In difesa
della memoria smantellata
Per favore non chiamatela
nostalgia. Ma va detto: un altro “pezzo” di paese è stato abraso. Chi pagherà
mai il conto della memoria collettiva depauperata? Questa nota è da far valere
a perenne giustificazione di una colonna apparentemente senza senso: in ghisa,
ben sagomata, solitaria e isolata, non sorregge nulla, come le finte
colonne delle chiese barocche, ma il gusto estetico barocco non c’entra per
nulla, semmai ad altri ambiti gustativi è da associare. Al gusto dei
racalmutesi per triglie e calamari. Ce lo dice la storia.
Il 30 settembre 1891, centoventuno anni fa, il comune di Racalmuto aggiudicava
a licitazione privata la locazione della Pescheria “in Via Fontana” al signor
Taverna Carmelo “pel prezzo di lire 615.00 annuali”. Accostando al sacro il
profano, la Pescheria era addossata al muro della chiesa del Collegio di Maria
prospiciente la strada che declina e conduce alla Fontana. Un po’ più a
monte, il mercato di frutta e verdura.
Non tutti i comuni avevano un tale servizio a quei tempi.
Il 17 marzo 2005, forse per facilitare la sistemazione dell’impalcatura, la “storica” struttura della Pescheria, fatta salva la colonna in ghisa sagomata, rimasta miracolosamente al suo posto, è stata “scancellata”, smantellata pezzo per pezzo (muretto, mensole in marmo, cancellatina in ferro battuto), con l’acquiescenza dell’amministrazione comunale e, a quanto pare, con l'avallo della Sovrintendenza di Agrigento che di fatto l’avrebbe ritenuta "corpo estraneo" alla chiesa del Collegio di Maria a cui era addossata.
Il 17 marzo 2005, forse per facilitare la sistemazione dell’impalcatura, la “storica” struttura della Pescheria, fatta salva la colonna in ghisa sagomata, rimasta miracolosamente al suo posto, è stata “scancellata”, smantellata pezzo per pezzo (muretto, mensole in marmo, cancellatina in ferro battuto), con l’acquiescenza dell’amministrazione comunale e, a quanto pare, con l'avallo della Sovrintendenza di Agrigento che di fatto l’avrebbe ritenuta "corpo estraneo" alla chiesa del Collegio di Maria a cui era addossata.
Ma dopo oltre un secolo, come dimostra
il Verbale di aggiudicazione della locazione del 1891, con tanto di sindaco e
di segretario comunale ad avallarlo e a sottoscriverlo, non si può dire
estranea alla memoria storica di una comunità, di un angolo della Sicilia, di
un paese che è anche il paese di Sciascia: indicava una tradizione, un costume,
un tenore di vita. Via!
Forse consapevole di ciò, l’amministrazione precedente al restauro della chiesa
del Collegio aveva ripulito e rimesso a nuovo la Pescheria, resa
gradevole alla vista con una mano di colore indaco a richiamare l’azzurro del
mare. Anzi, s’era sparsa in giro la voce che sarebbe ritornata viva e
funzionante. False voci, allora. Ma la demolizione, oggi, è incredibilmente
vera. E persiste.
Eppure il restauro della
chiesa del Collegio è stato completato da tempo, le impalcature sono state
tolte, le monache sono tornate ad affacciarsi dalle alte finestre per assistere
al passaggio dell’annuale processione mariana tra festosi scampanii e fragorose
bande musicali, ma della Pescheria nessuna traccia, tranne la colonna isolata e
solitaria che di giorno proietta sul quadrante del marciapiede un filo d’ombra
come una meridiana, senza numeri e senza tempo.
Paradossalmente, lo
smantellamento è avvenuto nel cuore del centro storico dove la gente per
riparare una vuttèra o spostare un chiodo deve sudare sette
camicie dal momento che tutto ricade nel vincolo della “storicità”. La
Pescheria, evidentemente, no.
E domani cos’altro? A quale criterio architettonico-ermeneutico si rifà un’Amministrazione comunale o una Sovrintendenza provinciale per classificare come “non storico” un manufatto non degno di essere conservato? Vabbè che per il pesce oggi ci sono i frigoriferi e l’antica Pescheria poteva essere obsoleta, ma la memoria non è certo pesce che puzza.
E domani cos’altro? A quale criterio architettonico-ermeneutico si rifà un’Amministrazione comunale o una Sovrintendenza provinciale per classificare come “non storico” un manufatto non degno di essere conservato? Vabbè che per il pesce oggi ci sono i frigoriferi e l’antica Pescheria poteva essere obsoleta, ma la memoria non è certo pesce che puzza.
P. C.
Molteplici volte è stato lanciato lo stesso appello, forse
nell’indignazione privata, sicuramente nell’amovibile status quo pubblico,
cioè, non se n’è fatto niente.
Forse, se si sostenessero le problematiche quando di volta in volta vengono sollevate, utilmente si darebbe un prezioso contributo di idee a trovare una soluzione alle problematiche stesse.
Forse si spingerebbero le autorità competenti ad essere competentemente efficaci, solerti e operative.
Forse, ovviamente.
Una foto storica della pescheria:
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1404912956421222&set=a.1375239139388604.1073741828.100007075921975&type=1&theater
Forse, se si sostenessero le problematiche quando di volta in volta vengono sollevate, utilmente si darebbe un prezioso contributo di idee a trovare una soluzione alle problematiche stesse.
Forse si spingerebbero le autorità competenti ad essere competentemente efficaci, solerti e operative.
Forse, ovviamente.
Una foto storica della pescheria:
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1404912956421222&set=a.1375239139388604.1073741828.100007075921975&type=1&theater
Nell'attesa del gong demiurgico non resta altro che battere e ribattere lo stesso chiodo:
<
La memoria non è come il pesce: non puzza, in “L’Isola”, bimestrale,
a. VII, n. 2, marzo-aprile 2005, pag. 4
<
Abbattuta la vecchia
pescheria,
, in “La Citalena”, aprile 2005. Numero unico – Racalmuto
<
...a tutte lettere, in “Lumìe di Sicilia”, n.
54, giugno 2005, pag. 14; [sulla ridenominazione del Teatro Margherita e la
pescheria smantellata]
http://www.sicilia-firenze.it/upload/files/lumie_n54.pdf
<
Blog Castrum Racalmuto
Domani, giovedì 17 maggio 2012
Mi associo anche per fatto personale. A parte il fatto che di fronte ci stava mio bisnonno e poi mia nonna che è come dire una parte della mia ascendenza è convissuta con quel cimelio e sopravvissuta per quel cimelio, anche qualche mio povero scritto al riguardo va a farsi benedire. Nessuno lo capirà più tra una trentina di anni. Certo io non ci sarò più e quindi ... parce sepulto.
RispondiEliminaToccante testimonianza, ne parli come se accusassi la mancanza o la perdita di una persona cara, anche i cimeli, le pietre, gli angoli di un paese in un certo senso lo sono, specialmente se sono legati alla nostra vita.
RispondiEliminaUna raccomandazione: Ti prego di dichiararti per nome e cognome, poiché è la regola di questo blog.
Penso che senza le testimonianze della cultura popolare , i castelli , i teatri e persino le fondazioni , perdono il loro significato . Per questo mi ricorderó finché campo , della voce gracchiante di " lu zi Pietru Rinardu " che grida " Sardi vivi avemu , pisci vivi avemu , gammaruuuuuu !!!! . E da quanto ho letto , non saremo solo io e la " Colonna " a ricordarcene .
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