L’accumulo della munnizza ovvero il problema dei rifiuti fino a poco tempo fa è stato affrontato e risolto dai paesi mediante le loro discariche, ciascun paese aveva la propria.
Poi le singole discariche, comunali, vennero dismesse per dare spazio a
megadiscariche intercomunali e accogliere la munnizza di un certo numero
di comuni organizzati in consorzi. Con i risultati e i fallimenti che sono
sotto gli occhi, e il naso, di tutti.
Ma qualche anno fa, quando questo sistema sembrava funzionasse alla
perfezione, io sollevavo dubbi e interrogativi, tra il serio e il faceto, non
tanto sulla loro economicità e sulla loro efficienza quanto sulla loro involontaria valenza
“culturale”.
Nell’estate
di qualche anno fa, sotto l’afa di agosto, mi ritrovai in aperta campagna: a
perdita d’occhio si vedevano stoppie gialle e bruciate.
Mi sembrava di stare in un luogo
inventato, tanto era somigliante a quello descritto dal Lampedusa nel suo
romanzo, ma inventato non era, perché ancora oggi mi ritrovo quello che ho
rinvenuto quella volta tra i campi e le restucce riarse. O per essere più
precisi – sempre con rispetto parlando – nel bel mezzo di una pubblica
discarica.
Ho trovato carte: documenti, delibere,
pitàzzi, tessere fasciste e
per il pane; un’istanza del signor Nicolò Alfano che chiedeva “lo svincolo
della cauzione prestata quale esattore della Tassa del macinato negli anni
1871, 1872” nei comuni di Grotte e Racalmuto; l’atto fondativo di un “Circolo
Unione”; il contratto dell’8 maggio 1899 fra la Ditta in commercio “Stefano
Pirandello e C°” con sede in Porto Empedocle e il racalmutese Giovanni Battista
Buscarino “coltivatore di zolfare”; aste per il rifornimento di vettovaglie dell’Esercito
Regio; carte dei Withaker; notizie sulla fillossera;
la delibera di un ossario comunale; testamenti del popolo minuto; lettere, molte lettere.
Qua
e là, fogli strappati. Alcuni si leggevano male perché sbiaditi, altri appiccicati fra loro, maleodoranti. Erano
atti, memorie, relazioni risalenti financo al Regno delle Due Sicilie.
Quel luogo mi sembrò il giardino delle meraviglie, anzi, un
pozzo senza fondo. Un incubo. O un sogno. Non so. Per un attimo, mi mancarono i
riferimenti per capire dove stavo, cosa stesse succedendo, che significasse
tutto questo. Era una discarica. In contrada
“Mulona”. Non volevo crederci. “Fu quel ch’io dico, e
non v’aggiungo un pelo”, affermo con Ariosto; rimasi “pallido e sbigottito”.
La lettera,
riservatissima, una raccomandazione insomma, del Reale Ispettorato Scolastico di Palermo, risalente al XX anno dell’era fascista, mi riconsegnò
alla realtà: “Egregia Signora...”. In un’altra, Mons. Cajetano Blandini Episcopus Agrigentinus, confidando
“nello Zelo, nell’Abilità, Attività ed Onestà del sigr Vincenzo Giglia”,
lo nominava procuratore della rendita della Confraternita del Ssmo
Sacramento. In un’altra ancora, del 1871,
si parlava della coltivazione dei
bachi da seta a Racalmuto.
Tante
e tante altre carte curiose ho trovato: da farne un libro.
Il libro si intitolò Il giardino della discordia. Racalmuto nella Sicilia dei Withaker, le cui carte un editore voleva acquistare e voleva acquistare anche il mio dattiloscritto con l'impegnativa però da me sottoscritta di non pubblicarlo.
Mi sembrò strana la proposta, come strana mi era parsa la non risposta della Fondazione Withaker ad una mia lettera che segnalava il ritrovamento delle carte withakeriane. Rifiutai e andai avanti per la mia strada.
Ebbi la Prefazione di Rosario Lentini, specialista nel settore, e presentai il libro a Racalmuto, a Grotte, all'Università di Palermo, a Naro, a Marsala, a Canicattì, ad Agrigento, con autorevoli testimonianze critiche e benevole segnalazioni sui mezzi d'informazione, tra cui le interviste di Nicola Giangreco a Trs98, di Gianni Manzo al TGR, la rubrica "Album" del TGR3 di Nuccio Vara del 26 gennaio 2007 che spazia da Racalmuto a Palermo a Marsala a Mozia.
