mercoledì 13 marzo 2013

LA LUCCIOLA CHE ATTRAVERSO' L'ITALIA. 2. Donne pensanti non affascinate dal fascismo




Della rivista "Lucciola" s'è detto in un post precedente
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2013/03/la-lucciola-che-attraverso-litalia-1-la.html



Copertine ricamate della rivista





DA MONTEDORO LINA CAICO SCRIVE SUL FASCISMO

di Federico Messana

Quando appare alla ribalta il partito fascista, una delle redattrici della rivista, la milanese Gina Frigerio,  che si firmava v.f.s., iniziali di veritate, fortiter, suaviter,   fin dalla prima ora, siamo nel 1922, aderisce al clima di attivismo che i fasci sembrano annunziare. 

Ma non Lina di Montedoro, figlia di Eugenio Caico e di Luisa Hamilton, che così risponde ad una corrispondente che si dimostra entusiasta verso il nascente fascismo: 





"…Ma ahimè, o sacri morti, possibile che non vi sia niente di meglio del Fascio a rendevi vero tributo d'amore: niente di meglio del Fascio a raccogliere quale eredità verso l'Italia nuova da plasmare? Io socialista non sono. 

Ma ancor meno sono fascista, o Rosa Sfogliata ! (pseudonimo della socia che elogiava il fascismo). Credi tu davvero che il fascismo come idea e come persone sia tale da produrre una novella Italia?
 Vorrei ben sapere che cosa c'è di novello nell'Italia che vogliono i fascisti…In queste pagine il "giorno della redenzione" si chiama pure "giorno della vendetta" e i fascisti sono esortati a strappare dalle profumate aiuole d'Italia le piante immonde (cioè ammazzare i socialisti). 
Mi duole trovare in queste pagine un piccolo, ma esatto documento della eloquenza fascista".




Presentazione della rivista a Villa Withaker di Palermo

3 commenti:


  1. Come andò che Mussolini non si fermò a Serradifalco (da una lettera di Letizia Caico a Lucciole)
    Montedoro 14 Maggio 1924

    Care Lucciole,

    cinque giorni orsono me ne sono andata con altri alla stazione di Serradifalco. E' la più vicina stazione ferroviaria di questo "borgo selvaggio": e sono quattordici chilometri di tortuoso e polveroso stradale, fra monti solitari e selvaggi, sotto un sole cocente. Man mano che si avvicinava la meta altri si univano a noi. Erano frotte di giovani d'ogni ceto, eran carretti carichi di contadini dai volti arabi nei pittoreschi fazzoletti, eran monelli scalzi e laceri che correvano dietro al nostro sgangherato carrozzino, supplicando, finché ne presimo tanti che … scesi io (è una mia abitudine lo scendere nella salita dello stradale). Da Serradifalco paese a Serradifalco stazione vi sono altri due chilometri (povera Sicilia!), improvvisamente popolati da una folla con bandiere, e musiche, e associazioni…. Andavano a vedere Mussolini! Dicevano che passerebbe alle 11,30 e pareva sicuro che il treno fermerebbe….

    La stazione era coperta di bandiere e festonata d'edera e ginestre. Un arco d'edera stava elevato sul binario. Alle 9,30 il marciapiede rigurgitava e il telegrafo ci informava ad ogni quarto le mosse del Presidente. E' giunto a Campobello… ne è partito… è giunto alla miniera Trabia… è sceso nella miniera.. è risalito.. gli offrono il banchetto.. ci sono i discorsi.. è giunto a Canicattì… sta inaugurando il monumento ai caduti… è partito! Finalmente! Erano le 1,15. Perché tanto ritardo? Principalmente, lo seppimo poi, perché la visita alla miniera Trabia fu molto più lunga di quanto i programmi ufficiali non avessero fissato. Ciò per forte volontà del Presidente, che volle veder tutto, fra cui molte cose che i pezzi grossi a lui dintorno avrebbero preferito ch'egli non vedesse.

    Alle 1,30 il suo treno passò. Dopo vari falsi allarmi che ci regalarono varia musica dalle bande, e non si fermò, perché non poteva più ritardare, stante l'enorme programma di quella giornata. Ma egli ci vide, e stese la sua mano nel romano saluto. Il treno era già lungi, ed ancor si vedeva la sua mano stesa, alla diritta. E ce ne contentammo.

    Dopo in vari suoi discorsi a Caltanissetta, a Caltagirone, a Catania, ho trovato la nota della sua commozione alla festa tributategli dalle piccole stazioni, dalle remote borgate, al caratteristico affollarsi di carretti e di muli, dietro i cancelletti ed i muri…. ed ho pensato che in una "casella" della sua memoria ci fosse anche la stazioncina di Serradifalco, e - perché no? - anche l'edera del nostro orticello.

    Care Lucciole, io lo ammiro con tutta l'anima perché in lui la volontà è temprata d'un fervore grande. O fervore, o calore, o ideale senza di cui ogni azione è morta, e la vita un incubo, quanto sei mancata all'anima italiana? C'è uno che lo possiede e lo irradia meravigliosamente. Se ogni italiano se ne accendesse e vi collaborasse secondo la sua forza e i suoi mezzi, avremmo la terza Italia. Ed ora leggete, vi prego, il suo discorso di Palermo e compatite il mio entusiasmo.

    Letizia Caico

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    Risposte
    1. Letizia era sorella di Lina Caico.
      Per altre notizie sulla famiglia Caico:
      http://archivioepensamenti.blogspot.it/2013/02/carissima-loulou-introduzione.html

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    2. Ringrazio Federico Messana per il documento inviatomi ad integrazione del post sulla "lucciola" Lina Caico. E' la testimonianza di un atteggiamento diverso nei confronti dell'incipiente fascismo, capace di suscitare diffidenze e al contempo palingenetiche aspettative, a dimostrazione che è difficile vivere il proprio tempo schierandosi dalla parte giusta quando non si sa quale essa sia: nelle diverse latitudini o all'interno della stessa famiglia.

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