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mercoledì 8 marzo 2017

UN LIBRO E L'8 MARZO. "Di schiena" di Anna Burgio: Jeanne Hébuterne senza Modigliani?

Curiosa coincidenza: terminare oggi, otto marzo,  la lettura del libro Di schiena dell'amica Anna Burgio, dedicato a Jeanne Hébuterne, ultima compagna di Amedeo Modigliani.

Di amore si tratta. Di donne. Con una particolare prospettiva: se nella realtà, preminente, in primo piano, è la vita dell'artista geniale e "maledetto" Modigliani detto Modì, il principe di Montparnasse, nel libro la prospettiva è rovesciata e balza in primo piano chi era quasi relegata nello sfondo come compagna e come discreta artista in proprio, avviene il miracolo di una quasi assenza che si staglia in primo piano come una presenza forte, lei, Jeanne, Nenette, che si annulla come completamento di un totalizzante processo di autoaffermazione.
Una vicenda che si staglia netta, grazie alla scrittura di Anna, ai suoi certosini riscontri, al suo trasporto.
Una sintonia che si coglie tra donne. Quasi una complicità.






martedì 9 ottobre 2012

IL MITO DI PARIGI



Modica, 2012


"Andare a Parigi era a quell’epoca, ed è stato sempre, come darsi a un mestiere, a una professione o a un corso di studi. Vivere in quella gran città voleva dire imparare, capire il mondo, fiutare il vento. L’avervi passato qualche anno e magari soltanto qualche mese, poteva dare gloria per tutta la vita anche a un tipo qualunque, solo che avesse saputo raccontare le sue gesta, immancabili, perché nessuno poteva vivere a Parigi senza capitare dentro casi e vicende degne di venir raccontate".



2012




Così scriveva lo scrittore di origini siciliane Piero Chiara nel romanzo Il cappotto di astrakan del 1978.
E sappiamo cosa ha rappresentato  Parigi per tanti artisti e letterati: superare il test parigino significava ottenere il lasciapassare per un probabile accesso alla storia.
Storia di artisti, s’intende, ma del calibro di Picasso e Modigliani.
E ciò valeva anche per tanti francesi che per sprovincializzarsi si recavano  da est e da ovest da nord e da sud nella capitale, che non era soltanto una capitale politica. Era un laboratorio per reinventare il mondo e i rapporti sociali. Era una capitale morale. Estetica. Di pensiero. Di libertà. Di fantasia. D’azzardo e quindi di fame, ma anche di gloria. La gloria! Il prestigio del nome conseguito, consacrato, riconosciuto. Il successo, insomma.
Ma lo è ancora oggi?
O la Parigi storica è piuttosto una metafora, mentre il sovramondo di Internet è la nuova Parigi operativa? Con una diversa anima, ovviamente, ammesso che ce l'abbia.



Bello sarebbe a questo mondo poter acquistare il virtuale senza perdere il reale. E viaggiare…
                                                                                                                           P. C.



2012