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domenica 17 aprile 2016

QUEL FUGACE "DIALOGO" CON MIMMO GERRATANA. Testimonianze di Antonio Ortoleva e Salvo Butera (Post del 17.4.2016)


screen capture:


Ci sono rimasto male ieri nel leggere sul profilo facebook di Antonio Ortoleva la sua costernata e immediata comunicazione su Mimmo Gerratana.
Delicata, precisa, per il giornalista scomparso. L'ho conosciuto; l'ho apprezzato: un signore; generoso. 
Me lo segnalò Pino Giacopelli e più di una volta andai a trovarlo al "Giornale di Sicilia". Tanto tempo fa. 
Fu molto disponibile a leggere un mio esile libretto, mi incoraggiò, ne scrisse. 
Non lo fece certo per ingraziarsi un potente marchio editoriale, piuttosto volle incoraggiare la persona sostenendone la scrittura, senz'altra contropartita. Credo che sia merce rara. 
Qualche volta ci fu un accenno ai suoi interessi letterari o meglio al rammarico di non potervisi dedicare come avrebbe voluto. 

Ho espresso il desiderio di riportare la nota di Antonio Ortoleva nel blog e lo ringrazio per l'affabile risposta:
"Liberamente Piero. Ha ragione lei, merce rara." 




La testimonianza di Antonio Ortoleva:


"Ci ha lasciati uno dei migliori giornalisti italiani, Mimmo Gerratana. E' morto al giornale improvvisamente, sconvolti i colleghi. Era il perfetto esemplare del giornalista perfetto: di prim'ordine nella professione, di etica inviolabile. Dualità imprescindibile. Inoltre, possedeva grandi capacità maieutiche, avendo allevato tanti giovani collaboratori, e soprattutto una cultura letteraria e non solo, inusitata per un giornalista.

Il mio ricordo personale: l'ho conosciuto poco più che ragazzo nel "clan Testa", un gruppo di scrittori e letterati "clandestini" capitanati dall'adorabile guru Tanino, uomo del Gruppo 63. 

Poi al Giornale di Sicilia. Facevamo negli anni Novanta un giornale delle borgate di taglio antimafia e Mimmo collaborava ad ogni numero e partecipò ad addestrare i ragazzi.


Dedicammo un'uscita al tema dei migranti e lui realizzò un reportage sulla letteratura mediterranea contemporanea, partendo dalla Corsica e risalendo su per i Balcani. Pochi in Europa sarebbero in grado di scrivere un articolo del genere.

Su uno di quei gommoni, concluse, poteva arrivare un premio Nobel. Quando qualcuno muore si scrive di una bella persona.

Questa volta non è retorica, ma cristallina verità"



Dall'articolo a lui dedicato sul suo "giornale", nell'aggiornata versione on line, a firma di Salvo Butera, trascelgo le annotazioni che rimandano ai suoi interessi letterari:


"Inoltre, ha sempre coltivato una passione per la letteratura e la poesia: aveva anche pubblicato una raccolta di liriche nel 1992 con il Girasole editore dal titolo “L’ombelico del mondo”:

«Un “diario” in cui l’autore ha trascritto impressioni e considerazioni sulla probabile e ancestrale rapportabilità che gli esseri hanno con le mutazioni interne ed esterne». Recentemente aveva anche pubblicato romanzi e altre raccolte in formato ebook e teneva un blog, “I sensi della letteratura - Pulsioni e ideologie”, che ha aggiornato anche oggi.
Di se stesso diceva:

«Mi guardo intorno, non solo a Palermo dove vivo, cerco di scrutarmi anche dentro e a volte produco testi, letterari o meno, come risultati delle mie piccole indagini private». Professionista dalla grande serietà e umiltà, non amava la ribalta né l’autocelebrazione. Sempre pronto e disponibile nel trovare soluzioni a piccoli grandi problemi quotidiani."

Salvo Butera, "Lutto al Giornale di Sicilia, è morto Mimmo Gerratana", in http://gds.it/2016/04/16/lutto-al-giornale-di-sicilia-e-morto-mimmo-gerratana_501150/





Rileggendo a distanza di tanti anni questa recensione, che conservo gelosamente in un ritaglio stampa, apprezzo ancor di più l'attenzione, la cura direi, che Mimmo Gerratana, in una redazione giornalistica, prestava alla scrittura anche quando si presentava nelle forme più dimesse e meno eclatanti, riscattando una scrittura di routine in occasione di riflessione di non effimera durata e non da bruciare distrattamente al ritmo incalzante di un quotidiano.
Un'idea della scrittura sicuramente molto distante da chi, anche nel mondo giornalistico, rincorre il successo ad ogni costo, da chi compulsa i riscontri pratici insomma di un'attività, la scrittura, che dovrebbe essere altro.

