Burano, 2012
Quando l’altro giorno, su facebook, uncinai con la coda dell’occhio il frammento di un documento “assicutatu” ovvero inseguito da altri documenti e messaggi che lo spingevano in basso fino a farlo scomparire dal desktop, feci subito il percorso a ritroso per ripescare il resto della frase memorizzata.
Era di un amico, di un amico reale prima che virtuale, e questa circostanza rendeva ancora più interessante il messaggio. Accennava a un addio alla scuola.
Pensando alla giovanile passione per la fotografia, e una volta addirittura presentai una sua mostra a Caltanissetta, credetti, volli credere che abbandonava volontariamente la scuola per dedicarsi interamente alla fotografia. Gli telefonai per averne conferma. Le cose non stavano esattamente così.
Lo spiegava molto bene la lettera pubblicata su facebook.
E chissà quanti altri casi simili o analoghi ci stanno! La lettera di Mario Virga è solo la punta di un iceberg. Pensando alla cospicua parte sommersa dell’iceberg, ai drammi umani che stanno dietro cifre e leggi-ghigliottina, solidarizzo con Mario e con i precari in generale ospitandola, quasi a volerne amplificare la voce, sul mio blog. Come dimenticare di essere stato un precario!
Per Mario l’augurio che, nonostante lo sleale "inghippo", possa trovare sostegno e realizzazione nel e con il vecchio amore, mai completamente dismesso: la fotografia concepita come espressione artistica, perseguita come un sogno.
Burano, 2012
“Otto anni vissuti a scuola. Spero di non tornarci mai più.
In 8 anni ho fatto parte di un organismo complesso, forse troppo per i miei
gusti. Sono diventato un elemento dell'insieme, una parte del tutto,
sostituibile, riposizionabile, rimodulabile, flessibile.
Finito l'anno scolastico…arrivederci, forse. Poi comincia il conto alla
rovescia, con la speranza che arrivi un telegramma o la chiamata. il vuoto di
agosto, l'ansia di settembre e ottobre, con l'incarico che non arriva! Precari,
gente da sfruttare.
In questo complesso meccanismo ho incontrato tanti colleghi, persone
fantastiche che amano la scuola e il mondo dei ragazzi. ho incontrato la
burocrazia allo stato puro, l'interesse becero ed individuale, la cosa pubblica
usata a proprio personale fine. L'accaparramento dell'incarico, del progetto
per racimolare qualche euro, perché lo stipendio è una miseria. In questo
sistema esistono sacche di potere dentro la macchina burocratica. Ho incontrato
il doppiogiochismo, l'incoerenza, gente che vorrebbe fare l'educatore ma non
educa un bel niente. Ho incontrato per fortuna, tanti colleghi che sanno fare
bene il proprio lavoro, fare l'insegnante per passione e far appassionare anche
gli alunni, che non è poco.
Burano, 2012
Sono ritornato ad essere universitario con il corso abilitante, dato che serviva
l'abilitazione per entrare nelle graduatorie ad esaurimento, quelle di serie A,
altrimenti niente ruolo, e quindi posto fisso, mi avevano detto. Ma il corso
abilitante non si svolgeva a Palermo bensì a Venezia. Due anni e mezzo di
pendolare, con costi insostenibili per un posto di precario. Ho avuto modo di
frequentare colleghi di tutta Italia, con tanti problemi in comune ma tanta speranza
di trovare un lavoro fisso, quello della scuola. Malpagato, di responsabilità,
ma fisso. Due anni e mezzo stressanti, vissuti intensamente però, con la
depressione che faceva da compagnia. Precari, gente da sfruttare.
Ho conosciuto avvocati, il TAR, il CGA, ed ho capito che la giustizia
italiana è talvolta un'opinione. Uno contro l'altro per un posto da precario.
La legge, in fondo, la si può usare ad uso e consumo personale. Basta avere i
soldi per pagare gli avvocati bravi. Basta un giudice imboccato a dovere da un
bravo avvocato per sanare una mancanza, un titolo che non c'era, in barba alle
leggi, ai regolamenti. Precari, gente da sfruttare e da calpestare. La
giustizia che calpesta il più debole a vantaggio del più forte.
Ho conosciuto le azioni dei governi e dei ministri, di sinistra, di destra
e ora tecnici. Gente che fa solo propaganda di partito e che è serva del
potere, trattando i precari come numeri e basta. Razionalizzare la scuola
significa mandare a casa migliaia di precari, con famiglie da mantenere e mutui
da pagare. Ingannati dalla Stato, l'Istituzione che dovrebbe difendere il più
debole.
Ho conosciuto i miei alunni, tanti e tanti. I miei ragazzi. Alla costante
ricerca del senso della propria vita, molti sfiduciati in partenza, altri
desiderosi di uscire dalla scuola ed essere protagonisti della propria vita.
Molti mi hanno dato tanta soddisfazione in seguito, poiché hanno trovato la
loro strada. Ho fatto le mie piccole rivoluzioni in classe, cercando metodi
alternativi di insegnamento che scardinassero la lezione frontale. Il docente
è, oltre che un educatore, anche un ricercatore.
Ho fatto, con i miei allievi, il mio personale percorso di insegnamento,
che proprio quest'anno ha portato i suoi frutti. Si vede che ormai erano
maturi.
Ecco il mio bilancio di 8 anni vissuti dentro la scuola. Spero di non
tornarci mai più.
Scusate se vi ho annoiato.
Mario Virga”
Mario Virga”
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