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lunedì 15 giugno 2015

TUTTI ABILI E ARRUOLATI, I FIGLI DEL POPOLO. La chiamata alle armi non vale per tutti? J'accuse di Calogero Taverna







La leva e i figli di papà. 

"...quelli alla visita di leva tutti riformati risultano. Non mi crede? Poteva consultare i begli archivi municipali...   Io li ho consultati e vidi e fremetti. Un'inchiesta farei. " 

"Quelli" sono i rampolli delle famiglie abbienti di paese, nella fattispecie di Racalmuto, nobili o non nobili, i potenti del momento. E' sempre così. Tutti riformati, i figli dei  "galantuomini che bivaccavano al Circolo dei Galantuomini."
Le famiglie importanti del paese non hanno avuto semplici caduti e manco dispersi.
Così scrive Calogero Taverna nei suoi infuocati post intinti nell'inchiostro della rabbia e della malinconia pensando ai tanti caduti nel fiore della loro giovinezza, ai "suoi" dispersi in guerra senza neanche un cippo commemorativo, una lapide con i loro nomi.
Quando lessi i post di Taverna li commentai brevemente su fb, a distanza di tempo mi sembra opportuno tornarci a riflettere.

http://contraomniaracalmuto.blogspot.it/2015/03/i-miei-dispersi-nella-guerra-del-15-18.html

 14.3.2015 su fb 
Su questa faccenda dei "riformati" occorre ritornarci su, interessa, per indiretta ricaduta, tanti figli cosiddetti del popolo, per un destino di segno opposto: tutti abili e arruolati, i figli del popolo!



  • Lillo Taverna Vi erano al Comune registroni corposi e ben tenuti ove erano annotate le visite di leva. Credo che vi siano ancora. Vanno rintracciati studiati e commentati.

  • Piero Carbone Lo hanno voluto per i nostri padri, e così sia per i loro discendenti: abili e abilitati alla memoria!







Elenco dei dispersi


Famiglia Agrò - onoriamo il vostro LEONARDO - PRESENTE;
Famiglia Arnone - onoriamo il vostro GAETANO - PRESENTE;
Famiglia Avanzato- onoriamo il vostro SALVATORE - PRESENTE;
Famiglia Campanella - onoriamo il vostro GIUSEPPE - PRESENTE;
Famiglia Campanella - onoriamo il vostro EDUARDO - PRESENTE;
Famiglia Casuccio - onoriamo il vostro FRANCESCO - PRESENTE;
Famiglia Catalano - onoriamo il vostro MICHELANGELO - PRESENTE;
Famiglia Ciminnisi - onoriamo il vostro BIAGIO - PRESENTE;
Famiglia Cipolla - onoriamo ilvostro SALVATORE - PRESENTE;
Famiglia Esposto Pettinato - onoriamo il vostro SALVATORE - PRESENTE; 
Famiglia Falci - onoriamo il vostro CALOGERO - PRESENTE;
Famiglia Falco Abramo - onoriamo il vostro GIUSEPPE - PRESENTE;
Famiglia Ferlisi - onoriamo il vostro MATTEO - PRESENTE;
Famiglia Licata - onoriamo il vostro ANGELO - PRESENTE;
Famiglia Lombardo - onoriamo il vostro DIEGO - PRESENTE;
Famiglia Manta - onoriamo il vostro CALOGERO - PRESENTE,
Famiglia Matteliano - onoriamo il vostro CALOGERO - PRESENTE;
Famiglia Mendola - onoriamo il vostro GIUSEPPE - PRESENTE;
Famiglia Miceli - onoriamo il vostro GIACOMO - PRESENTE;
Famiglia Ricottone - onoriamo il vostro RAFFAELE - PRESENTE;
Famiglia Salemi - onoriamo il vostro PIETRO GAETANO - PRESENTE;
Famiglia Salvo - onoriamo il vostro SALVATORE - PRESENTE;
Famiglia Sardo - onoriamo il vostro SALVATORE - PRESENTE;
Famiglia Sciascia - onoriamo il vostro NICOLO' - PRESENTE;
Famiglia Scibetta - onoriamo il vostro SALVATORE - PRESENTE;
Famiglia Taibi - onoriamo il vostro CALOGERO - PRESENTE;
Famiglia Taibi - onoriamo il vostro NICOLO' - PRESENTE;
Famiglia Taverna - onoriamo il vostro CALOGERO - PRESENTE;
Famiglia Taibi - onoriamo il vostro NICOLO' - PRESENTE;
Famiglia Todaro - onoriamo il vostro GIOVANNI- PRESENTE;
Famiglia Volpe - onoriamo il vostro ANGELO - PRESENTE;
Famiglia Tirone, vi onoriamo; non sappiamo altro per ora.