Se avessi accettato la danarosa proposta di non pubblicare sarebbe stata una seconda morte per quelle carte, giusto giusto in una casa editrice. Altri pensieri avevo piuttosto per la testa.
Che ci facevano documenti così interessanti in mezzo alla fantastica munnìzza? Si può immaginare cosa sarà avvenuto: dopo la morte di qualche persona
benestante e istruita, - un notaio, un avvocato, un uomo di chiesa, - gli eredi
avranno venduto la sua casa e i nuovi acquirenti prima di ristrutturarla si
saranno sbarazzati delle carte buttandole nella discarica comunale.
Nell’eventualità
che altre dimore contenenti carte storiche vengano vendute da eredi beneficiati
e svuotate degli archivi di famiglia, ho maturato la seguente perorazione: per
favore, ridateci la discarica, almeno sapremo dove andare a cercare le carte di
quegli archivi dismessi, anzi, buttati via.
Coppola Editore
Recensione di Serena Alessi su Critica Letteraria:
http://www.sicilia-firenze.it/upload/files/lumie_n59.pdf
http://www.sicilia-firenze.it/upload/files/lumie_n59.pdf
http://www.sicilia-firenze.it/upload/files/lumie_n59.pdf
Grazie Piero
RispondiEliminaNon avrei mai pensato che le discariche potessero avere una valenza "culturale"..come a dire "munnizza" e ....dei paesi tuoi.
Leggo con lancinante interesse e non poca apprensione quello che scrivi. Questo tuo libro spero appena a Racalmuto di sfogliarlo, meglio: consultarlo. Tra l'altro parli di tessere fasciste. Questo dato mi fa pensare. Se si tratta di varie tessere annuali della stessa persona transeat, avvero sarà cosa dell'epurazione di qualche archivio di famiglia. C'è una vecchia casa con qualche connotato patrizio che si deve ristrutturare. Dovrebbe trattarsi di abitazione del centro storico , dovrebbe passare per la mannaia del ripristino tale e quale con pietre che si tolgono e tali e quali si rimettono al suo posto, v'è una regola tecnica che non mi sovviene, v'è soprattutto un vincolo che ci è costato un mare di soldi che dovevano prendere la via di Grotte (e che pare sia s siano arenati nella posta del bilancio comunale dei debiti illiquidi ma esigibili (se i nostri ragionieri comunali ne hanno avuto comunicazione) ma ci troveremmo dinanzi ad uno dei tanti scempi del nostro abitato antico. Chi doveva vigilare, l'ha fatto? Ma un dubbio più atroce tu mi insinui. Non è che certe carte "storiche" quali ad esempio l'archivio della sezione del PNF che vidi sparso e negletto nel piccolo androne della a mio avviso cappella carrettesca del Castello sia finito tra i rifiuti solidi urbani della "Muluna"? Poterono sembrare inutili ed ingombranti per finire in un sottoscala a pagamento quando si dovette snudare il vecchio maniero onde provvedere al miliardario restauro. E dico questo perché lì vi era sparpagliato quell'archivio fascista: vi vidi e lì lasciai persino la richiesta di iscrizione al partito nazionale fascista del papà di Nanà, presentato e avallato naturalmente dal prof. Farrauto. Per me pagina di storia da salvaguardare. Ma così vanno le cose a Racalmuto o meglio andavano perché ora dicono che con i Commissari Romani tutto va a gonfie vele nel rispetto assoluto della legalità comunale.
RispondiEliminaRingrazio Alfio Patti per l'inedito contributo su Facebook:
RispondiElimina"E' stato bello leggere ciò che hai fatto per la pubblicazione delle carte dei Withaker. Di questi ultimi, negli anni Novanta conobbi due discendenti che vennero in Sicilia molto anziane presso il barone che abita alla Trinità di Mascalucia ed io feci un servizio per il quotidiano La Sicilia di cui fui collaboratore per 12 anni. Mi ricordo che allora, il prof. Santi Correnti si rammaricò con me perché non gli comunicai in tempo la presenza di queste discendenti."
Quanti tesori sepolti (in questo caso letteralmente e da una coltre non nobile) che fanno la cultura della nostra isola. Grazie ancora per aver avuto la curiosità di raccogliere da terra questa storia e per avercela raccontata.
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