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venerdì 4 aprile 2025

SE NE PARLERÀ OGGI A CALTANISSETTA. Archivio fotografico di Louise Hamilton Caico


Una donna eccezionale in mostra nel 2014 anche a Racalmuto (al Castelluccio e al Castello Chiaramontano), in collaborazione con Calogero Messana, Attilio Gerbino, Angelo Cutaia Di Racalmuto e Piero Baiamonte. Nel blog Archivio e Pensamenti me ne sono occupato ampiamente https://archivioepensamenti.blogspot.com/.../menza... . Ora, apprendo con piacere che di lei, delle sue foto in particolare, se ne parlerà domani alla Sovrintendenza di Caltanissetta --- Un’altra mostra si è tenuta a Caltagirone (con Attilio Gerbino e Sebastiano Favitta )
Non posso non ricordare l'iniziale e proficuo contatto con Federico Messana, residente a Milano, che mi ha indirizzato al fratello Calogero che deteneva le foto della Caico. Da questi felici incontri sono scaturite in seguito tante iniziative per valorizzare la figura e l'attività di Louise Hamilton Caico nelle sue diverse sfaccettature. Purtroppo, nonostante l'entusiasta accoglienza della proposta, è sfumata la mostra che si doveva tenere presso una prestigiosa istituzione universitaria di Palermo, per difficoltà tecnico-organizzative.

sabato 17 agosto 2019

FOTOGRAFI DI TUTTA LA SICILIA, STA NASCENDO... Il Villino Favaloro di Palermo diventerà Museo. Enzo Sellerio lo desiderava

Il Villino Favaloro di Palermo diventerà MUSEO DELLA FOTOGRAFIA. 
Enzo Sellerio ne sarebbe stato contento, lo desiderava; 
una volta gliel'ho sentito ipotizzare.

Il Museo accoglierà, c'è da immaginarlo,  il patrimonio prezioso di tanti fotografi siciliani. 
Chissà se le fotografie dell'antesignana Louise Hamilton Caico
dopo essere state esposte alla Galleria Fotografica "Luigi Ghirri" di Caltagirone
potranno esporsi nel nuovo Museo della Fotografia di Palermo: 
sarebbe un ritorno nella città dove visse per qualche tempo 
oltre un secolo fa.


lunedì 28 maggio 2018

MA PERCHÈ I SICILIANI NON SI RIAPPROPRIANO DI FILIPPO SCROPPO DI RIESI? Attilio Gerbino ci rammenta che è incluso tra i "Maestri del Novecento"


Filippo SCROPPO
(Riesi 1910 - Torre Pellice 1993)
Autoritratto, 1938
Olio su cartone intelato, cm 74 x 57
Galleria degli Uffizi, Firenze
 


Filippo Scroppo, un riesino doc tra i "Maestri del Novecento"
di 
Attilio Gerbino




Anniversari per palati fini.  
Riesi a Firenze: 1581, 1681, 1981.

Gli anniversari, si sa, sono un'occasione ghiotta per enti e istituzioni che, avendo a cuore l'identità storica della propria comunità, riescono a "risarcire", in tal modo, i "debiti" e le "dimenticanze", più o meno consapevoli, con la storia.

Nel 1581 - nell'edificio voluto dal primo Granduca di Toscana, Cosimo I de’ Medici, e commissionato al suo artista di fiducia, Giorgio Vasari, “in sul fiume e quasi in aria”, con quel corridoio che passerà alla storia come "vasariano" - per volere di Francesco I si allestisce il primo nucleo museografico della futura Galleria degli Uffizi, all'ultimo piano del complesso a due passi da Piazza della Signoria e Palazzo Vecchio.

Mentre si delineava la magnifica futura Pinacoteca, nel corso del Seicento, il cardinal Leopoldo de' Medici dava vita alla collezione degli ritratti d'artista che oggi ospita anche due autoritratti del pittore di Riesi Filippo SCROPPO: uno del 1938, protagonista di questo post, e uno del 1942, la cui storia è narrata in un post di domenica 20 maggio 2018.