  • Foto propria: bronzo esposto a palazzo Comitini - Palermo

martedì 31 marzo 2015

UN CALZOLAIO IN PIÙ O UN EROE IN MENO? Leva dei ricchi e stratagemmi dei poveri

Al calzolaio di Eduardo Chiarelli non sarà andata giù che in paese ad essere arruolati per andare a morire in guerra fossero soltanto i poveracci, i figli del popolo, contadini, minatori, artigiani, piccoli commercianti etc., mentre i figli di papà, ricconi o ammanigliati con il potere,  come sostiene Calogero Taverna sulla scorta di specifiche ricerche (su cui prossimamente varrà la pena ritornare a riflettere),  rimanevano in paese, dal momento che alla visita medica venivano dichiarati "riformati" e quindi inabili al servizio di leva o al richiamo per andare dritti dritti al fronte.

Chi ricco o potente o amico di potenti non era e non era per natura "difettoso", poteva tentare di farsi riformare ugualmente menomandosi in qualche modo, e a quanto pare uno dei modi era quello di farsi cavare un occhio: chissà se ve ne sono stati di questi casi a Racalmuto o a Palermo?




E' vero che l'occhio cavato li risparmiava dal militare o dalla guerra ma è anche vero che per questo "privilegio", i cittadini meno abbienti pagavano un prezzo salato, come se il "non militare" o la "non guerra" scontassero per tutta la vita.

Il calzolaio, protagonista del racconto di Eduardo, era purtroppo svantaggiato dalla sua bella costituzione fisica che lo faceva apparire financo prestante e forse non sarebbe bastato il sacrificio di un occhio solo per essere credibilmente "riformato". Eppure...  rimase integro e vi riuscì ugualmente. Vedremo come.

Eduardo, pur nel rispetto di chi in guerra è andato, e vi è morto, come è accaduto a qualche suo familiare, è portato a disincantate riflessioni sull'agire umano.
         ( P. C.)


Banchetto di lavoro (vancarieddru) del calzolaio (mastru scarparu)
esposto al museo etnografico di Palazzo Giandalia a Castronovo di Sicilia. Ph ©archivioepensamentiblog


Lo "scarparo" che non partì per la guerra
di 
Eduardo Chiarelli

Oggi come oggi è il Presidente della Repubblica in persona a riceverli, e i funerali sono celebrati con grande pompa, ai Fori Imperiali. Ma nonostante tutto, i morti rimangono morti , e il dolore straziante delle loro Mamme sempre lo stesso.


*


Era troppo alto e robusto per essere uno scarparo! Ma perché, si chiederà qualcuno, i calzolai dovevano essere per forza tutti gracilini, scardebbuli o n´ticchinuti?

Ebbene sì, a quei tempi, tutti coloro che non fossero sufficientemente forti da sopportare il duro lavoro dei campi, o delle miniere, erano mandati fin da bambini dal sarto, dal barbiere, o dal calzolaio per imparare una professione .

Lui aveva la sua bottega vicino casa mia e per tutti era “lu mastru”.

Spesso mi chiedeva di andargli a comprare le sigarette, compito che svolgevo volentieri visto che mi era molto simpatico , ma la cosa che più mi piaceva in lui era il fatto che, nonostante avesse l´età dei miei Nonni, non mi trattava come un bambino, e cià mi lusingava.

Seduto nella sua bottega che odorava di colla e di cuoio, stavo ad ascoltarlo per ore, le storie che più mi piacevano erano quelle sulla guerra, che raccontava con tono grave, con ricchezza di particolari , ma sopratutto con obiettività. Sembrava non metterci nulla di suo, quando finiva di raccontare era come se dicesse: così è stato! adesso tirate voi le vostre conclusioni.

