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venerdì 31 marzo 2017

I SOGNI A VOLTE... Ma non erano silenziosi e soft? (Tra Quasimodo e Gibellina)




"I sogni non sono che rumori della vita, risposte crudeli alle domande più consuete e turbate."
Salvatore Quasimodo, Discorso sulla poesia, 1956.


















ph ©pioerocarbone (Palermo - Albergo dei Poveri, 2 dicembre 2016)
*

I "prisenti" di Gibellina
su www.balarm.it
screen shot:

http://www.balarm.it/eventi/62423--i-prisenti-di-gibellina---presentazione-della-mostra-al-reale-albergo-delle-povere.asp



sabato 18 maggio 2013

UNA ROSA PER IL PARCO QUASIMODO






Bisogna visitarlo il Parco Quasimodo: vi si respira l'aria di "Ed è subito sera", dell'infanzia, della maturità, della storia familiare, dei successi e delle difficoltà di un uomo che ha una particolare vocazione, delle vicissitudini incontrate nella carriera letteraria, delle occasioni guadagnate e perdute che la vita sa presentare in un certo tempo e in un certo luogo: la torre che gli ha ispirato una famosa poesia, i versi autografati a Stoccolma e dedicati al padre nel giorno del Nobel, la stazione ferroviaria di Roccalumera dove il padre ha lavorato,  i macchinari e i comandi ora in disuso e dove il piccolo Salvatore ha giocato da bambino, i tetri vagoni dove ha vissuto con la famiglia durante il terremoto, le foto di un tempo e di una Sicilia lontana con tanti attori in posa di cui notiamo i vezzi, le fogge dei vestiti, gli alteri sguardi, le implicite paturnie: i parenti, gli amici, i genitori, la sorella che avrebbe sposato Vittorini, le donne, le tante donne da lui amate. Financo una pecora viene immortalata.



E ancora foto



 foto



foto



la scrivania del suo studio


oggetti vari



la poltrona.



E direi etc. etc etc.






...gioia di foglie perenni...

in me si fa sera...

ali oscillano...

il cuore trasmigra...

e i giorni una maceria.

(liberamente da Òboe sommerso) 

Tutto rivive al Parco Quasimodo in funzione della poesia  e di una vicenda umana e intellettuale che da quell'ambiente ha avuto origine, da quell'ambiente ha tratto ispirazione e che quell'ambiente ha "vivificato" con la parola.





Una rosa ideale, pertanto, al Parco Quasimodo di Roccalumera, a ciò che è, a ciò che rappresenta, ai suoi ideatori, ai suoi animatori, al suo storico Presidente, ad Alessandro Quasimodo, in questo momento di difficoltà che stanno attraversando tante realtà culturali in Sicilia, e il pensiero va non a quelle finte o fantasma, esistenti solo sulla carta, ai carrozzoni, ma a quelle vere, e ce ne sono tante, che valgono, di pubblica utilità spirituale, alle prese con sostegni finanziari pubblici che non arrivano.


Anche se la condizione ideale sarebbe quella di non averne bisogno, di essere addirittura produttive. Limitatamente ai Parchi letterari, la Fondazione Nievo, che i Parchi letterari ha ideato, lo prevedeva.



Un mio amico di ritorno da Malta mi dice che l'isola è un grande albergo in funzione del turismo, che rappresenta parte cospicua del prodotto interno lordo. Non si ricorre certo a una formula magica, Malta valorizza ciò che ha, financo la toponomastica delle strade nella doppia versione inglese e maltese che tanto somiglia al siciliano.
Anche la Sicilia potrebbe. Dovrebbe.



Ma questa è un'altra storia, anche se è sempre la stessa.





Foto (di questo post) proprie.

Ringrazio il Presidente Sergio Mastroeni e i suoi collaboratori per l'accoglienza e la cura con le quali fanno rivivere e apprezzare il mondo quasimodiano valorizzando eloquenti cimeli.

venerdì 17 maggio 2013

LA POLTRONA DI QUASIMODO




Ho sfogliato lune
mangiate nel silenzio
di giorno e di notte.
Ho mangiato lune.

E tu? Soli
sprecasti
inappetente alba
d'esofagei reflussi.

Nella fame
 sbriciolata di musiche
provai oboi sommersi
che rimasero muti.

Mi sedetti
incavando la schiena
  al museo di Roccalumera.
Comoda fu
e silente 
la poltrona sgualcita di Quasimodo.

Dicembre 1996 e 16 maggio 2013






giovedì 7 marzo 2013

NICOLÒ TINEBRA MARTORANA A LAMPEDUSA









DI TERRA E DI MARE

Il racalmutese Leonardo Sciascia, vissuto nel Novecento,  cita il verso di Quasimodo, "La mia terra è sui fiumi stretta al mare", per dire quanto la sua terra, la sua Sicilia, fosse lontana dal mare, una  distanza che nella sua infanzia alimentava stupore, "uno stupore che attingeva alla paura". 
Ancor più lontana e "stupefatta" sarà parsa quella distanza all'ottocentesco Nicolò Tinebra Martorana quando le distanze erano infinite e le comunicazioni lentissime e sporadiche.

