Visualizzazione post con etichetta archeologia a Racalmuto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta archeologia a Racalmuto. Mostra tutti i post

giovedì 13 dicembre 2018

RITROVATO IL TESORO DI RACALMUTO! Si può visitare al Museo Archeologico Regionale di Agrigento




...ovvero
 LE MONETE RITROVATE

Ringrazio Luca Zambito che mi segnala la "straordinaria" notizia:

una mostra da visitare dal 17 dicembre 2018 al 24 marzo 2019



screen shot

#StayTuned
In arrivo al
Museo Archeologico Regionale Pietro Griffo di #Agrigento
la mostra
FuORIpercorso - Preziosi reperti dai depositi del Griffo
dal 17 dicembre 2018 al 24 marzo 2019
Uno spazio espositivo alternativo al percorso museale tradizionale, finalizzato alla valorizzazione di testimonianze inedite o meno note scelte direttamente tra i più significativi materiali custoditi nei depositi e che il Museo Griffo annovera tra le proprie collezioni. 
L’esposizione, ruota intorno a splendidi manufatti in oro di diverse tipologie, come straordinari simboli di potere, lusso e sfarzo, preziosi ornamenti, monete eccezionali.
Il nucleo di reperti più significativi è costituito da un diadema aureo ellenistico, un anello romano del II-III sec. d.C. e un tesoretto di 204 monete d’oro bizantine recanti sfolgoranti.

*
La notizia, c'è da esserne sicuri, sarà  accolta favorevolmente da parte degli stessi studiosi e dei semplici curiosi perché  finora,  purtroppo, non era stato possibile visitare il tesoretto racalmutese, molto citato ma poco conosciuto fisicamente



Il seguito del racconto nel Post:



Personalmente ho potuto constatare come finora è stato difficile poter visionari le monete ritrovate di Racalmuto al Museo archeologico di San Nicola. Ne avevo scritto nelle pagine del mio
 Il giardino della discordia
edito da Coppola nel 2006





martedì 28 maggio 2013

NOTIZIA ARCHEOLOGICA CHE FA (DIS)PIACERE




La notizia che ho appreso dal TGR venerdì scorso mi ha fatto sicuramente piacere ma indirettamente dispiacere, quasi per una forza di rinculo della stessa notizia come avviene al cacciatore col fucile ancora fumante quando spara al bersaglio: magari lo centra ma il calcio del fucile che arretra rischia di fare male al punto d'appoggio.



La notizia è che Campobello di Licata è l'unico paese dell'agrigentino ad avere una mappatura completa dei siti archeologici, circa 170,  e si appresta ad avere il suo Antiquarium dove adunare i vari reperti rinvenuti.
Dal tono degli intervistati emergeva che il risultato era stato possibile grazie alla collaborazione virtuosa dell'Archeoclub locale e della Sovrintendenza.
Un risultato comunque raggiunto anche grazie alle diverse e sistematiche campagne di scavi di cui Campobello è stato meta. 



A quanto pare Sant'Angelo Muxaro si avvia a seguirne le orme. 



E Racalmuto perché no? 



La domanda poggia su alcune constatazioni: non mancano i siti, non mancano i reperti,  non sono mancati incipienti scavi, non è mancato l'interessamento della Sovrintendenza, anzi, brucia ancora il rammarico di una campagna di scavi annunciata anni fa, già finanziata, e poi non avviata. Né mancano gli appassionati e studiosi, per un periodo di tempo in paese è stata aperta una sezione dell'Archeoclub, oggi è attiva una sezione di Siciliantica. 



Non mancano gli studi per supportare il patrimonio esistente e incentivare ricerche future. Eppure... nulla. O quasi.


Forse occorrerebbe una maggiore convergenza e concordia tra le diverse conoscenze, energie e risorse locali per sostenere fattivamente e continuativamente nel tempo la passione archeologica e tutti insieme sensibilizzare e coinvolgere le scuole, suggerire a studiosi,  giornalisti e intellettuali  più o meno stanziali o  di passaggio una diversa e diversificata lettura del nostro territorio per non incorrere in riflessi da condizionamento pavloviano o meccanici innamoramenti, sollecitare le istituzioni, individuare idonei locali che non mancano, reperire i fondi strettamente necessari, fino a farla tramutare, quella passione, in fatti, in azioni concrete, in un Antiquarium almeno. 


E da lì ripartire.


Ponte di Gianfilippo, fronte sud.  In secondo
piano necropoli preistorica all'interno di un ovile.







Immagini tratte dal volume di Angelo Cutaia, L'itinerario arabo-normanno Sutera Agrigento nel libro di Al Idrisi, Composizione e stampa Siculgrafica s.c.ar.l., Villaggio Mosè 2000.