Nel 1681, nel primo centenario della Galleria, Cosimo III, con la sistematica catalogazione e nuove acquisizioni, da un notevole impulso alla collezione di autoritratti del cardinal Leopoldo e la destina proprio agli Uffizi.

Nel 1981, quarto centenario del Museo e terzo dell'ingresso in Galleria della collezione di autoritratti, entra in gioco, grazie ad una brillante intuizione di Luciano Berti (1922 - 2010), l'acquisizione del primo autoritratto, datato 1938, del pittore nato a Riesi 1910, Filippo SCROPPO.

Berti - importante storico dell'arte, già direttore del museo del Bargello a Firenze, dal 1969 al 1987 viene chiamato a dirigere gli Uffizi - per ampliare la collezione del Corridoio Vasariano proprio nel 1981 invita i maggiori artisti contemporanei a donare i loro autoritratti e, nel corso dell'anno, riceve un primo cospicuo gruppo di opere di alcune delle più grandi personalità del Novecento: da Renato Guttuso a Giorgio Morandi, da Giacomo Manzù a Robert Rauschenberg.

Filippo SCROPPO, oramai in pensione, in quei mesi tra il 1981 e l'82 si trova a Cambridge per ragioni famigliari mentre i primi centoquindici autoritratti sono esposti in una mostra, nella Sale della Niobe, a partire dal 19 dicembre 1981.

A Firenze, visto il successo dell'iniziativa, il lavoro di ricerca di nuove opere prosegue e nell'autunno del 1982, su segnalazione dello stesso Berti, tre ispettori del museo visitano SCROPPO e lo invitano a donare un autoritratto per la nuova collezione "Maestri del Novecento", destinata al Corridoio Vasariano su Ponte Vecchio: l''autoritratto del 1938 così, in un primo momento, viene esposto nella Sala della Niobe, nella mostra prolungata fino al 5 marzo 1983, quindi passa alla collezione permanente.

E questa è Storia di ieri, di oggi e destinata ad essere Storia di domani.






Filippo SCROPPO (Riesi 1910 - Torre Pellice 1993)
Autoritratto 1942
Olio su cartone, cm 42 x 35 - Galleria degli Uffizi, Firenze


POST DEL 20 MAGGIO 2018
Una storia per palati fini
di Attilio Gerbino


Riesi, Torino, Locarno e Firenze.

La Seconda Guerra Mondiale imperversava su Torino e l'Europa quando il pittore Filippo SCROPPO (Riesi 1910 - Torre Pellice 1993), come solevano fare tanti soldati nel clima di indefinita precarietà della guerra, donando il proprio ritratto al caro amico Bartolomeo Gallo (noto ingegnere torinese, autore di notevoli restauri su importanti edifici religiosi subalpini e appassionato cultore di fotografia nonché amico del Circolo degli Artisti di Torino) lo completa con una dedica che ancora si legge in basso a destra e che, nella sua essenzialità, "tradisce" tutta la forza del legame più duraturo che possa unire due persone: "A Gallo mio amico. F. Scroppo".

Gallo, colto e attento collezionista d'arte contemporanea, probabilmente tenne molto caro il ritratto dell'amico SCROPPO, ritratto che, alla sua morte nel 1970, con la dispersione della sua collezione passa da Torino a Locarno, nella Svizzera italiana, dove intanto andava maturando e crescendo un'importante collezione di autoritratti d'artista: quella del raffinato imprenditore ticinese Raimondo Rezzonico.

Nato nel 1920, Rezzonico, uomo concreto e dalle forti passioni, era anche un grande ottimista: soleva dire "solo alla morte non c'è rimedio". 

Nonostante l'impegno nell'azienda editoriale ereditata dal suocero, Rezzonico coltiva le sue passioni artistiche come il cinema (assumendo per vent'anni la presidenza del Festival Internazionale del Cinema di Locarno lo porterà ad essere il quarto al mondo, dopo Cannes, Venezia e Berlino) e il collezionismo artistico raccogliendo, tra gli altri, ben duecentonavantacinque autoritratti dei maggiori artisti italiani ed internazionali del Novecento tra i quali ... questo del pittore di Riesi Filippo SCROPPO.

