giovedì 7 marzo 2013

NICOLÒ TINEBRA MARTORANA A LAMPEDUSA









DI TERRA E DI MARE

Il racalmutese Leonardo Sciascia, vissuto nel Novecento,  cita il verso di Quasimodo, "La mia terra è sui fiumi stretta al mare", per dire quanto la sua terra, la sua Sicilia, fosse lontana dal mare, una  distanza che nella sua infanzia alimentava stupore, "uno stupore che attingeva alla paura". 
Ancor più lontana e "stupefatta" sarà parsa quella distanza all'ottocentesco Nicolò Tinebra Martorana quando le distanze erano infinite e le comunicazioni lentissime e sporadiche.

Da racalmutesi perciò, almanaccando su questo rapporto aspro, ci siamo divertiti, io ed Angelo, ad immaginare che il terragno Nicolò giungesse al mare, anzi, che lo attraversasse fino ad approdare in un'isola, più vicina all'Africa che  non alla Sicilia stessa. E Angelo, che, sfatando ogni paura antica, per una prosaica graduatoria insegna nell'isola di Lampedusa, ha portato con sé il libretto con le poesie ritrovate di Nicolò Tinebra Martorana per darvi isolana dimora e cittadinanza. 
Dopodiché ne ha testato la reazione nei lampedusani offrendole in lettura ai suoi alunni, congiungendo due mondi assai lontani: quello dello zolfo e dei campi di grano con quello delle paranze e dei ritmi marini, lontani ma posti sotto lo stesso cielo, fatto di vaganti nubi, di simili tramonti e forse di comuni aspirazioni.                                            Piero Carbone





LI HO FATTI LEGGERE AI MIEI ALUNNI

I ragazzi della Quinta A del liceo scientifico di Lampedusa hanno letto e apprezzato i versi di Nicolò Tinebra Martorana.  Li hanno analizzati senza pregiudizi, come è consueto nell’età in cui la mente non è ancora condizionata da partigianerie di sorta. 
Le osservazioni critiche di questi studenti costituiscono una testimonianza preziosa della potenza del canto, che travalica il tempo e lo spazio. 

Un gruppo di diciottenni, nel 2013, si approssimano a un loro coetaneo del 1895 e ne commentano i versi rilevando schemi metrici, concetti chiave, figure retoriche. Ne apprezzano le implicazioni culturali, ipotizzano le letture di uno studente di mente aperta, che legge le novità letterarie ed è figlio del suo tempo, nonostante viva in un angolo di Sicilia apparentemente troppo appartato. 

Allego un’analisi dei miei alunni e preciso che essa mi è stata consegnata così com’è, non è stato ritoccata né arricchita. Il 23 marzo, al teatro “Regina Margherita” di Racalmuto, in occasione della serata in onore di Nicolò Tinebra Martorana, sarà presente una delegazione di studenti lampedusani.
Angelo Campanella





Analisi:

"Dopo un amplesso” è una poesia di Nicolò Tinebra Martorana composta il 14 aprile 1895, scoperta e pubblicata solo nel 2012. 
Dal testo poetico emerge la grandezza dell'autore, che all'età di soli sedici anni riuscì a scrivere un tale componimento che può essere paragonato ai testi di grandi poeti a lui contemporanei come Carducci, Pascoli e d'Annunzio. 

“Dopo un amplesso” è composto da sei quartine di decasillabi caratterizzate da rime alternate a schema AB-AB, che danno al componimento il ritmo cantilenante tipico della poesia popolare romantica. 
All'interno del testo poetico è presente la figura retorica dell'anafora, come “Vieni meco” e quella del climax ascendente 

Vieni meco alla luce, all'aperto,  
Vieni meco alla vampa del sole (vv.17-18).

 In questa poesia Nicolò Tinebra si rivolge alla sua futura moglie, Angela, e con dolci parole descrive le sensazioni provate dopo un momento di intensa passione. Descrive la sua dolce metà dal volto roseo e ne indica la delicatezza, scrive infatti 

Tutta rose nel volto e nel core 


Evidente è l'uso del simbolismo, tecnica molto usata in quel periodo dai suoi contemporanei come Carducci e Pascoli. 
Un altro simbolismo è presente nell'ultimo verso della quinta strofa in cui le viole stanno ad indicare la soavità, la dolcezza ed il pensiero di una persona cara. 

Tra tutte le strofe, quella che ci ha colpito maggiormente e che condividiamo da adolescenti, come lo era lui al tempo, è la terza strofa, poiché parla dell'attimo in cui un bacio può far di due persone un'unica essenza, e della tenera risata che alterna un bacio ad un altro. 


La scoperta di questa poesia è molto importante, in quanto ci fa capire che in un piccolo paese come lo è Racalmuto vi era la presenza di un grande autore paragonabile ai grandi maestri della letteratura italiana ma che purtroppo non ha avuto l'opportunità di essere conosciuto in tutta Italia.


Chiara Greco
Linda Brischetto
Camilla Galazzo
Giorgia Russo
Melissa Incorvaia
Samantha Solina
Elisa Tuccio 

Debora Billeci 

Giovanna D'ippolito

Pietro Amato 

Rossella Scozzari 

Maria Teresa Palmisano 

Maria Luisa Sanguedolce 
Lucrezia Palmisano







Foto inviate da Angelo Campanella

I contenuti di questo post sono autorizzati per la loro pubblicazione. 




1 commento:

  1. Sulla miapagina facebook, i ragazzi della V A commentano il post. Ne riporto qui il testo con un po' d'orgoglio. Nella scuola italiana i docenti non ricevono nessun riconoscimento se non quello offerto dai propri alunni. La scuola statale italiana attualmente è strutturata in modo da calpestare la professionalità dei docenti e ignorare ogni esigenza di formazione dei ragazzi. Trionfano l'incompetenza e il clientelismo, le spartizioni di denaro colpretestodi inutili progetti extracurriculari. Perciò il commento di questi ragazzi va riportato e condiviso, perché è la prova di una necessità: i ragazzi sentono l'esigenza di occuparsi di cose belle, non rifiutano la cultura, sono sensibili. Mi fermo qui, per ora. Ecco il commento dei ragazzi:

    "Professore,leggendo l'articolo postato sul blog,ci siamo emozionati. La ringraziamo per la bellissima opportunità che ci ha offerto, e soprattutto grazie per aver evidenziato che nell'isola di Lampedusa ci sono giovani che sono in grado di commentare un testo poetico. Siamo onorati di partecipare all'evento del 23 Marzo, un ringraziamento particolare va anche a Piero Carbone."
    Dalla V A.

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