Pippo Bonanno davanti la casa della nonna materna
Mi apre la porta, apprende che sono di Racalmuto e parla
festevolmente per due ore con cordiale e antica confidenza, anche se mi dà del
lei.
Pippo Bonanno, pittore di origini racalmutesi (il nonno
materno si chimava Angelo Sardo e la nonna Giuseppina Petrotto di Raimondo) si
illumina nel volto parlando della sua infanzia, di sua nonna, di Racalmuto,
sotto gli occhi attenti e divertiti di Nicolò D’Alessandro che me l’aveva
presentato.
Il bello, in tutto questo, è che il Bonanno non è stato mai a
Racalmuto. Il paese lo conosce – e lo
fantastica – solo attraverso i racconti della nonna, eppure, sembra esserci sempre stato. Parla
della Racalmuto di tanti anni fa come un racalmutese anziano o emigrato in
America. In realtà, solo una volta di sera, a sessant’anni, ha attraversato il
paese, di passaggio, andando da Grotte a Palermo: non ha visto nulla.
Dopo l’immediato approccio, instaurato il rapporto
amichevole, mi narra “a saltare” la sua vita. Di tanto in tanto si colora e
si vivacizza il racconto per alcuni aneddoti, per alcune parole, per alcuni
frammenti della memoria che riaffiorano con gioiosa irruenza. Il tono della
voce tradisce violenza emotiva.
Pippo Bonanno al cortile San Nicola con Piero Carbone
La perdita della mamma e l’infanzia palermitana accanto alla
nonna, le seconde nozze del padre, a Montedoro, la scoperta della pittura,
le subentrate responsabilità della vita, l’insegnamento nelle scuole pubbliche,
e di nuovo l’infanzia, i nonni…
Vivido è il ricordo della nonna materna. Figliu miu, lo chiamava, ma con la f come un’acca
aspirata, allo stesso modo aspirato del nostro hiuri o hiumi o Hiumeti. “A
messa non mi ci portò mai” ricorda il Pittore. “A domeniche alterne mi portava
invece al cimitero dove esclamava forte: - Sorti bbuttàna, - recriminando in tal
modo contro la sorte per la morte della figlia (e madre del Pittore) avvenuta
in età precoce, a non più di trent’anni.
“Tutti i ricordi racalmutesi passano per mia nonna” precisa.
“Questa filastrocca me l’ha insegnata lei: Brigida santa n-ginucchiuni stava /
davanti un crucifissu che chianciva. E anche questo modo di dire: Lu suli spuntà
a lu Castiddruzzu” ovvero il sole è
effimero e quindi pioverà.
Poi, dinanzi ai suoi quadri, si mette a parlare di pittura.
“Nei miei quadri - dice convinto – c’è
l’inquietudine del racalmutese, la problematicità. Vede, c’è, anzi, ci deve
essere. Il racalmutese è machiniùsu, è pillicùsu, va addentro alle cose”. E
felicemente conclude come non poteva non concludere: “Sciascia, infatti, è di
Racalmuto”.
Interpellato come racalmutese e come fruitore dei suoi quadri
a dare un giudizio o almeno ad esprimere opinione, io che critico non sono ma
fingendomi tale, confermo che, sì, in quei quadri c’è la problematicità, anzi,
c’è inquietudine vera e propria. Non se se però l’inquietudine del racalmutese
o quella del pittore che cerca e tende al suo stile, e cercando cercando lo
trova.
Posso azzardare, parlando da racalmutese, non da critico, che
la soffusa patina rosa della serie di quadri intitolata “Memoria Barocca”
simboleggia la lontananza con la quale il Bonanno vede o intravede la Racalmuto
raccontata da sua nonna, una Racalmuto trasfigurata con i suoi luoghi e i suoi
personaggi: “Il teatro, u Castiddruzzu, u zi Nardu Puma…”.
La Fontana e il Castello detto u Cannuni
Magari sarebbe interessante che il pittore Bonanno
utilizzasse questa materia paesana, “infantile”, per piegarla alla sua
collaudata tecnica della lontananza. Auspicabile, se fosse possibile
indirizzare o anche stuzzicare l’ispirazione, il dipingere altrui. Suggestiona
non poco immaginare che le chiese, la scalinata del Monte, il Castello, il
Castelluccio, il Raffo, la Fonta, le piazze di Racalmuto, assumano un colore
rosato, come al tramonto.
Infine, una certezza ha – e confida – il pittore Bonanno,
oriundo di Racalmuto: che i racalmutesi sapranno riconoscrsi nella sua pittura,
sapranno riconoscere la loro problematicità in quella dei suoi quadri. Chissà!
Intanto, egli sogna e fantastica di un suo ritorno a Racalmuto per appendervi
in una stanza quei suoi quadri dove i racalmutesi correranno “certamente” a
rispecchiarsi.
E (forse) a riconoscersi.
Palermo, settembre 1988
P.S.
Nel maggio dell’anno successivo Pippo Bonanno realizzerà il
suo sogno, quello di “ritornare” a Racalmuto per conoscere i luoghi aviti e
farvi una mostra dal 27 maggio al 4 giugno. Porterà in omaggio
un quadro molto simbolico dai colori molto accesi quale pegno di un antico
amore.
Il testo sopra riportato è stato pubblicato come presentazione della mostra in catalogo.
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