Nel 2003, due anni dopo la morte inattesa di Rezzonico (2001), l'allora direttrice del Museo degli Uffizi, Annamaria Petrioli Tofani, raccoglie l'auspicio degli eredi dell'illuminato imprenditore ticinese affinché la collezione di ben duecentonovantacinque autoritratti pervenisse alla Galleria Fiorentina, riconoscendo così il grande valore culturale e storico dei dipinti e degli artisti rappresentati.

La trattativa, sostenuta anche da Antonio Paolucci - importante storico dell'arte italiano, già ministro per i beni culturali e ambientali, soprintendente per il Polo Museale Fiorentino e direttore dei Musei Vaticani - durerà circa due anni per concludersi positivamente nel 2005.

Con delibera del 14 settembre 2005, il Consiglio d'Amministrazione della Soprintendenza per il polo museale fiorentino approva la proposta di Paolucci e il Museo degli Uffizi si assicura la prestigiosa collezione di Raimondo Rezzonico portando la raccolta fiorentina (che già ospitava un altro autoritratto di Filippo SCROPPO protagonista di un prossimo post) a contare oltre milleseicento esemplari.

E arriviamo alla conclusione di questa storia "per palati fini", un tour che partendo da RIESI - dove SCROPPO nasce il primo gennaio del 1910 e vive fino al 1934 - ci ha portati a TORINO - dove il pittore, che vi si era trasferito, dipinge il suo autoritratto nel 1942 per l'amico Gallo - a LOCARNO - dove il raffinato collezionista Rezzonico, dopo l’acquisto, lo conserva fino alla morte - per arrivare a FIRENZE- dove il ritratto trova sede definitiva, nella più prestigiosa raccolta di autoritratti al mondo -.

Esporre contemporaneamente oltre milleseicento autoritratti è un'impresa che neanche gli Uffizi, al momento, possono permettersi per questioni di spazio. Da qui la decisione di destinare una selezione di solo quattrocento dipinti al luogo forse più magico di Firenze: il Corridoio del Vasari - per intenderci quel Giorgio Vasari, pittore e architetto, autore de "Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori" pubblicato nel 1550 -.

Ancora oggi il Corridoio Vasariano scavalca l'Arno, a Firenze, per collegare la Galleria degli Uffizi al Palazzo Pitti portandosi "sul dorso" una selezione scelta di autoritratti e da oltre cinque anni anche Filippo SCROPPO - di Riesi - accoglie gli ospiti internazionali venuti ad ammirare le effigi dei maggiori artisti mondiali, dal XVI al XXI secolo.

Lui - Filippo SCROPPO - portando in didascalia "Riesi 1910" ha questo onore in compagnia di autori, tra gli altri, quali Giacomo Balla, Francesco Clemente, Giorgio De Chirico, André Derain, Jim Dine, Lucio Fontana, Renato Guttuso, Oscar Kokoschka, Fernand Léger, Antonio Ligabue, Henri Matisse, Francis Picabia, Michelangelo Pistoletto, George Roualt, Mario Sironi, Victor Vasarely ... e questo è Storia di ieri, di oggi e di domani, al di là di chiunque sarà tanto accorto da saper comprendere e raccogliere ...





lunedì 13 luglio 2015

TROVARSI CON I RITRATTI DI GERBINO PER LE STRADE DEL MONDO. Mostra fotografica (Agrigento, "Officina delle Arti")

Dopo la mostra di disegni  "La linea del mare"

 http://archivioepensamenti.blogspot.it/2015/05/la-linea-di-gerbino-mostra-di-disegni.html

Attilio Gerbino riprende e continua il suo "discorso" fotografico. O vuole essere un dialogo?








