mercoledì 17 ottobre 2012

IL BEL CANTO E LA MACCHINA PARLANTE





Nel 2007, tranne lo spettacolo di chiusura del corso di recitazione tenuto da Enzo Toto ancora sotto la gestione Di Pasquale,  non c’è stata stagione teatrale al “Regina Margherita” di Racalmuto, inoltre per visitarlo si doveva anche pagare.  Cosicché la nuova giunta comunale, con il nuovo assessore alla cultura nonché membro di diritto del consiglio d’amministrazione della Fondazione Teatro “ Regina Margherita”  che poi Fondazione in senso tecnico non è mai stata, pensò bene di riaprire  il grande portone di ferro del teatro in occasione della festa del Monte i cui festeggiamenti sarebbero iniziati con il “Trionfo” del venerdì 6 luglio. Ad arricchire l’evento ha contribuito l’architetto di Villabate Enzo Di salvo, che ha messo a disposizione gratuitamente due pezzi delle sue collezioni.



La sera del 5 luglio 2007, dopo avere seguito per le strade del paese il festoso corteo degli artisti di strada preceduti da un’auto d’epoca, una Fiat Ardita nera con frecce e clacson manuali del 1934,  la gente  entrò nel Teatro a frotte, come testimonia il registro delle firme appositamente predisposto, alcuni non l’avevano mai visto da quando  nel 2003, dopo quarant’anni di chiusura,  era stato inaugurato alla presenza del Presidente della Repubblica.

Residenti, emigrati, forestieri, entravano con gli occhi alzati per ammirare i palchi, le luci, la scena dei Vespri siciliani dipinta dall’ottocentesco maestro Giuseppe Carta. Per l’occasione sul proscenio è stato esposto uno storico grammofono o “macchina parlante” dei primissimi del Novecento, di fattura francese, collocato originariamente negli ambienti di svago parigini, funzionante a gettone e con la caratteristica carica a manovella, vero antesignano del jukebox.





In sottofondo si udivano arie e melodie di tre tenori: Luigi Infantino, Salvatore Puma, Carmelo Scimè. I primi due  conosciutissimi e con un curriculum di tutto rispetto, il terzo meno conosciuto e la cui produzione in circolazione era ed è  molto esigua.  Il maestro Domenico Mannella, per l’occasione, su apposita richiesta ha tratteggiato magistralmente  le diverse individualità artistiche dei tre tenori in una nota critico-biografica distribuita in sala ai visitatori.




            Nella speranza di reperire ulteriore documentazione, sempre con l’intento di valorizzare le nostrane personalità artistiche, si è cercato di contattare allora la famiglia del tenore Carmelo Scimè, tramite parenti racalmutesi, ma senza molta fortuna.



            Sollecitato nella scorsa primavera dalla rilettura della nota di Domenico Mannella,  Un teatro e tre tenori a Racalmuto, mi sono ricordato di possedere alcune registrazioni di musica classica e ho ritrovato una vecchia audiocassetta a nastro il cui contenuto così è descritto: “Canzone e Pezzi d’opera cantati da Gino Scimè”  (che Carmelo venisse familiarmente chiamato Gino?). Me l’aveva prestata molti anni fa un mio zio e l’avevo ascoltata tante volte ma poi messa da parte e pressoché dimenticata con il sopraggiungere dei cd e della musica digitale. Ascoltandola, sempre ne avevo ricavato piacevole sensazione per la tenorile voce e quasi un nodo alla gola per le struggenti parole di melodie molto sentimentali più o meno note. Una sensazione globale e indistinta, se si vuole, ma ora, riascoltando di seguito i due lati di trenta minuti ciascuno della cassetta Philips standard quality C-60 miracolosamente sopravvissuta e funzionante,  quella stessa voce mi si è rivelata in tutta la sua estensione e tonalità attraverso una vasta gamma di melodie popolari e brani d’opera. 





Sul lato A la voce femminile di un programma radiofonico annuncia in italiano e in francese la canzone  “Ti voglio tanto bene, di Gino Scimè”, vincitrice del concorso Canzoni senza frontiere,  su richiesta di un certo Franco per dedicarla alla propria madre, signora Jole Menin. Alla fine dell’esibizione si sente un tripudio di appalusi.