Da racalmutesi perciò, almanaccando su questo rapporto aspro, ci siamo divertiti, io ed Angelo, ad immaginare che il terragno Nicolò giungesse al mare, anzi, che lo attraversasse fino ad approdare in un'isola, più vicina all'Africa che  non alla Sicilia stessa. E Angelo, che, sfatando ogni paura antica, per una prosaica graduatoria insegna nell'isola di Lampedusa, ha portato con sé il libretto con le poesie ritrovate di Nicolò Tinebra Martorana per darvi isolana dimora e cittadinanza. 
Dopodiché ne ha testato la reazione nei lampedusani offrendole in lettura ai suoi alunni, congiungendo due mondi assai lontani: quello dello zolfo e dei campi di grano con quello delle paranze e dei ritmi marini, lontani ma posti sotto lo stesso cielo, fatto di vaganti nubi, di simili tramonti e forse di comuni aspirazioni.                                            Piero Carbone





LI HO FATTI LEGGERE AI MIEI ALUNNI

I ragazzi della Quinta A del liceo scientifico di Lampedusa hanno letto e apprezzato i versi di Nicolò Tinebra Martorana.  Li hanno analizzati senza pregiudizi, come è consueto nell’età in cui la mente non è ancora condizionata da partigianerie di sorta. 
Le osservazioni critiche di questi studenti costituiscono una testimonianza preziosa della potenza del canto, che travalica il tempo e lo spazio. 

Un gruppo di diciottenni, nel 2013, si approssimano a un loro coetaneo del 1895 e ne commentano i versi rilevando schemi metrici, concetti chiave, figure retoriche. Ne apprezzano le implicazioni culturali, ipotizzano le letture di uno studente di mente aperta, che legge le novità letterarie ed è figlio del suo tempo, nonostante viva in un angolo di Sicilia apparentemente troppo appartato. 

Allego un’analisi dei miei alunni e preciso che essa mi è stata consegnata così com’è, non è stato ritoccata né arricchita. Il 23 marzo, al teatro “Regina Margherita” di Racalmuto, in occasione della serata in onore di Nicolò Tinebra Martorana, sarà presente una delegazione di studenti lampedusani.
Angelo Campanella





Analisi:

"Dopo un amplesso” è una poesia di Nicolò Tinebra Martorana composta il 14 aprile 1895, scoperta e pubblicata solo nel 2012. 
Dal testo poetico emerge la grandezza dell'autore, che all'età di soli sedici anni riuscì a scrivere un tale componimento che può essere paragonato ai testi di grandi poeti a lui contemporanei come Carducci, Pascoli e d'Annunzio. 

“Dopo un amplesso” è composto da sei quartine di decasillabi caratterizzate da rime alternate a schema AB-AB, che danno al componimento il ritmo cantilenante tipico della poesia popolare romantica. 
All'interno del testo poetico è presente la figura retorica dell'anafora, come “Vieni meco” e quella del climax ascendente 

Vieni meco alla luce, all'aperto,  
Vieni meco alla vampa del sole (vv.17-18).

 In questa poesia Nicolò Tinebra si rivolge alla sua futura moglie, Angela, e con dolci parole descrive le sensazioni provate dopo un momento di intensa passione. Descrive la sua dolce metà dal volto roseo e ne indica la delicatezza, scrive infatti 

Tutta rose nel volto e nel core 


Evidente è l'uso del simbolismo, tecnica molto usata in quel periodo dai suoi contemporanei come Carducci e Pascoli. 
Un altro simbolismo è presente nell'ultimo verso della quinta strofa in cui le viole stanno ad indicare la soavità, la dolcezza ed il pensiero di una persona cara. 

Tra tutte le strofe, quella che ci ha colpito maggiormente e che condividiamo da adolescenti, come lo era lui al tempo, è la terza strofa, poiché parla dell'attimo in cui un bacio può far di due persone un'unica essenza, e della tenera risata che alterna un bacio ad un altro. 


La scoperta di questa poesia è molto importante, in quanto ci fa capire che in un piccolo paese come lo è Racalmuto vi era la presenza di un grande autore paragonabile ai grandi maestri della letteratura italiana ma che purtroppo non ha avuto l'opportunità di essere conosciuto in tutta Italia.


Chiara Greco
Linda Brischetto
Camilla Galazzo
Giorgia Russo
Melissa Incorvaia
Samantha Solina
Elisa Tuccio 

Debora Billeci 

Giovanna D'ippolito

Pietro Amato 

Rossella Scozzari 

Maria Teresa Palmisano 

Maria Luisa Sanguedolce 
Lucrezia Palmisano







Foto inviate da Angelo Campanella

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