ATTILIO GERBINO
Mitopolis
Mostra fotografica

Agrigento, Officina delle Arti
1 luglio - 1 agosto 2015

Testi critici di Marina Benedetto, Pierluigi Rosso, Raffaella Valenti



I
LA CITTA' IDEALE DI ATTILIO GERBINO

E non è un’invenzione
e neanche un gioco di parole
se ci credi ti basta perché
poi la strada la trovi da te
Son d’accordo con voi
niente ladri e gendarmi
ma che razza di isola è?
niente odio e violenza
né soldati né armi
forse è proprio l’isola
che non c’é… che non c’è

Edoardo Bennato, L’isola che non c’è, 1980



La prima volta che ho visto le tavole di Mitopolis, ho sorriso, e ho pensato alla biografia del suo Autore, Attilio Gerbino, architetto: ecco la mappa della sua città ideale. Una città dove ogni abitante può intitolare una strada al proprio mito individuale, che sia personaggio esistito, immaginario, pubblicitario o fumetto. Gli dei e gli eroi sono scesi sulla terra, sono entrati nelle pagine dei libri o nei solchi del vinile, e il cavallo col quale si lanciano in battaglia è il bolide d’acciaio di un moto GP: qui ciascuno è libero di dare spazio ai sogni e costruire la sua geografia del cuore.




Il tema della città ideale - che accompagna la storia dell’uomo dai tempi di Platone, che si colloca al centro del dibattito artistico-architettonico in epoca rinascimentale - si esplica in questo fantasioso e colorato progetto dell’Artista riesino, naturale continuazione del precedente ciclo di Leo sum. Il tema - proprio come in Leo sum - è ancora quello del vivere, delle nostre storie vissute in prima persona, dei ricordi, dei sogni che ciascuno coltiva nel proprio io privato: Attilio Gerbino è uno psicoterapeuta dell’anima, capace di usare la macchina fotografica per far venire a galla le nostre emozioni.






Così nasce Mitopolis, città senza tempo e senza confini, ci puoi trovare boulevards e streets, vicoli e caminiti, gli abitanti sono tutti i cittadini del mondo, non ci sono lingue o razze che la facciano da padrone. Ciascuno dei soggetti fotografati si mette in posa divertito, un pezzetto di sogno è divenuto realtà. Esiste.

Un paragone letterario è d’obbligo, come non pensare all’Utopia di Thomas More, sogno umanistico di una società pacifica dove è la cultura a tracciare le regole di un quieto vivere dei suoi abitanti? Utopia, “l’ottimo luogo che non è in nessun luogo”, piccola isola in cui si lavora il minimo indispensabile per riappropriarsi del proprio tempo libero, da dedicare allo studio e al riposo, in una società che vive libera e senza conflitti. Finalmente.

I cittadini di Mitopolis sono infiniti: come in un gioco di specchi lo spettatore diventa soggetto in mostra e proietta nelle strade private di questa polis ideale il proprio mito. La sfida di Attilio Gerbino è vincente, ancora una volta: a caccia di suggestioni armato solo di un obiettivo, moderno aedo in digitale, egli esplora il mondo invisibile dei nostri sogni e delle nostre nevrosi, e ci consegna un universo confezionato su misura per ciascuno di noi.

                                                                                       Marina Benedetto
maggio 2015




II

MITOPOLIS COME LE CITTÀ INVISIBILI

È delle città come dei sogni: tutto l'immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure.
Italo Calvino - Le città invisibili.

Prendo spunto, in questa mia breve digressione sulla presentazione di Mitopolis, da una serie di considerazioni di Italo Calvino tratte da uno dei suoi libri più visionari e organici, Le città invisibili.

A ogni componente della galleria di umanità presentata da Attilio Gerbino viene offerta la possibilità di esibire la sua strada ideale: questa via non è soltanto una dedica ad un personaggio appartenente alla propria mitologia personale, ma il mito prende la forma e la fisicità stessa di chi va a esporre - in un gioco di rimandi che sostituisce l’hic et nunc del ritratto stesso - il proprio sogno di un’altra identità.




