Non so se il fondatore del Presepe vivente di Contrada "Cinquanta" - presso Menfi - sia ancora alle prese con il pagamento della tassa comunale, che una volta si chiamava ICI e che ora si chiama IMU; certo è che tasse a parte, è difficile stabilire quando e quanto la creatività che sconfina dalle regole tradizionali debba pagare pegno.
IL PRESEPE APOTROPAICO DI BALDASSARE
INTERRANTE
ovvero
MUSEO, ARCHITETTURA O SCULTURA?
Lungo uno stretto e tortuoso sentiero
acciottolato ci si imbatte in varie casupole e strani assembramenti di oggetti
a cielo aperto che sembrano sculture.
Nella prima casupola è
apparecchiato un presepe con statuine di pasta di sale, nelle altre viene fatto rivivere un mondo scomparso
indicato dalle didascalie: fabbro, pastaio, fornaio, pastore.
Personaggi in costumi israelitici offrono pane, uova, formaggi. In una casupola si vendono prodotti biologici tra cui nchiappe di pomodori secchi con tanto di traduzione inglese: “Sun Dried Tomatoes in Oil”, in un’altra è ricreata la scena della natività: un giaciglio per Gesù Bambino, una carrozzella con le ruote in legno rivestite di corda, l’asinello e due pony al posto del biblico bue.
La notte di Natale lo scenario si anima, il bambino e la sacra coppia diventano in carne ed ossa, Baldo impersona San Giuseppe, il sei gennaio invece prende altre sembianze:
Personaggi in costumi israelitici offrono pane, uova, formaggi. In una casupola si vendono prodotti biologici tra cui nchiappe di pomodori secchi con tanto di traduzione inglese: “Sun Dried Tomatoes in Oil”, in un’altra è ricreata la scena della natività: un giaciglio per Gesù Bambino, una carrozzella con le ruote in legno rivestite di corda, l’asinello e due pony al posto del biblico bue.
La notte di Natale lo scenario si anima, il bambino e la sacra coppia diventano in carne ed ossa, Baldo impersona San Giuseppe, il sei gennaio invece prende altre sembianze:
“Baldassare è il mio nome di Re Magio
e su questa terra sono di passaggio”.
Fra il sacro e il profano,
finalmente si arriva in cima al percorso dove si trova la “locanda” . Entrando
si viene assaliti da stupore e da qualche dubbio: alle pareti di forma
circolare è un’esplosione di oggetti, appesi, inchiodati, appoggiati: gioghi di
buoi, sfilze di lumi a petrolio, cannìstra,
capizzùna, capizzàglia, forme del calzolaio, stadere, falci, roncole,
seghe, morsetti, pialle, chianùzza, sorpassati
ferri da stiro a carbone, macchine da cucire a pedale, arcaiche macchine per
scrivere Continental, crìva, brascèri,
cafìsa, pompe arrugginite per spruzzare ddt, mortai, vèrtuli, coffi,
cufina, cuffùna, vascèddi, recipienti in terracotta e una miriade di altri
oggetti accompagnati da incredibili didascalie:
“L’Amore è la gioia
dell’Armonia / L’Armonia è l’Anima della vita”. “Non voglio perché lo voglio”.
“Chi
rompe le cose / ci rompe pure le cosone”.
In un canto è
ricreato amorevolmente l’interno di una casa contadina. Nell’altro ambiente,
anch’esso circolare, riluce una funzionante e odorosa macchinetta per il cafféspresso.
Seduti su
rustici sgabelli di vimini, sotto un tetto di cannìzzi, attorno un tavolo
ricavato con il fondo di una botte, cerco di capirci qualcosa e chiedo a Baldo
se intendeva rifarsi alla casa-museo di Antonino Uccello o alla “Godranopoli”
di Francesco Carbone. “Né a questi né ad altri,” che tra l’altro non conosce, è
la risposta. Anzi è convinto che la sua sia una scultura: la gente la visita,
la fruisce, la vive, vi si muove dentro. E’ una moderna scultura circolare.
Come ce ne sono negli “ateliers” degli artisti e nei musei.
Nel contenzioso col comune, che
vorrebbe fargli pagare l’I.C.I., è prevalsa finora questa tesi. Su quali
parametri – questo è il problema - i tecnici comunali dovrebbero fargli pagare
la tassa che normalmente viene applicata alle comuni abitazioni e agli
esercizi commerciali?
In effetti, la sua raccolta di oggetti e i suoi
manufatti non solo non hanno il rigore scientifico di un museo etnografico ma
neanche le pacifiche simmetrie dell’architettura corrente. Interrante non è
Gaudì. Ciò non toglie ch’egli vorrebbe per sue creazioni comprensione e
sostegno dagli enti pubblici: in fondo dà una mano all’economia locale
attirando migliaia di visitatori.
“E’ un’opera
d’arte in divenire,” spiega l’artista Baldo, “se tu vieni fra quindici giorni
non la troverai più la stessa. Per me è un gioco, mi diverto. Nulla si crea,
tutto si trasforma. Per me è un sogno, vivo nel mio regno. Forse un giorno farò
qualcosa di stabile, una struttura agrituristica per assicurare un futuro ai
miei figli”.
Personalmente
credo che tutto ciò assuma un significato apotropaico: come per i popoli
primitivi, una sorta di recinto che serva a preservare un’area circoscritta da
qualsiasi influsso negativo proveniente dall’esterno: decadenza morale,
conflitti, disastri ecologici. Baldo Interrante se ne preserva a suo modo:
tappezzando il suo mondo fittizio di oggetti desueti, obsoleti, “antichi”.
Nel fare i conti con il proprio tempo c’è chi
reagisce internazionalizzandosi, proiettandosi nel futuro, legandosi ai
prodotti appartenenti a correnti artistiche moderne, come gli amministratori
della vicina Gibellina ad esempio: non avendo più le pietre antiche incistano
il loro immaginario nel tecnologico cemento, lo legano agli altisonanti nomi
del mondo dell’arte.
Interrante nel suo piccolo, segue
il movimento opposto. Con un certo fascino di ieraticità.
Al di là di ogni intenzione, il suo “mondo” risulta essere un archivio sentimentale
della memoria dismessa di un paese terremotato.
la nostalgia per le sane tradizioni perdute non deve indurci a rinunciare alla lotta per migliorare il nostro mondo.
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