Si ringrazia l'Autore per la gentile concessione.

Intanto nel mondo:


Per leggere altri post sullo stesso argomento, clicca sotto tra le etichette: archeologia a Racalmuto


venerdì 12 aprile 2013

L'ANTIQUARIUM S'HA DA FARE?



Nella saletta in fondo, il sarcofago con la rappresentazione del ratto di Proserpina



Come in ogni famiglia  non manca un gruzzolo di memorie fotografie bollette arnesi cianfrusaglie che testimonia le glorie trascorse, i mestieri degli avi  o semplicemente  una continuità parentale nel trascorrere del tempo, allo stesso modo, e con valenze e importanza diverse, non dovrebbero mancare in ogni comune, che non sia proprio superficiale e scalcinato, l'archivio storico, il museo etnografico, l'antiquarium.


Racalmuto possiede memoria e titoli per averli tutti e tre. Qui e ora una riflessione sull'Antiquarium. 


Milena ce l'ha, ce l'hanno Ravanusa, Sciacca, Marianopoli...

E il nostro paese?


Se ci fosse un Antiquarium, quanti reperti, già esistenti,  si potrebbero adunare ad incominciare da quelli noti come le oltre cento monete ben conservate al Museo archeologico "San Nicola" di Agrigento; di quanti reperti non conosciuti, se ve ne fossero, e forse ve ne sono, se ne potrebbe evitare la diaspora!


E intanto...  ci accontentiamo dei pannelli che tre giovani archeologi, Domenico Romano, Franco Brutto, Fabio Pilato 
 (conosciuti grazie ad Angelo Cutaia e da lui coadiuvati)  nel 2008 hanno realizzato per il comune di Racalmuto; esposti tutt'ora al Castello Chiaramontano. 
Pannello 1 - Racalmuto nella preistoria
Pannello 2 - Racalmuto in epoca romana
Pannello 3 - Racalmuto in epoca arabo-normanna
Pannello 4 - Siti e monumenti
Pannello 5 - Castello chiaramontano
Pannello 6 - Castelluccio





Nel 2007 giaceva presso la Sovrintendenza di Agrigento un Protocollo d’intesa con il comune di Racalmuto; l’assessore di turno, recatovisi per riprendere le fila dell’intesa, constatò che il Protocollo era rimasto lettera morta; la nuova Sovrintendente in persona s’incaricò di modificarlo e rinnovarlo; l’assessore prese l’impegno di individuare locali idonei per un Antiquarium ma non ebbe il tempo di segnalarli perché fu soppiantato dal successore. I locali a pianterreno del Castello, dotati di adeguato sistema di sicurezza, avrebbero potuto ospitare i primi reperti.






Se il successore e i successori del successore non se ne sono più preoccupati e non  hanno rinnovato il Protocollo d’intesa e non hanno segnalato i locali per l’istituendo Antiquarium, come avrebbero dovuto fare in una ideale staffetta, sarebbe bello e sorprendente che lo si potesse fare ora con i commissari. Purché si faccia. Tante sono le risorse umane e materiali che si renderebbero disponibili. 




A proposito di staffetta, va detto che antecedentemente a quel Protocollo anche Carmelo Mulè, in qualità di assessore, si era interessato per valorizzare il nostro patrimonio archeologico subito dopo una proficua campagna di scavi a Racalmuto.








La testimonianza di Nicolò Tinebra Martorana è citata nel post:

Grazie alle fave di Patò

Mi ero già occupato dell'argomento nel libro Il giardino della discordia, Coppola editore, Trapani 2000; paragrafo "Come Mozia" pagg. 40-43



mercoledì 10 ottobre 2012

GRAZIE ALLE FAVE DI PATÒ


Noci

         
     Mi raccontava mio padre, come fosse una favola, che un tale di nciùria “Beddramatri”, scampato miracolosamente alla campagna di Russia, una volta ritornato in paese,  volle impiantare un vigneto in contrada Fico, al confine con Grotte, e per scavare certe conche adatte a collocarvi vitigni americani ingaggiò cinque braccianti. Scese di mattino presto nella Piazzetta, scelse gli uomini più robusti, pattuì il prezzo e se li portò in campagna.



