La testimonianza di Angelo Di Garbo su Arturo Patten
(seguito del post di ieri)
UN FOTOGRAFO SILENZIOSO
DI
ANGELO DI GARBO
Ho conosciuto Arturo
Patten al museo di Palazzo Abatellis a Palermo, ma non avevo alcuna idea di chi
fosse quell’uomo.
Seduto nella piccola sala di Antonello da Messina guardava il
dipinto dell’Annunziata e scriveva, pensava e poi ritornava a scrivere.
Tutto questo
con una frequenza quotidiana e per diversi giorni.
In lui avevo percepito
qualcosa di diverso rispetto ai normali
frequentatori del museo ma non dicevo nulla.
Successivamente, quando si accorse
della mia silenziosa e discreta presenza, mi rivolse la parola.
Allora
argomentammo sulle diverse percezioni e sensibilità che in quella piccola sala
predisposta nella sua sistemazione
dall’architetto Carlo Scarpa confluivano per vagare altrove. Parlammo dello
sguardo dell’Annunziata, della qualità della luce emanata da quel piccolo
capolavoro, della sua qualità pittorica, dello spazio prospettico rinascimentale
e di nuovo, degli occhi profondi di Lei che incontravano adesso i
nostri.
Patten, stupito dalla profondità dello sguardo di questo ritratto mi
ricordò della potenza dell’altro lavoro di Antonello presente
nell’isola, esattamente al museo
Mandralisca di Cefalù: Il Ritratto Dell’Ignoto Marinaio.
Inevitabilmente andavamo
costruendo un rapporto, un filo conduttore che ci portava ad approfondire tutte
le relazioni possibili riguardanti la grammatica del vedere. Parlammo e scriveva
ancora e nulla mi faceva pensare che facesse il fotografo. Lo scoprii quando mi chiese cosa facessi al museo e
quando gli confidai che anch’io in qualche modo ero coinvolto dal mondo della
pittura e soprattutto interessato a quello
dell’incisione e della calcografia. (Allora disegnavo le lastre di zinco
utilizzando la tecnica della Puntasecca, ma lo facevo in casa non avendo mai
avuto un vero studio d’artista).
Volle venire a vedere accompagnato da un suo
assistente i miei lavori e rapidamente trasformò il soggiorno di casa in un
vero e proprio studio. Fu allora, solo allora, che lo vidi fotografare. Arturo
Patten era un fotografo silenzioso, dava poche indicazioni numeriche sui tempi
della luce e nulla più…
E’ stato l’unico “Amico” che seppe regalarmi uno studio
“d’Artista”. Successivamente, mi invitò in un appartamento ubicato in un palazzo
di Piazza Unità D’Italia, dove aveva organizzato uno studio volante, e lì mi
fece dei ritratti.
Di Arturo Patten, non seppi più nulla.
Solo dopo un paio di
anni il suo assistente mi consegnò uno scatto del maestro americano rendendomi
partecipe del suo definitivo andare.
Conoscerlo è stata per me una bella lezione
perché mi fece comprendere di come l’immagine debba prendere corpo a partire da
una elaborazione mentale e da altrettanti attimi d’osservazione e
riflessione. La fotografia era presente nella sua mente la fotocamera da lui
usata, solo un mezzo, un giocattolo utile a materializzare i suoi pensieri
continuamente in divenire.
Palermo, 2008
Palermo, 2008
Nessun commento:
Posta un commento