una sorta di rispetto, specialmente se mia madre, da certi indizi o a naso, se la prefigura di una certa importanza, di una certa riservatezza. Il mistero rimane intatto.
Cosicché, all'attesa trepida di Restivo si è aggiunta trepida la mia, non vedendo l'ora di andare in paese per rifornirmi di affetti, di sapori tradizionali e aprire finalmente la busta con il libro atteso.
E in effetti, l'ho trovato, con dedica.



E' stata una piacevole sorpresa, anche se me l'aspettavo, si trattava infatti di una raccolta di poesie, quella che non mi aspettavo era la traduzione in rumeno. "Traducere ín limba română de Daniel Dragominescu, Ana-Maria Oncescu".
L'ho sfogliato, nel giro di qualche ora l'ho letto e vi ho ritrovato l'inconfondibile voce, con il tono e la cadenza di un sentimento antico, di una sensibilità moderna.
Non mi diffondo oltre per non interferire con me stesso visto che della poesia di Restivo mi sto occupando per altri versi.
Tra tante poesie lette, ne ho scelto una per  condividerla con amici e visitatori che bazzicano da queste parti. A loro vorrei dedicarla, a voi, al coraggio di ciascuno. 
















giovedì 4 dicembre 2014

LA PROMESSA, COMMUTATA, DI VINCENZA






El amante español

Vicenta me prometió cuatro tallos
De su jardín cuando florecieran

No quiero la flor entera ni tampoco
El tallo, todo lo que yo quiero es
Un pequeño beso de Vicenta.






Lu nnamuratu sicilianu

Vicenza mi prummisi quattru trunza
nni l'urticieddu so  quannu 'ncumenza.

Nun vuogliu né cavuli né trunza
vuogliu na vasatedda di Vicenza.







Lo spasimante italiano

Vincenza mi ha promesso sparacelli
del suo giardino quando saran pronti.

Non voglio cavoli e manco sparacelli,
ma, da Vincenza, baci. E solo quelli.





Canto d'amore della tradizione popolare siciliana.
Mia liberissima traduzione in italiano.
Traduzione in spagnolo della mia amica Paqui López Buyo




La versione in siciliano è riportata in A lu Raffu e Saracinu. Storia pi cantastorii (Lavoro e altro nei luoghi d'acqua racalmutesi, “La Bottega di Hefesto”, Palermo 1988. Prefazione di Salvatore Pedone.

Foto ©pierocarbone

sabato 4 ottobre 2014

LU LUSTRU FA MURIRI / LIGHT KILLS




lu lustru fa muriri


     “Su oscuridad, su luz, son belezas iguales.”
       Luis Cernuda, Quisiera estar solo en el Sur.
                                  
                                                                                  La sua oscurità, la sua luce, sono bellezze uguali.



Scavà trent’anni un muru
cchjossà di quattru metri,
e notti e juornu sempri era a lu scuru.
Comu un cunigliu scava sutta terra
iddru scavà ppi vidiri lu suli.
Na cucchjareddra comu scavaturi.

Nivura pena e nivura cunnanna.
Muratu vivu, sulu ntre na turri.
Quannu lu muru tuttu spirtusà,
vitti lu lustru. Un lampu. Assaccumà.

L’àppi a disiddèriu di nna vita
na hiacchiteddra, granni quantu un ugnu
pi vidiri scurari e po’ agghiurnari.

Suli,
 disiddèriu di nna vita,
un pirtusiddru è granni quantu un mari.
Lu scuru è morti.
Lu lustru fa muriri.








La luce fa morire. Scavò per trent’anni un muro / (spesso) più di quattro metri, / e notte e giorno sempre era al buio. / Come un coniglio scava sotto terra / lui ha scavato per vedere il sole. / Un cucchiaio per escavatore. // Nera pena e nera condanna. / Murato vivo, solo dentro una torre. / Quando il muro ha completamente forato, / ha visto la luce. Un lampo. Rantolò. // Lo ebbe come desiderio di una vita, / uno spiraglio grande quanto un’unghia, / per vedere annottare e poi aggiornare. // Sole, / desiderio di una vita, / un forellino è grande quanto un mare. / Il buio è morte. / La luce fa morire..

Da  "The Poet Sings For All / Lu Pueta canta pi tutti", Legas, New York - Ottawa 2014. Introduzione e traduzione di Gaetano Cipolla.

Link correlato:
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2014/09/nino-provenzano-e-lu-pueta-canta-pi.html


mercoledì 10 settembre 2014

NINO PROVENZANO E "LU PUETA CANTA PI TUTTI / THE POET SINGS FOR ALL" SU "ARBA SICULA"

Sul numero XXXV della rivista bilingue "Arba Sicula" Nino Provenzano ha recensito il mio libro di poesie dialettali Lu Pueta canta pi tutti / The Poet Sings for All tradotte in inglese da Gaetano Cipolla. Un sentito grazie a Nino Provenzano per l'attenzione critica e al direttore di "Arba Sicula" il prof. Gaetano Cipolla.













Foto propria: Salita del Raffo 1988