Non era un uomo istruito eppure sono sicuro che certi sedicenti giornalisti laureati avrebbero potuto imparare tanto da lui.

Una volta mi raccontò di quando ritornato da una breve licenza, arrivato in caserma, fu informato che il suo nome figurava nella lista di coloro che dovevano partire per la Russia.

Non si sapeva molto sulla campagna di Russia, poiché i pochi che ritornavano erano tenuti in contumacia, il Comando taceva, e i giornali, continuavano a parlare di inarrestabili avanzate e gloriose vittorie, ma i soldati sapevano che in quelle gelide lande si stava consumando un'immane tragedia.

Così il nostro calzolaio, spinto forse dall'istinto di sopravvivenza, chiese d´essere ricevuto dal comandante di compagnia.

Prima però andò in camerata, prese il fiasco dell'olio, un sacchetto di fichi secchi e due carte di pasta, che aveva portato da casa e con quelle cose in mano entrò nell'ufficio del comandante.

Questi nel vederlo entrare con quel ben di Dio saltò dalla sedia, e per tutto il tempo che il soldato parlò non distolse lo sguardo dalle cibarie neppure per un istante.
Alla fine, prima di ritirarsi, posò tutto sul tavolo del Capitano, e raccomandandosi di controllare meglio la lista, e vedere se non c'erano stati errori, salutò militarmente e uscì.

In Russia non ci andò mai, e rimase fino alla fine della guerra a fare scarpe e scarponi.

Adesso non sarò io, seduto sulla mia comoda poltrona, a giudicarlo! Di cosa potrei accusarlo poi? di viltà o di scaltrezza ? Che differenza avrebbe fatto un cadavere in più abbandonato nella steppa?

Forse sarà meglio fare come lui mi ha insegnato . Questo è ciò che accadde, ognuno tragga le proprie conclusioni.


Didascalia di  Eduardo Chiarelli.
"Questa foto ritrae mio zio Vincenzo (quello più alto) insieme ad un commilitone;
è stata scattata poco prima di partire per la 
Russia."


domenica 8 marzo 2015

NON DIMENTICHIAMOLI. Giovani caduti in guerra, non solo di Racalmuto, e documentazione che li riguarda





Trusciteddra:
fagottino ricavato da un fazzoletto con le quattro nocche annodate
NON DIMENTICHIAMOLI. 
Giovani caduti in guerra, non solo di Racalmuto, e documentazione che li riguarda

Sembravano un'allegra brigata, i giovani che da lì a poco, una volta addestrati, sarebbero andati in guerra a incontrare ciascuno il proprio destino.
 Dovevano essere foto ricordo del servizio militare e invece...
Mio zio Carbone Giuseppe Elia, classe 1921,  sarebbe morto sul fronte russo, il 5 novembre 1941 (su alcuni documenti si legge il 2 e in altre il 9 novembre), a Gorlottwa, in territorio ucraino, e gli altri commilitoni che fine hanno fatto? chi sono?
Nelle foto, in posa o mentre "giocano", sono sorridenti, sembrano sereni. Erano ventenni.

Pubblico queste foto rinvenute tra le carte di famiglia conservate gelosamente in una trusciteddra: potrebbero essere utili per eventuali riconoscimenti, per l'individuazione di luoghi e l'integrazione iconografica di alcuni frammenti di storia.






 Foto del soldato Carbone e di altri commilitoni sconosciuti









Carbone Giuseppe Elia, 79° Reggimento di Fanteria "Roma"

Ho postato questa foto nel Gruppo fb Ai Caduti Italiani nella Campagna di Russia CSIR - ARMIR e così l'ha commentata Fiorio Giuliano: 
Questa foto è stata scattata a Verona presso uno studio fotografico che si trovava davanti a CastelVecchio che ora non esiste più. Molte sono le foto di militari fatte da loro, si capisce dal tipo di pavimento. Ho fatto indagini ma non resta più nulla nemmeno agli eredi.

Altri particolari ha aggiunto Luigi Falletti che da qualche anno a questa parte si è dedicato al recupero della memoria dei caduti in guerra e dei reduci di Racalmuto: 
"Probabilmente in questo studio fu fatta anche la foto di altri due Racalmutesi il bersagliere Farrauto e il sottotenente Tulumello... entrambi caduti ed entrambi impegnati in altre campagne belliche."


