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domenica 5 giugno 2016

SE TU PRENDI LA MOGLIE A ME, IO PRENDO LA TURCA A TE. A Trapani facevano così

Una storia d'amore tradito e compensato


All'angolo di via Regina Elena e via Serisso, una lapide con un scritta e accanto una testa scolpita in marmo. 

Tu pensi a qualche personaggio commemorato. Dalle fattezze sembra una donna. Viene spontaneo avvicinarsi e leggere, e qui la sorpresa, non di una commemorazione vera e propria si tratta ma di una storia di tradimento e di amore vendicato. A Trapani la sanno tutti. 


Ho il piacere di sentirmela raccontare da Nicola Calamia detto Niculuni, un vecchio pescatore discendente da pescatori, presentatomi poco prima da Marco Scalabrino che si è offerto eccezionalmente e in amicizia come cicerone.  
La "storia" è anche consacrata dalla letteratura essendosene occupato Tommaso Guardati detto Masuccio Salernitano.

Ma Niculuni, oltre alla sapida storia,  mi riferisce anche altro, lui, da storico abitante in via Serisso, tiene a precisare che dava nome alla strada Serisso o Ossuna, una porta che non c'è più, al suo posto ora c'è un palazzo. 
Aguzzando gli occhi mi indica però un'altra porta: si vede in fondo alla strada; quella almeno è stata risparmiata.  

Due porte significative e simboliche dovevano essere, o forse strategiche, mi fa notare Marco, visto che,  ad appena trecento metri di distanza una  dall'altra, si affacciavano su due mari di diverso nome: una sul Mar Mediterraneo e l'altra sul Mar Tirreno. 



Ma riassumiamo in breve  il contenuto della lapide: una donna trapanese si innamora di un moro (sarà stato un nordafricano) e ha con lui una relazione, ruba i denari al marito e segue il moro nel Nordafrica. Il marito, non ci sta: va alla loro ricerca, li trova, uccide il moro, uccide la moglie, e se ne torna in Sicilia con la turca (ovvero mora anch'essa) che apparteneva al moro.
 Se la sposa "e con lei gode gran tempo felicemente". 

La lapide è stata voluta dal Comitato di Porta Ossuna rappresentato da Alberto Di Bella. 






Da sx: Nicola Calamia e Marco Scalabrino






ph ©piero carbone (Trapani, 5 giugno 2016)

lunedì 5 agosto 2013

LA PERSONA GIUSTA AL POSTO GIUSTO!




La tipografia-stamperia di Aurelio Cardella ha chiuso i battenti, ma non la memoria legata alla frequentazione di artisti per i quali Aurelio ha realizzato accuratissime serigrafie, come ci ha già ragguagliato nel precedente post

 http://archivioepensamenti.blogspot.it/2013/07/se-una-tipografia-chiude.html


 Non solo artisti, però. 

La tipografia, come un porto di mare, ha visto transitare personaggi e tipi di varia umanità che, legati a particolari situazioni e ad aneddoti quasi dimenticati, hanno qualcosa di attuale da insegnarci. 

Come nel "ricordo" di seguito pubblicato.                             P. C. 


    



La persona giusta al posto giusto
di
 Aurelio Cardella



Mi sono sempre chiesto chi fosse quella mente che ha deciso che all'angolo di via Leonardo da Vinci prima del ponte, anche se fornito di semaforo funzionante, bisogna girare lungo tutta la piazza anziché procedere dritto per 30 metri. A volte, per non mortificare la mia intelligenza o forse per non commettere un'infrazione, ricorro nel cambiare strada. Ma ben presto la mia curiosità ottenne una risposta.

Fra i miei ricordi scolastici, ricordo il 1973, frequentavo l'Istituto Tecnico Industriale ed avevamo due insegnanti un po' particolari, uno era un ingegnere che a modo suo insegnava Laboratorio di misure elettriche, egli aveva un assistente che ne capiva meno di niente. Come si sa, gli studenti coalizzano sempre per prendere di mira qualcuno, e questi due emeriti docenti erano le nostre vittime, tanto che avevamo inventato una formula matematica per meglio definirli: 
l'ASCIUTTANZA ovvero l'ing. Rossi diviso l'assistente Bianchi elevato a -2.


Sono trascorsi molti anni da quel ricordo, ed un giorno entrò nel mio negozio proprio l'Ing. Rossi (il nome è ovviamente di comodo), lo riconobbi e lo salutai con ossequio, egli sorpreso mi chiese in quale occasione l'avessi conosciuto, poiché era la prima volta che entrava nel mio negozio, gli dissi che era stato mio insegnante nel lontano 1973, con grande stupore si complimentò con la mia memoria, in quanto aveva insegnato solo per un anno in quell'Istituto, peccato non potergli rivelare il motivo di così tanta memoria!

Quando gli chiesi cosa facesse adesso, mi rispose con orgoglio: lavoro al comune, mi occupo di viabilità. Ecco! aveva fatto carriera, la persona giusta al posto giusto!


Foto: Blog A&P

venerdì 31 maggio 2013

PUTENZA DI LU GIBBIÙNI!







