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domenica 3 febbraio 2019

LUMACHE IN TUTTE LE SALSE, COL COUS COUS E IN POESIA. Predilette dal cuoco Baldassare Sammaritano e dal poeta Stanley Barkan

Dalle mie parti, bbabbalùci (chiocciole, Helis pomatia), iudìsca o scataddrìzzi (lumache, Limax) e muntùna o crastùna (martinacci, Coclea terrestris maxima) preparati con il sughetto, cipolle e patate; bbabbalucièddri (chioccioline, chiocciolette) insaporiti con olio, aglio e prezzemolo; a Palermo con il particolare intingolo detto picchipacchiu... 


E a Marsala?
Il mio amico chef Baldassare Sammaritano ha riesumato una storica e rara ricetta proponendo un ghiotto cous cous alle lumache della varietà  detta in dialetto crastuna  o muntuna e in latino Coclea terrestris maxima...

Altre notizie nel Post: 






 




Stanley Barkan invece...
 lui americano, ha "cucinato" le lumache o babbaluci in poesia  



Traduzione in siciliano di Marco Scalabrino



Commento di Stanley Barkan su Facebook
 in data 3 febbraio 2019

Stanley H. Barkan Looks delicious (delicioza). Ah, Racalmuto, where i first say Nicolo's "Valley del"Apocalisse." Wonderful memory, which led me to present it at the UN and other venues in New York City.


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Le foto sono di Baldassare Sammaritano


venerdì 9 ottobre 2015

O AMICO DELLE NOTTI SENZA SONNO. Musiche di Emanuele Giacopelli per "Dialogo nel bosco"


Da sx: baritono Silvestro Sammaritano, soprano Maria Corno
                          

O Amico delle notti senza sonno, 

che vedi gli uomini dibattersi 

nei vincoli dell’esser carne, 

dell’esser ciò che sono, liberaci 

dai serpenti del peccato. 

Noi siamo uomini.

Il vento, o vento!

naviga felice.





Il Dialogo nel bosco,  nella sua prima versione, è stato rappresentato il 14 gennaio 2002, nello spazio teatrale della Libreria “Tikkun” a Milano.
Successivamente, sono stati aggiunti alcuni testi del poeta pecoraio e futurista Giacomo Giardina, alcune arie musicali e, su suggerimento della coreografa Emanuela Tagliavia, inserti musicali  per un eventuale intervento coreografico.
L'aria "O amico delle notti senza sonno" è stata eseguita in anteprima a Monreale nell'estate del 2012.




A sinistra, Virgilio;  a destra, Marinetti: incisioni di Sergio Amato




Tutti i diritti riservati
Opera depositata
©piero carbone
©emanuele giacopelli


giovedì 25 ottobre 2012

UNA STELLA A MONTEDORO






1


Quando le sere d'estate non avevamo nulla da fare in paese perché nulla vi s'organizzava a differenza di tanti altri comuni limitrofi, ci si spostava a Montedoro, un piccolo paese dalle comuni radici contadine e minerarie, lindo, all'antica, ma attrezzato modernamente con rara efficienza: dall'anfiteatro alla funzionante biblioteca, dal museo alla pinacoteca, dal centro sociale per i giovani al centro per gli anziani, dall'anfiteatro alle terme, dai campi da tennis e di calcetto alla piscina, e con un cartellone estivo che non lasciava una sola serata i montedoresi ad annoiarsi: una mostra, un concerto, uno spettacolo di varietà, una drammatizzazione, la proiezione di un film, il laboratorio teatrale, un corso musicale, la balera... 

Che fortunati, i montedoresi! 

Onore alle amministrazioni che si sono succedute nel tempo.



2


Dai miei "Appunti domestici"


Ieri sera sono stato a Montedoro ad ascoltare il chitarrista Alirio Diaz, venezuelano, discepolo e successore di Segovia,  il  più  grande chitarrista del secolo, come recitava il cartoncino-programma  che serviva opportunamente da ventaglio. Ha eseguito brani rari di Lauro, di compositori napoletani e soprattutto  rifacimenti di musiche etniche guaranì, cioè paraguayane antiche. Sciolto, virtuoso, sinuoso, riusciva a creare tensione emotiva tra il pubblico, insomma una atmosfera che trascendeva il piccolo comune di Montedoro, tanto che veniva da chiedersi con meraviglia come mai quel grande artista sudamericano fosse capitato lì.