ALTRA DOCUMENTAZIONE


Trusciteddra


Carbone Giuseppe Elia (19.2.1921 - 5.11.1941)









Non Rocomuto come in intestazione ma Racalmuto

Cimitero di guerra di Gorlottwa  o Gorlowka


Cimitero di guerra di Gorlottwa o Gorlowka



Per inquadrare la situazione dei cimiteri di guerra è stata utile la ricognizione del generale di divisione Antonio Ricchezza fornitami da Luigi Falletti, col quale si concorda nell'opportunità di adunare i resti dei caduti racalmutesi in guerra in un Sacrario ad hoc e la documentazione che li riguarda in un Museo della Memoria: di quel che rimane si eviterebbero tanti smarrimenti e ulteriori oblii. 





















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giovedì 5 marzo 2015

CARNI DI FIGLIU. Medaglia di bronzo al valor militare




Carni di figliu

                                                                              


A mio zio (Medaglia di bronzo al valore)

“Mentre avanzava, con ardimento

ed eroismo, cadde falciato

da raffiche nemiche”.

      


Taliava li gaddrini nni la caggia

e discurriva ccu l’antri vicineddri.

Na littra siggillata ccu du’ strisci

lu pustieri ci purtà e l’uocchji n terra

tiniva. Scappà di cursa: avìa primura.

- Ma figliu!...- dissi la matri.

Avìa lu figliu n guerra.



Grapì la busta ggialla cc’un firriettu

e pinnuliaru nastri triculura.

- Maria Santissima! Chi cosa veni a diri? -.

C’era na midaglia cc’un pizzìnu.



Ma nanna nun capia lu talianu,

cci lu liggieru, e iddra jittà li vuci:

- O Statu tradituri, chi mi duni?

Chi mi nni fazzu di ssa midaglia scura.

Di la panza mi niscì carni di figliu,

chissa ti detti, e sulu chissa vuogliu,

e tu... mi manni carti scritti e fierru -.

Assantumà e cadì n terra.



Quannu, ccu l’acìtu, grapì l’uocchji,

ci parsi di vidiri a la morti:

appizzata la midaglia vitti a muru,

lu ritrattu di lu figliu e na lumina.

Nun si dava paci.



Jinchjì di scocchi nivuri la casa,

pariva un campusantu senza cruci

di nivuru tincì vesti e cammisi.



Ammèci d’jiri n chjesa, ppi vint’anni,

passà ogni matina, nginucchjuni,

di ddra strata ora ammuntuata

a lu figliu: SOLDATO CARBONE.









Carne di figlio

Osservava le galline nella gabbia
e chiacchierava con le altre buone vicine.
Una busta sigillata con due strisce (nere)
portò il postino e teneva gli occhi bassi.
Scappò di corsa; aveva premura.
- Mio figlio! - proruppe la madre.
Aveva il figlio in guerra.

Aprì la busta con una forcina
e penzolarono nastri tricolori.
- Maria santissima! che significa?
C'era una medaglia con u biglietto.

Mia nonna non comprendeva l'italiano,
glielo lessero e lei emise un grido:
- O Stato traditore, che mi dai?
Che me ne faccio della medaglia scura?
Dal ventre venne fuori carne di figlio,
quella ti ho dato e solo quella voglio -.
Svenne e cadde a terra.

Quando, con i sali, aprì gli occhi
le sembrò di vedere la morte:
appesa la medaglia vide a muro
il ritratto del figlio e un lumino.
Non si dava pace.

Riempì di fiocchi neri la casa,
sembrava un camposanto senza croci,
di nero tinse vesti e camicie.

Invece di andare in chiesa, per vent'anni,
si recò ogni mattina, ginocchioni,
in quella strada ora intitolata
al figlio: SOLDATO CARBONE.

Mia traduzione.






 in Piero Carbone, Pensamenti, Coppola Editore, Trapani 2008, ma la poesia risale ai primi anni  ottanta, presentata al Premio di poesia organizzato dalla Preside Fusco a Villarosa, patria di Vincenzo De Simone, dove, con mia grande emozione, non passò inosservata. Ricordo che la recitai pensando al volto mai sorridente di mia nonna che spesso si sedeva dietro la porta e guardava la strada, come se spettasse qualcuno che non arrivava mai.