Luisella si doveva iscrivere all'Università e avrebbe dovuto prendere l'autobus alle sette di mattina. Suo padre, per evitarle la levataccia, decise di accompagnarla a Palermo con la macchina.
Il viaggio fu faticoso, a causa dei limiti di velocità, degli autovelox, degli svincoli a sinistra e della segnaletica  non sempre leggibile.
Ma una volta arrivati in città, più faticoso fu trovare un buco per parcheggiare. Niente! Vie, viuzze, strade laterali, piazze e piazzuole, niente! Tutto pieno, intasato.

Finalmente vide da lontano fare manovra ad un macchinone: si liberava un posto!
Non sembrò vero al signor Liborio di potere posteggiare dopo tre quarti d'ora abbondanti di girovagare invano. Ma in terza fila, pazienza!
La figlia non avrebbe voluto, ma lui era veramente stanco. In paese tutti questi problemi non c'erano.

La segreteria universitaria intanto stava per chiudere. - Scendi tu, - disse alla figlia, - e fai quello che devi da fare, io ti aspetto in macchina. - Non si fidava di lasciare la macchina incustodita. Scese la figlia e mentre si allontanava lui la seguì con lo sguardo compiaciuto di padre di una futura laureata.

Ad un tratto vide davanti a sé, ad una ventina di metri, una coppia di vigili che avanzava, un vigile e una vigilessa. "Mamma mia, la multa!". In un lampo temette e realizzò che gli potevano contestare la sosta in terza fila. Aprì lo sportello e si precipitò verso i vigili. La vigilessa che aveva qualcosa tra le mani, sentenziò:
- Multa!
- E pirchì? - implorò il multato.
- Sosta in tripla fila. Già l'ho scritta.
- Putenza di lu gibbiùni! - implorò concitato il signor Liborio, come se cascasse dalle nuvole. - E quannu la scrissi?
- Mentre lei scendeva dalla macchina.
- Fici li cursi. E s'av'a pagari?
- Ncà ciertu, - tagliò corto la vigilessa, mentre gli porgeva copia della multa staccata da una libretta.
La risposta inequivoca della vigilessa dissuase il signor Liborio da ulteriori lamentele, che se ne tornò in macchina rigirando il foglietto color salmone tra le mani. La multa gli sembrava esagerata.
"Putenza di lu gibbiùni!"






N.B.
Gibbiuni è accrescitivo di gèbbia o gièbbia, termine di origine araba che sta ad indicare una vasca contenente acqua per diversi usi tra cui abbeverare gli animali, irrigare i campi, azionare i mulini ad acqua.
Ma nell'espressione di cui sopra il familiare e utile gibbiùni mi pare sia evocato o invocato, nei casi più imprevedibili, a rafforzare la meraviglia, o quasi fosse un nume tutelare, giudice giusto, olimpico notaio, che si vorrebbe come testimone o  in risarcitorio soccorso. O semplicemente pronto a chiudere un occhio.

La genesi vorrebbe che l'espressione Potenza di lu gibbiùni! l'avesse esclamata un contadino alla vista, per la prima volta, dell'immenso mare e  commisurandolo alle gebbie che aveva visto in vita sua.



martedì 25 settembre 2012

MORI LU SCECCU E VENI LU MULU






Mori lu sceccu e veni lu mulu
Se muore l’asino, sopraggiunge il mulo


Una volta un'affettuosissima  signora, in arnese da cucina, rispondendo al mio rispettoso saluto, fece cenno con la mano  di avvicinarmi a lei.
Attraversai la strada e accostatomi all’uscio di casa sua,  ella discostò la tenda di plastica che serviva da barriera alle mosche e incominciò a  rivolgermi sperticati complimenti e gioiose felicitazioni per la  mia “fidanzata”  di cui aveva avuto notizie:

-       Ch’è beddra! Anta! Giudiziusa!

Insomma: bella! alta! assennata!

Mentre la corpulenta signora  parlava come un fiume in piena, io, più che compiaciuto, ero imbarazzato perché aspettavo uno spiraglio di tregua per dirle che da qualche mese non ero più fidanzato e che con quella ragazza mi ero, come si dice, lasciato.

Nel mentre l’ascoltavo, si faceva più insistente l’odore di broccoli bolliti che proveniva dalla cucina.

Quando finalmente potei parlare e mettere le cose al loro posto, la signora, repentinamente, si astenne dal proseguire nei complimenti e dal decantare le lodi della ragazza, alzò gli occhi al cielo, allargò le mani e per rincuorarmi, secondo le sue intenzioni, pronunciò queste fatidiche parole:

-       Pierì, nenti ci fa; mori lu sceccu e veni lu mulu.

Alla lettera: Pierì, non fa niente; muore l’asino e viene il mulo.
Come dire: “quella” era buona, ma ne verrà una migliore!

Alla faccia della solidarietà.

E dire che per certuni nella vita non si dovrebbero fare certe scelte, semplicemente per occhio della gente!


 Quest’episodio, in qualche modo, mi ha immunizzato  da presunti pudori e timori della morale pubblica solo apparentemente altruista.







Lassatimi diri
chiddru chi un s’av’a diri
pi uocchiu di munnu.

L’uocchiu di munnu
è un’ummira putenti
di un mostru ca nun c’è.

Pirchì è la genti.


Lasciatemi dire / quello che non si deve / per occhio di mondo. // L’occhio di mondo / è un’ombra potente / di un mostro che non c’è. // Perché è la gente.


La poesia si trova in Venti di sicilinconia, Edizioni Medinova, Favara 2009.