    Mentre costoro, con picconi e pali di ferro, scavavano l’ennesima buca, venne fuori dal terreno concavo un rumore secco, di quartara rotta, quasi impercettibile. Il rumore fu captato da chi aveva udito fine, acuito in guerra dalle insidie e dagli agguati.
-  Basta, picciotti, - disse di colpo Beddramatri con voce allarmata, - potete andarvene a casa.
-         Perché?  non è contento del nostro lavoro!?
-         Contentissimo.
-     E allora perché dobbiamo smettere? - obiettò un lavoratore. - Non sono ancora le cinque - fece notare un altro. – Almeno, completiamo la buca che abbiamo tra le mani – disse un altro ancora. 
-         No, non c’è bisogno, - ribatté deciso il padrone, - per oggi avete scavato abbastanza -. E li rassicurò: - Non vi preoccupate, vi pagherò la giornata sana.

           Patò, ch’era un ingenuo, non capì perché dovesse smettere di lavorare prima che il sole tramontasse e incominciò a ripetere: - A jurnata rrutta, no. A jurnata rrutta, no.  
        Gli altri giornatari non protestarono, rassicurati che la giornata sarebbe stata pagata per intero, però si insospettirono della inconsueta magnanimità del tirchio Beddamatri, fecero finta di avviarsi a casa, sotto lo  sguardo vigile del padrone, e appena poterono  si nascosero dietro un macchione. 




       Il proprietario del terreno, vistosi solo, finalmente, si mise a scavare di lena la buca lasciata a metà, fino a quando  estrasse dalla buca una quartara terrosa con la pancia bucata da un colpo di piccone, l’alzò al cielo quasi fosse l’ostia consacrata, la capovolse e tintinnarono sul terreno  monete luccicanti.
-      Marègni! – esclamò Beddramatrri.
-     Marègni d’oru!  - esclamarono, da dietro il macchione, i giornatari che avevano assistito furtivamente alla scena. Con un balzo uscirono allo scoperto e, come fosse un loro diritto, reclamarono la loro parte.
     Colto di sorpresa, Beddramatri reagì male perché si sentì tradito e disobbedito. Di spartire il tesoro, manco a parlarne! Era suo, perché suo era il terreno in cui era stato trovato. 



   Dopo un estenuante battibecco, per tacitare la cosa, si mise d’accordo con i testimoni, avrebbe ceduto alcune monete in cambio del silenzio. Cercò, a parte, di prendere in giro Patò, ritenuto universalmente babbeo, regalandogli pochi spiccioli delle lire correnti, invece dei marègni ritrovati che marenghi in realtà non erano anche se come l’oro luccicanti. Patò nella sua dabbenaggine abbozzò, ma una volta arrivato in paese corse difilato in caserma dove spifferò tutto ai carabinieri.



-       Ma quanti erano, questi marègni? – chiese il maresciallo.
-      Assai assai – fu la risposta, e siccome Patò non sapeva i numeri in astratto,  disse : -Prendi le fave.
    Il maresciallo si procurò le fave e ne rovesciò quattro pugni sul tavolo.  Patò, con l’indice teso, fece scivolare in un angolo tante fave quante erano le monete ritrovate e suddivise tra il proprietario e i suoi compagni di lavoro.
– Bravo! – esclamò compiaciuto e un po’ divertito il maresciallo, battendogli la mano sulla spalla, e sottrasse una fava tra quelle accantonate. Patò se ne accorse e credendo che anche quella fava fosse preziosa come i marègni della quartara, si mise a strepitare finché non fu rimessa al suo posto. 
– Bravo! – ripeté  il maresciallo, questa volta poco compiaciuto e per niente divertito. Tante fave quanti i marègni! Né una di più né una di meno. E lasciò andare Patò.  



    
    Non molto tempo dopo, a Beddramatri, proprio  per la sua ingordigia, venne requisito il tesoro rinvenuto, dopo averlo fatto cantare in caserma, come si disse in paese,  a suon di bastonate. Venne recuperata anche la parte data ai braccianti.  
Nè iu né nuddu, - andava saltellando contento il babbeo Patò nella deserta Piazzetta.




  Le monete racalmutesi, di epoca bizantina, risalenti  ad Heracleone, storicissimo imperatore d’Oriente (641-645) a cui venne tagliato il naso, furono trasferite al Museo archeologico della Valle dei Templi dove andarono ad arricchire  il monetario che ha ricevuto e riceve tutt’ora visitatori da tutto il mondo. 
    Va detto. Grazie alle fave di Patò.

Antiquarium di Milena (CL)

POST SCRIPTUM

Nel 2007 giaceva presso la Sovrintendenza di Agrigento un Protocollo d’intesa con il comune di Racalmuto; l’assessore di turno, recatovisi per riprendere le fila dell’intesa, constatò che il Protocollo era rimasto lettera morta; la Sovrintendente in persona s’incaricò di modificarlo e rinnovarlo; l’assessore prese l’impegno di individuare locali idonei per un Antiquarium ma non ebbe il tempo di segnalarli perché fu soppiantato dal successore.


