Nicola Lo Bianco, suo amico e sostenitore, me l’ha comunicato con
una telefonata notturna, giustificata nell’orario dall’eccezionalità della
notizia. Un’eccezionalità non commisurata, come ormai siamo abituati col nostro
palato intellettuale e gusto estetico sfatti e omologati, alla grancassa giornalistica,
alla notorietà televisiva, alla chiacchiera politica, al gong del gossip e dei
talk show.
Eppure eccezionale, Crescenzio Cane, semplicemente perché ha vissuto
con autenticità la sua esperienza di artista, pagando di persona il conto
presentato dai suoi sogni infranti, dalle sue utopie deflagrate, forse smentite
dalla realtà molto più prosastica, distante anni luce da quei sogni, da quelle
utopie.
Dal lavoro dei lavoratori alla finanza degli speculatori, dalla
speranza allo spread, ce ne corre.
Crescenzio Cane è il poeta della “bomba
proletaria” e della “sicilitudine” - è suo e non di altri, come
pappagallescamente si è venuto ripetendo, defraundandolo anche delle parole, il
neologismo coniato sulla falsariga della négritude di Léopold Sédar Senghor.
Nella prima metà degli Anni Settanta si scagliava contro “la piaga cronica degli intellettuali siciliani” per avere perso il contatto con le masse e la base popolare. Quando le masse e il popolo che
cercavano riscatto venivano percepite con umanità, come umanità, al netto di
ideologie totalizzanti e dogmatiche.
Nella prima metà degli Anni Settanta si scagliava contro “la piaga cronica degli intellettuali siciliani” per avere perso il contatto con le masse e la base popolare.
Poeta tra i poeti dell’Antigruppo,
contestava il potere sotto ogni sua forma, non ultimo il
potere culturale, le camarille, le consorterie, i letterati distaccati dalla
realtà con il loro linguaggio esangue e lambiccato.
Emarginale tra gli emarginali ovvero ai margini del potere editoriale,
giornalistico, accademico. I poeti dell’Antigurppo, ma
meglio dire poeti-testimoni di loro stessi, venivano sistematicamente
emarginati; i fogli ciclostilati divennero mezzo e simbolo di resistenza
culturale.
Come Nat Scammacca, propugnava l’etica
populista foriera di cambiamenti e impeti rivoluzionari. Per avvicinarsi alla
base popolare bisognava privilegiare il contenuto, i bisogni veri, e veicolarli con immediatezza, con il linguaggio della gente comune, del proletariato, nelle
piazze, nelle scuole, nelle fabbriche.
Comunicabilità e oralità erano gli aspetti salienti dell’anima populista
dell’Antigruppo incarnati dal marxista-leninista Cane che, superstite di un’epoca e
di se stesso, ebbe a definirsi, nel colloquio che ebbi a casa sua qualche anno fa, francescano.
Dalle bombe proletarie era trapassato, nella scrittura, alla rappacificante speranza, per rinunciare infine alla stessa scrittura, alle parole divenute intorno a lui di pezza, di plastica, banali, e abdicare in
maniera quasi esclusiva alla non discorsiva pittura naïve.
Sui suoi meriti artistici
scenderanno in campo i critici con scalpello e filo a piombo per incasellarlo, qui si voleva rendere onore a un combattente
che voleva cambiare la società e il mondo a mani nude, con i sogni demiurgici veicolati
dalle sue parole.
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RispondiEliminaNicola Lo Bianco:
Ho avuto la triste notizia mentre ero in partenza:un poeta autentico verace,la memoria della parte più nobile e combattiva di Palermo,e non dimentichiamo il pittore non meno grande e originale. A presto, Crescenzio.
Abbiamo a casa un suo bellissimo quadro che
RispondiEliminalui stesso ci ha regalato nel 1974.