La ricerca di un altrove e di un altro essere (inteso come identità soggettiva) è la via di fuga che Attilio Gerbino offre ai suoi ospiti, concedendo loro l’opportunità poietica di trasfigurare un sogno.
Calvino riteneva che per sfuggire all’inferno che ci circonda - e che ci creiamo nel nostro vivere sociale e relazionale - esistano due modi:

Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

L’alter ego offerto da Gerbino vuole donare l’opportunità di una città vivibile interiormente tramite l’utopia di un essere mitizzato, che concentra in sé tutte le aspettative vitali. La via che ogni singolo soggetto fotografato indica è la trasposizione metonimica di una città concettuale, non solo in senso strutturale ma anche immaginifico, al pari di ciò che accade in quella Città del sole preconizzata da Tommaso Campanella.

La forza di questa operazione a mio avviso sta nell’esprimere l’aspetto serioso del desiderio di evasione con un mezzo brillantemente ironico: l’esposizione di un cartello da parte di chi si è messo in posa, quasi fosse uno slogan, novello scioperante, per un attimo giocoso, da se stesso.

                                                                                                            Pierluigi Rosso

Savona,14 maggio 2015





III

PERCHÉ …

Per quale motivo vivere? Perché siamo nati? L’eterno interrogativo che accompagna l’uomo moderno, il cui sentirsi orfano predestinato lo porta a spersonalizzarsi per identificarsi nel volto di qualcun altro e, inevitabilmente perdersi tra mille volti anonimi. L’atemporale ricerca ontologica, insita nell’animo umano ingaggia la lotta con l’ineluttabile desiderio di scavalcare la mediocrità per ritrovare l’identità perduta. 

A fronte di una reazione e risposta alla tragicità contemporanea, al tedio esistenziale la rilettura e riscrittura del repertorio mitografico al quale Attilio Gerbino concede di attingere ai suoi personaggi, assurge a strumento per rispondere alla questione civile, sociale ed esistenziale.

Del mito si avvale per indicare una via percorribile. Con le parole di Marguerite Yourcenar offre all’anonimo volto  la possibilità di scrivere in un assegno in bianco la cifra che preferisce. 
Il risultato è stravagante, inatteso ma segno tangibile che il mito diventa l’alterità con cui confrontarsi e lo strumento per eliminare i sigilli ai territori corporei. 



Il viaggio tra il ricco e repertorio mitografico si fa creazione di una nuova e stramba, forse, mitologia culturale e, sulla scia della moderna speculazione psicologica dei miti, indagine introspettiva dell’io che, in uno slancio narcisistico si rispecchia nell’alterità.

Sogno di un altro io possibile, passione nell’accezione stoica di irrequietezza di bisogno di rinnovarsi, di recuperare certi valori tradizionali o, semplicemente essere accomunano la rilettura in chiave iconografica, artistica che opta per la fotografia affidando alla scrittura della luce istantanea e repentina il desiderio di raccontarsi. 

Un istante di luce che illumina l’ignoto e indica uno spiraglio, una via da seguire per appagare la sete di conoscenza di sé, sondare la psiche, costruire significati e, finalmente, essere
Il repertorio fotografico intriga per la vanità con cui il mito si afferma per parlare dell’anima all’anima. 



Nel viaggio tra le immagini restituite incontriamo Paperino, l’antieroe per eccellenza, incarnazione del nevrotico, dell’uomo frustrato, Averroè e la sua analisi sulla duplice natura dell’anima; incontriamo Gaber, l’uomo che in un dato momento della propria vita si stanca di recitare ruoli e decide di recitare se stesso, di essere semplicemente il Signor G, un uomo comune dalle mille contraddizioni e dolori poiché come recita Agrado nel ben noto monologo del film Tutto su mia madre “[…] una è più autentica quanto più somiglia all’idea che ha sognato di se stessa”.  



E poi, irrompe il femminile con il mito Rihanna e Puffetta spazzando via il mito della donna angelicato che ha smesso di soffocare, che non vuole più privarsi del respiro vitale e aggrapparsi a sogni impossibili.

I sigilli corporei sono ormai spezzati e l’anima urla dal profondo di sé il rifiuto di accettare l’inesorabile fato tessuto dalle Parche e tenta di trovare l’identità perduta per affermarsi. 
In questa chiave la sopravvivenza del mito, in se stesso suscettibile di diverse modificazioni e riletture, è garantita e si offre come porto sicuro dove sostare.  