Proseguendo nell’ascolto, seguono altri undici brani: in francese, in dialetto napoletano, in dialetto siciliano, in italiano, canzoni, arie d’opera: ah, che tiempe felice… oh Marì, oh Marì…   tanta perfidia! un’alma sì nera! sì mendace… quando le sere al placido chiaror d’un ciel stellato… ah! mi tradìa!… recondita armonia… l’ora è fuggita… anema e core… cara piccina mia torna dal tuo papà…

Alcuni brani erano accompagnati dal semplice ritmo cadenzato della chitarra, altri da un compitante pianoforte, altri da mandolino e orchestra. Sul lato B altri dodici brani accompagnati dalla solita chitarra e dal pianoforte toccato da mani più esperte: dammillo nu vasillo… dicitencello a 'sta cumpagna vosta… è la solita storia del pastore… et la nuit dans nos montagnes / nous chantons autour du feu /et le vent qui vient d’Espagne / porte au loin cet air jouex…  airetun chikitun airetun läirè… non ti scordar di me… me vuogliu scurdà e Napule… pecché mm’e ddice sti pparole amare? Core, core ‘ngrato… o sole mio…

Un vasto repertorio che spazia dal genere classico a quello leggero, con ritmi gravi seri giocosi, una voce che s’innalza e plana sulle ali di nostalgie lontane, rabbie amorose, abbandoni sentimentali: dalla Luisa Miller di Verdi all’Arlesiana di Cilea passando per il massiccio corpus del repertorio popolare.






Già ero contento di poter comunicare al maestro Mannella il prezioso ritrovamento per integrare i materiali già in suo possesso da attribuire al tenore Carmelo Scimè, invece, facendo ascoltare, prima di restituirgliela,  l’audiocassetta a mio zio Matteo che me l’aveva prestata, un’inattesa rivelazione: non della voce di Carmelo Scimè si trattava, il tenore orafo di Roma, ma di quella del quasi omonimo Gino Scimè, emigrato in Belgio nel dopoguerra, e quindi di un quarto tenore racalmutese.

Fino a qualche tempo fa Gino, ora settantenne, ritornava dal Belgio in paese per risiedervi un paio di mesi, puntualmente ogni anno; scendeva al Raffo e, dopo una bevuta d’acqua fresca con le labbra accostate agli scroscianti “cannola”, un  spaghettata alla carrettiera e un bel bicchiere di vino rosso con gli amici, cantava. La voce si diffondeva per la vallata, racchiusa e delimitata tutt’intorno da un anfiteatro di verdi colline disseminate dalle case di villeggiatura.

“Gli piaceva cantare”, dice mio zio riandando ai ricordi di quegli amichevoli incontri canori in cui lui suonava la chitarra. Non smentendo così la passione dei racalmutesi per la musica e il bel canto.

E’ suggestivo immaginare che  mentre uno storico grammofono diffonde nel  teatro cittadino la tornita voce di ben tre tenori, tripartiti in “tenore di grazia” “lirico” “di mezzo carattere”, anche la vallata del Raffo risuoni delle melodie di un quarto tenore racalmutese la specificità della cui voce verrà classificata dagli intenditori: è la solita storia del pastore… recondita armonia di bellezze diverse… Ah, che tiempe felice! Ah, che belli mumente! Mo mme vènono a mente. Ma nun tòrnano cchiù!




Ma non possiamo, non vogliamo, non dobbiamo ignorare che la passione antica si manifesta ancora oggi in forme diverse:

E mo ca só' turnato, core mio,
mé', viene a la fatica â terra 'e tato.
Pruvammo n'ata vota a stà affiatate,
scuntàmmoce 'o pperduto, core mio.


E ora che sono tornato, cuore mio,
dai, vieni a lavorare nella terra di tuo padre.
Proviamo un'altra volta queste complicità,
recuperiamo quello che abbiamo perso, cuore mio.




Commenti al post precedentemente pubblicato si possono leggere su:
http://castrumracalmuto.blogspot.it/2012/05/il-bel-canto-e-la-macchina-parlante.html











L'articolo di Domenico Mannella sui tenori di Racalmuto:
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2012/10/un-teatro-e-tre-tenori-racalmuto.html

Una canzone cantata da Luigi Infantino:
http://www.youtube.com/watch?v=8FoGOwpyABs

Aria cantata da Salvatore Puma:
http://www.youtube.com/watch?v=FklRREwOYtQ

Intervista a Domenico Mannella, parte finale del video: :
http://www.youtube.com/watch?v=7R8GGI4zAPw


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