Oggi come non mai, e con una certa interessata insistenza, Racalmuto-Regalpetra viene associato alla mafia, che non si può negare. Non si deve. Anzi, si deve riconoscere il male per curarlo. Va bene.
Oggi è la mafia, domani potrà essere qualche altro fenomeno. Ma sarebbe opportuno integrare quest’univoca associazione di idee. Sia per Regalpetra sia per i racalmutesi, che sono anche altro. Per fortuna. Senza escludere di poterci scherzare su.
Un
anonimo passeggiava dalla Matrice al Padreterno. Gli sbocciò sulla bocca questo
triturato e triturante pensiero:
“Io
penso di pensare quando sto seduto e non invece quando sono in piedi”.
Innamoratosene,
lo ripeteva spesso. A chi, affannosamente, gli richiedeva dilucidazioni, rispondeva
secco:
“Io
la penso come me”.
E
tirava innanzi, gettando nella nera disperazione gli interlocutori amareggiati
del loro cervello non adatto a capire. Capivano di non capire, questa era la loro consolazione.
“Che filòsamo!”
dicevano e lo lasciavano
andare.
Un
altro non ragionava, capiva. Intuitivamente. Testa di zucca colma di prelibatezze,
per dono di natura. I contadini lo ringraziavano e lo benedicevano per gli
annunciati e dannosi temporali. L’intuitivo “udiva” gli echi dei tuoni un
giorno prima.
Incomunicabile
sapienza, veggenza pluviale: il massimo della follia. Negarselo sarebbe follia peggiore.
Ma
anche questa forma di insensatezza offre i suoi doni e presenta le sue
benemerenze. I regalpetresi non le sono ingrati e non pensava certamente a loro
Erasmo quando a questa forma di alterata intelligenza fa dire:
“Non
c’è stato nessuno che abbia celebrato i meriti della Follia con un discorso
riconoscente”.
È
stato un agronomo controcorrente ad associarla al più caro e più sacro dei
prodotti dell’uomo fin dall’antichità. Pane
e follia, sostentamento al corpo, ossigeno alla mente. La causa dell’eccesso
d’intelligenza, rasente il patologico, sarebbe da imputare all’abbondanza di
silicio nel terreno e quindi al grano che l’assorbe e si fa pane. Per
tal motivo, Regalpetra rigurgita di uomini di genio e d’ingegno fuori misura,
singolari e strani. Terra felice dove è rimasta sconosciuta l’invidia
fintantoché a ciascuno non mancava quello che avevano tutti gli altri:
mangiavano lo stesso pane.
Ma
con le nuove politiche agrarie s’è coltivato sempre meno il grano nelle
campagne regalpetresi; è incominciato ad arrivare da lontano. Il
pane non contiene più il silicio succhiato dalle spighe. Venendo meno la
pedologica ragione, i regalpetresi, piuttosto che rinunciare all’effetto cui
erano abituati, sono andati a cercarsi un’altra causa. Altrove…
Questo
brano è tratto da Eretici a Regalpetra, con prefazione di Claude Ambroise, Ettore Grillo Editore, Enna 1997. Un libro introvabile, perfino nelle librerie di
Racalmuto, da dove l’editore-distributore lo ha ritirato subito dopo la
pubblicazione, “per venderlo su Internet”. Altrove non so. Ma una cosa non
escludeva l’altra. Ho sempre fatto fatica a sapere il destino di questo libro. Un vero mistero. Forse sarebbe il caso di offrirgli un’altra chance,
ripubblicandolo.
Prima non una ma mille congratulazioni. Chi è Piero Carbone? Se tu hai letto una mia recente divulgazione di quanto mandato ad un certo fiero meneghino (e da questo censurato pur trattandosi di cosa mia, ma da lui amministrata) ti sei visto sovrabbondato rispetto allo stesso maestro della Noce. Sarei bugiardo se non dicessi che "m'acchiana lu sangu all'occhi" quando sento parlare di Regalpetra, di fondazioni dal cognome estorto, di mafia regalpetrese apicale, di scolaretti - tutti - di un certo Nanà. A me nulla mi ha insegnato e non mi piace essere da lui chiamato "di tenace concetto" (che nel testo del Matranga significa "tistardu comu un mulu fanzu")e poi iniquo, folle, perfido (non mi ricordo bene: ma sono tre cone come un'imbecille lapide sotto la Centrale va ricordando e dicendo anche al più avveduto dei rari turisti che dovessero avere la ventura di passare per di là. Veramente manco mi sei piaciuto tu quando hai intitolato un tuo bel libro: "il mio Sciascia" (o pressappoco). Io sostendo da tempo: così come Sciascia è arricchito parlando male di Racalmuto, i racalmutesi devono locupletare parlando bene di Sciascia. Con buona pace di un tal alieno padrone della fondazione che predicava moralismi opposti.
RispondiEliminaE questo vale anche per me come nel pirandelliano specchio di Laudisi(se non ricordo male). Tu ed io un compito ce l'abbiamo: ripulire Racalmuto dallo sciascismo: troppi guai ci ha procurato; troppa imbecillità ha seminato.
RispondiEliminaN.B. quel mio infelice "sostendo" va ovviamente letto: "sostengo"
Quando l'intelligenza c'è, non si può contenere. C'è poco da fare. E mi riferisco alla tua indipendenza di giudizio. Per i complimenti ringrazio. Per le critiche anche: possono aiutare a migliorarsi.
RispondiEliminatroppo bello questo post... ciao Piero
RispondiEliminaUn bell'incontro di intelligenze che come due attori si contendono la scena. Mi piace il post, mi piace la premessa, mi piace il commento e mi piace che i due attori sono Racalmutesi ma di quelli che hanno mangiato il pane quando nelle spighe c'era il silicio
RispondiEliminaCome a dire che l'attuale eccesso di imbecilli sia dovuto alla diversa composizione del grano.Poco male , l'epidemia si può prevenire.
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