Grazie, Mimmo.




domenica 22 novembre 2015

TRAMONTO DI COLORI. Con i versi di Giacopelli a Zaccanello


 

Quei colori...

Quel vento pieno di fantasmi e
quei colori - il rosso il blu il giallo -
che non hanno trasparenza
lo sanno
che il passato convive col presente
e nessuno dimentica mai nulla?



Quelle upupe e ghiandaie in timoroso
ascolto tra le fronde
sanno forse
che il frutto nasce dal fiore ma
che il frutto non è più un fiore
e anche a cercarlo
non c'è più?
...




Pino Giacopelli, Un romanzo nascosto tra le rime
Fondazione "Vito Fazio Allmayer"



Foto di ©Laura Carbone

venerdì 9 ottobre 2015

O AMICO DELLE NOTTI SENZA SONNO. Musiche di Emanuele Giacopelli per "Dialogo nel bosco"


Da sx: baritono Silvestro Sammaritano, soprano Maria Corno
                          

O Amico delle notti senza sonno, 

che vedi gli uomini dibattersi 

nei vincoli dell’esser carne, 

dell’esser ciò che sono, liberaci 

dai serpenti del peccato. 

Noi siamo uomini.

Il vento, o vento!

naviga felice.





Il Dialogo nel bosco,  nella sua prima versione, è stato rappresentato il 14 gennaio 2002, nello spazio teatrale della Libreria “Tikkun” a Milano.
Successivamente, sono stati aggiunti alcuni testi del poeta pecoraio e futurista Giacomo Giardina, alcune arie musicali e, su suggerimento della coreografa Emanuela Tagliavia, inserti musicali  per un eventuale intervento coreografico.
L'aria "O amico delle notti senza sonno" è stata eseguita in anteprima a Monreale nell'estate del 2012.




A sinistra, Virgilio;  a destra, Marinetti: incisioni di Sergio Amato




Tutti i diritti riservati
Opera depositata
©piero carbone
©emanuele giacopelli


venerdì 5 aprile 2013

RACCONTARE ASTRATTAMENTE


Testimonianza per Maria Anna D'Agostino Mattiello




   Se la pittura astratta della prima metà del Novecento e l’avanguardia del secondo dopoguerra rifiutano la forma a favore, potremmo dire, del colore in sé, c’è chi, pur riferendosi a quelle scuole di pensiero, intraprende un personale cammino di ricerca artistica e piega quei modi di fare pittura alle proprie esigenze interiori.

   E’ così che in Maria Anna D’Agostino Mattiello notiamo un’apparente contraddizione: quella di indicare alcuni suoi quadri con titoli molto formali, descrittivi o narrativi addirittura,  per poi svolgerli astrattamente.

   Creano scontate aspettative titoli come “Popoli e costumi”, “Veliero”, “Cuore”, “Missionari”, “Lento cammino”, “Esuli”. Ma la D’Agostino non è una illustratrice, anzi, l’argomento annunciato è un pretesto, il punto di partenza di un processo astrattivo che la porta nel mare aperto del colore ove il cielo il mare i gabbiani sono calchi convenzionali ma vuoti, invisibili, in attesa di essere colmati  e resi visibili dalla scelta dell’artista, da una mano che brandisce  pennelli bene intrisi o trascina la spatola carica  di intenzionali impasti. Perché altrimenti la serie dei volti monocromi, gialli, azzurri, rosa, e i missionari biancoceleste, e il veliero di un rossonero materico? La pittura pensata diventa pittura vissuta.


     Più consona  pertanto appare la scelta di altri temi meno concreti, quali “Torpore”, “Conforto”, “Libertà”, “Divinazione”. Ma anche qui, perché la Libertà è un rossointenso assediato dal blunero  e il Torpore un cordone scuro che si distacca da uno sfondo chiaro di bianchi variamente venati e di gialli e arancioni  quasi allegri? 
     In ogni caso, come sostiene Wittgenstein nei suoi Pensieri diversi , e ben s’attaglia alla libera pittura della D’Agostino, “i colori stimolano alla filosofia. (…) I colori sembrano presentarci un enigma, un enigma che ci stimola – senza inquietarci”.   

Palermo, 2001