 Se il successore e i successori del successore non hanno rinnovato il Protocollo d’intesa e non hanno segnalato i locali per l’istituendo Antiquarium, come avrebbero dovuto fare in un ideale staffetta, sarebbe sempre bello e opportuno farlo.


A proposito di staffetta, va detto che antecedentemente a quel Protocollo anche Carmelo Mulè, in qualità di assessore, e poi di responsabile della locale sezione di Archeoclub, si era interessato per valorizzare il nostro patrimonio archeologico subito dopo una proficua campagna di scavi a Racalmuto. Anche per lui, come ha scritto recentemente, "forse è il caso di ricominciare a pensare ad un museo tutto racalmutese e secondo me con un certo garbo i racalmutesi tirerebbero fuori tanti oggetti dai loro cassetti". 


E lo auspicano sicuramente anche Giovanni Salvo, Calogero Taverna, Carmelo Falco, il gruppo dei giovani archeologi di Racalmuto nonché Angelo Cutaia, presidente della locale sezione di Sicilia Antica. Tutti, per incominciare, apporterebbero il loro valido contributo.  La vicina Milena ha realizzato egregiamente il suo Antiquarium, perché Racalmuto no?



Mi ero già occupato dell'argomento nel libro Il giardino della discordia, Coppola editore, Trapani 2006; paragrafo "Come Mozia" pagg. 40-43

Sullo stesso argomento si possono consultare inoltre:
[PDF] 

lunedì 10 settembre 2012

RACALMUTO COME MOZIA?!


La recente notizia di alcuni ritrovamenti archeologici, durante i lavori per l’autostrada Agrigento-Caltanissetta, mi ha fatto ricordare di essermi occupato di simili notizie in un vecchio articolo pubblicato nel 2005 sulla rivista fiorentina “Lumìe di Sicilia”. Riproporlo sul blog ora non mi pare inopportuno né “fuori tema”, rafforza semmai ipotesi antiche e rammarichi moderni.

 
Un giorno un contadino andò a trovare il signor Joseph al baglio di Marsala con alcuni oggetti trovati nell’isola di San Pantaleo mentre dissodava il terreno per impiantarvi un vigneto. Il signor Joseph riconobbe lo stile punico e li comprò.
Del Commendatore Joseph Whitaker, detto Pip, inizia così l’avventura archeologica a cui si dedicherà anima e corpo, specialmente dopo la nascita della seconda figlia quando ritornerà pressoché scapolo dal momento in cui la suocera aveva deciso che la propria figlia, dopo la seconda gravidanza, non poteva continuare ad assolvere i doveri di moglie.

Quello che rappresenterà l’isola di San Pantaleo, ridivenuta Mozia dopo gli studi e gli scavi del Commendatore archeologo, è noto in tutto il mondo. Oggi Mozia è incessante meta di visitatori. L’impero economico dei Whitaker è tramontato ma Mozia è più viva che mai. Sappiamo come i letterati e i pittori la dipingono: poco distante dalla terraferma, collegata da un carro che procede in mezzo al mare. “Un carro? Fino a quest’isola?” chiede un personaggio consoliano, a cui viene risposto: “Nessuna meraviglia. Là a levante corre sott’acqua, ch’è alta qualche spanna, una strada lastricata di basole bianche che porta dritta giusto fino a Birgi”.
Rivivono oggi la strada lastricata sotto il mare, le mura con le torri, i leoni di pietra, la necropoli. Rivive la città filocartaginese com’era prima di essere espugnata e bruciata dai greci, sepolta, dimenticata.

Chissà quale sarebbe stato il destino archeologico e turistico di Racalmuto se i contadini racalmutesi, invece di ridurre in frantumi gli antichi vasi di creta rinvenuti e altre cianfrusaglie, li avessero offerti al Commendatore Whitaker. Di oggetti antichi, monete, sepolcreti, in tutto il territorio racalmutese ne sono stati sempre trovati,inabbondanza,cometestimonia Nicolò Tenebra Martorana fino al 1897:
“In contrada Cometi, lungi tre chilometri da Racalmuto, in occasione di scavi, si rinvennero sepolcreti d’argilla rossa, resti d’ossa, lumiere antiche, cocci di vasi [...].
“In contrada Culmitella (ex feudo Culmitella) furono rinvenuti due grandi vasi di creta rossa a mo’ di giarre. [...]
“In contrada Ferraro, furono trovati piccoli vasi di creta, con disegno molto ben fatto e delicato, vernice nera e leggierissimi. Erano dei lacrimatoi. Graziosissimi a vedersi, furono ridotti in frantumi dagli ignoranti contadini, che dentro quei piccolissimi vasi sognavano un tesoro!
“In contrada Cometi furono rinvenuti vasi antichi. [...]
“Infine a Casalvecchio, a poco meno di un chilometro dall’odierno Comune, in occasione di scavi eseguiti per istabilire una strada carreggiabile, si rinvennero sepolcreti, ruderi d’antichi edifizi ed altri oggetti.”
Tutto questo nell’Ottocento.