                                                                   Raffaella Valenti
Catania, maggio 2015


 



Trovarsi e ritrovarsi con



Da sx: Giuseppe Calascibetta, Rosario Riggio, Attilio Gerbino,
Giuseppe Vella, Stefania Millitarì e Filippo Bordonaro.

e con

Attilio Gerbino
Angelo Pitrone
 Tano Di Mora
Lillo Rizzo
Giovanni Proietto
Nello Basili
Dario Orphée














Foto ©archivioepensamentiblog

domenica 17 maggio 2015

IPSE DIXIT? MA NO! SEMPLICEMENTE SCRIPSI

archivio e pensamenti: LA LINEA DI GERBINO. Mostra di disegni su foglietti di taccuino, a Caltagirone.


Caro Attilio, ma che mi combini? Purtroppo, come ben sai, non mi è stato possibile intervenire all'inaugurazione, pertanto, sto vedendo solo ora, tramite fb, quale onore hai concesso al mio post mettendolo sotto cornice a giorno ed esponendolo alla mostra dei tuoi disegni. Ma io nel post pubblicato precedentemente sul blog ho voluto riportare semplicemente una testimonianza sulla nostra amicizia e soprattutto sulla tua attività. Comunque, grazie. E ancora auguri per la mostra.



P. S.
Post su post. Sembra un gioco...
I post una volta pubblicati hanno una loro vita, non dico autonoma, ma sicuramente imprevedibile, a volta piacevole, a volte meno. E' il destino in ogni caso di ciò che si rende pubblico.  

venerdì 1 maggio 2015

LA LINEA DI GERBINO. Mostra di disegni su foglietti di taccuino, a Caltagirone.


L'avevo conosciuto come bravo fotografo, l'avevo apprezzato come grafico, ma soprattutto per me, per tanti, Attilio Gerbino era l'animatore, assieme a Sebastiano Favitta, della Galleria "Ghirri" di Caltagirone e con lui in quella veste avevo avuto modo di collaborare in diverse occasioni, a proposito delle mostre fotografiche di Arturo Patten, di Angelo Pitrone sul Luoghi del romanzo e di Louise Hamilton Caico. 
Con sorpresa pertanto appresi lo scorso autunno l'intenzione di una mostra tutta sua come... pittore. 
"Nasco come pittore" mi disse a fugare ogni mio dubbio sulla nuova identità artistica. 

Di colpo mi spiegai il gusto del grafico che non si limitava a organizzare tipi e corpi di carattere e icone preconfezionate su una superficie prestabilita. 

Ero in attesa di poter conoscere la sua pittura quando mi ha coinvolto in questa mostra imprevista e nata quasi per gioco in riva al mare: ormai l'impeto artistico incominciava ad essere irrefrenabile. E inesorabile, poiché, l'artista frappone tra sé e la realtà un diaframma che lo porta a rappresentare la realtà, non soltanto a viverla, a subirla, diciamo istintivamente, allo stato puro, consolidandosi invece nell'interiore geografia mentale e sentimentale una sorta di forma mentis, una perenne disposizione d'animo, quasi fosse un continuum che si manifesta nei modi e con mezzi imprevisti e occasionali, come ad esempio alcuni foglietti di taccuino e una biro blu. Blu come il mare, ma diciamo che, pur trovandosi a un passo da esso, quasi quasi il mare non c'entra come estivo e invitante elemento acqueo bensì come idea. Nitida. Asciutta.

E siccome una mostra non si racconta ma soprattutto "si vive", ad essa si rimanda: solo in quell'occasione si avrà modo di apprezzarla e ritenere più o meno opportune, più o meno stimolanti, le riflessioni critiche a corredo.



Al Castelluccio, 2013.
Alla mia sinistra: Sebastiano Favitta, Angelo Cutaia, Attilio Gerbino



Attilio Gerbino con Sebastiano Favitta a Montedoro, 2013
(Raccolta civica di Calogero Messana)

Caltagirone, febbraio 2014
Inaugurazione della mostro fotografica di Louise Hamilton Caico
In primo piano, Attilio con il critico Pippo Pappalardo