Davanti a me, in linea diagonale, le spalle scoperte, abbronzate, invitanti, di una ragazza: delicatissimi gli omeri, la linea del collo; il ripiego di carne che si formava sotto l’ascella sinistra risultava sensualissimo, appena alzava un poco il braccio per gesticolare si intravvedeva in profondità il bordo del reggiseno bucato che premeva e delimitava una mezza  luna chiara.

3

“In questo periodo storico confuso e strano”, diceva tra un
brano e l’altro Diaz, mentre la gente si sventolava, “rifarsi alla tradizione è importante da un punto di vista musicale, storico, sociale, artistico”. E giù un effluvio incalzante, dondolante, di note: la chitarra diveniva percussione, liuto, arpa.



4


Neanche gli alberi, che delimitavano il terrazzo, fiatavano: non si muoveva foglia. Neanche le stelle. La ragazza stava tre file davanti a me, di lato, se qualcuno delle varie sedie mi liberava la visuale, ne vedevo anche i movimenti: muoveva i capelli, una piramide di riccioli,  si girava sul lato destro. Qualcuno della seconda fila protese la testa in avanti e io non vidi più niente, si ricompose e m’accorsi che a fianco della ragazza ci stava seduto uno con la barba e la giacca sportiva, un anello di cattivo gusto al mignolo.
Scrosciarono gli applausi a rompere la tensione che Alirio, pur anziano, aveva instaurato con la sua energia e leggiadria insieme. Il pubblico era soddisfatto, chi seduto, chi in piedi.



5

Calogero, il mio amico, patito di musica, che aveva trovato posto tra le prime file, al termine del concerto, prima che iniziasse il tramestio di sedie, corse verso di me per sollecitarmi a richiedere il preziosissimo autografo.
Dissi di sì, dissi di no. Lui mi sollecitò di nuovo. Io ero distratto, forse un po’ triste. Alzai lo sguardo. Mi voltai per un attimo. Mi ritrovai in coda per l’autografo quasi spinto dalla gente che premeva da ogni parte. “Dài, dài”, mi diceva Calogero.

Quando finalmente arrivo vicino al Maestro, scorgo davanti a me due bretelline trasparenti che aderivano per il sudore alla pelle di spalle ben disegnate, finissime. Era lei, la ragazza ammirata durante tutto il concerto, rispuntata d’incanto. Da vicino, i lineamenti erano ancora più belli.
“Il suo nome?”, chiese il grande Diaz rivolto proprio a me; glielo
dissi e lui mi disegnò con ampia voluta della mano un gigantesco autografo, personalizzato. Appena sollevò la penna indicando con gli occhi che aveva finito, venni scalzato da cento mani che spingevano e si facevano largo.
Guadagnai un angolo più sicuro e tranquillo e alzai gli occhi dal cartoncino geroglificato. Calogero era fiero del raro reperto. “Che hai?”, mi chiese, vedendomi di colpo triste.
“Niente”, risposi, mentre cercavo di scorgere tra la folla quelle bretelle trasparenti sparite nel nulla. “Niente”.
Il mio amico voleva ad ogni costo sapere...

Racalmuto (Contrada Serrone), giovedì 26 agosto 1999. Fa
caldo. Non riesco a prendere sonno. La stanza è infuocata.
Papà e mamma, sofferenti, dormono al pianterreno. Sono le 4 e
un quarto di notte e la campagna è ancora buia.

P.S. Debbo chiedere a Calogero in che data si terrà il prossimo concerto.



Alirio Diaz - Como Llora una Estrella (Antonio Carrillio)
Trad.: Come piange una stella
http://www.youtube.com/watch?v=ZIEiOGI4qI8





Foto1:  Giuseppe Sardo Viscuglia (Belgio), "Les Tournesols à l'aube"
Foto2:  Silvestro Sammaritano, Il musico. Particolare     
Foto3:  Caterina Gulioso, La collana   
Foto4:  Cielo di Montedoro? 2009                                                                  
Foto5:  Silvestro Sammaritano, Il musico.



Alirio Diaz Interpretando Natalia (Vals n.3) de Antonio Lauro
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Rare Guitar Video: El Gavilan

http://www.youtube.com/watch?v=ee-O0S0DFn4&feature=related