Ma anche per tutto il Novecento si sono inseguite voci di favolosi ritrovamenti o di allarmati interramenti per paura che le autorità ponessero vincoli ai terreni o li acquisissero forzosamente.
Oliveti e vigneti, forse, prosperano su ignorate necropoli piene di corredi funerari? Da accertare. Sta di fatto che qualche reperto si trova esposto al museo archeologico della Valle dei Templi. Esposto per modo di dire, da qualche tempo inchiavardato e sepolto negli scantinati.
Alla richiesta di notizie sul materiale archeologico racalmutese conservato o esposto al Museo, la risposta dal personale addetto non poteva essere che pirandelliana:essoconsisterebbeinquindici pezzi non esposti, poiché di nessun valore espositivo, e in una imprecisata raccolta di monete, non esposte ugualmente perché molto preziose. C’è da consolarsi: il monetario, “in fase di riordinamento”, sarà esposto quanto prima. “Forse, l’anno prossimo,” è stato il pronostico del personale addetto, allungando i piedi sotto la scrivania e rinculando sulla spalliera della poltrona direzionale.

Se il Commendatore Whitaker fosse venuto in possesso o a conoscenza di questi e di altri reperti, oggi a Racalmuto ci sarebbe almeno un museo, come a Mozia, e non staremmo a sentire di sparsi e incontrollati rinvenimenti, di mura ciclopiche prima portate alla luce in contrada Grutticeddi, vigilate per un paio di mesi da un pubblico custode inviato dalla Soprintendenza di Agrigento e, infine, sotterrati un’altra volta.
Un assessore, in carica negli Anni Ottanta, ricorda di avere visto solo una volta alcune casse con 114 straordinari reperti (punte di frecce, suppellettili, monili...) di età preistorica. “Centoquattordici!” ricorda benissimo, e si rammarica el loro inventario mai pervenuto.
Al Serrone, al Babbalùci, alla Menta e in tante altre contrade chissadove, si dice che i contadini smuovessero la terra furtivi: di notte si sentivano i cadenzati rintocchi dei picconi alternarsi al singulto dei gufi.

Un luminoso giorno del luglio 2004, durante i lavori di sbancamento per ricavare verdi parchi e rotabili parcheggi, nei quartieri Bastione, Stazione e nel terreno di Padre Arrigo, vengono scoperte strane cavità somiglianti a grotte. “Tombe sicane” dice qualcuno; “bizantine” ipotizza un altro, bizantine come le monete non esposte al museo “San Nicola”, e si azzarda ad enumerarle, “forse una, due, tre.” Il giovane assessore che mi accompagna al sopralluogo nicchia e annuisce, annuisce e nicchia. Gesticola. Cincischia. L’augurio è che vengano appurate le “voci” e ne conseguano “scelte politiche conseguenti”. La ditta appaltatrice nel frattempo, di quelle grotte, ne  avrebbe tompagnate alcune. “Con tutto il cordolo funerario,” si mormora in giro. Si teme sia vero.
Speriamo di no,” dice l’assessore.
“Speriamo di sì,” dico io; chiudo gli occhi e penso: “Se il Commendatore Whitaker fosse venuto a Racalmuto, altra sorte sarebbe toccata al ‘cordolo’ funerario, alle tombe, alle mura interrate, alle monete inesposte”.

L’ipotesi non è peregrina. I Whitaker avevano proprietà a Racalmuto.
Se, nel 1898, come altrove ho documentato, invece di mandare due “incaricati speciali” a ispezionare la suddetta proprietà, fosse andato Pip, il cultore a tempo pieno delle cose antiche, l’archeologo appassionato, lo scopritore di Mozia, forse...


Piero Carbone





Sicilia svelata - Mozia: i rostri della battaglia delle Egadi (ITA/ENG/FR)


http://www.youtube.com/watch?v=pF23O72TUOE&feature=youtu.be


[PDF] 

lumie di sicilia - Associazione Culturale Sicilia Firenze


www.sicilia-firenze.it/upload/files/lumie_n53.pdf


Foto da Internet