venerdì 19 dicembre 2014

IL TROMBETTISTA DIVINO E I SUCCHI DI APOLOGO

    

            Ieri festeggiammo l’Addolorata, venne la musica di Mussomeli. Il sabbato (sic) sera di tanto in tanto pioveva, e la musica non potendo andare a palco, faceva qualche suonatina dinnanzi il casino Operaio del partito Giglio, la fanfara del quale, ubriaca infino alle ciglia, venne a diffida con la musica. La fanfarra (sic) si ebbe meritatamente de’ fischi dal partito Pantaleone, la musica, sebbene immeritatamente, dal partito Giglio.
Domenica sera sonò la sola musica e a palco.






Quello su riportato è il brano di una lettera del 27 agosto 1893 inviata da Villalba, in provincia di Caltanissetta, a Racalmuto, in provincia di Agrigento. 
Ci fa capire le passioni e le tifoserie che accendevano una volta le esibizioni delle bande musicali nelle feste patronali. 
La musica era di diversa tipologia perché non c'era soltanto quella eseguita durante la processione che consisteva in marziali marce e solennissimi inni, ma c'era anche la musica "a palco". In alcuni paesi la si ascoltava in piedi ma in altri ci si portava la sedia da casa per godersela come a teatro, un teatro popolare all'aperto. 

          C'erano gli appassionati, c'erano i fanatici, tutti un po' intenditori alla fine. Ma non era soltanto la musica che faceva battere forte il cuore, v'erano anche altre spurie passioni o interessi diversi cosicché non ci si limitava ad elogiare la banda preferita ma si cercava qualche volta di danneggiare la banda concorrente.

           Come quella volta accadde alla rinomata banda musicale di Racalmuto diretta ed animata dal maestro Pietro Martorana, una banda sempre apprezzata nelle sue tournées in tutta Italia.  

            Per far fare brutta figura alla banda del maestro Martorana, gli immancabili invidiosi della concorrenza pensarono di mettere fuori gioco il trombettista solista, avendo questi  fama di suonare come un dio, oltre a quella di degustatore della bevanda sacra al dio Bacco che non era proprio il dio protettore della musica e dei musicisti. Lo portarono in una taverna e gli fecero tanta accoglienza da fargli ingurgitare una botte di vino, insomma una quantità tale da rendere "brillo" mezzo esercito. 

      Finalmente, un po' barcollante, lo accompagnarono al palco dove i compagni l'attendevano preoccupati.  
Il maestro era così arrabbiato che gli avrebbe spezzato la bacchetta sulle corna ma nonostante i timori la sollevò in aria e la banda incominciò a suonare. Sotto il palco un gruppetto era in spavalda attesa dell'assolo.
  
L'assolo venne: nitido, squillante, tale da rendere quell'esecuzione della marcia trionfale dell'Aida ancora più trionfale, e memorabile: accrebbe la fama della banda e i meriti del maestro. Quando si dice "la forza di un assolo".

Gli invidiosi e tragediatori che volevano trascinare il bravo trombettista nel baratro della dannazione lo hanno condotto involontariamente nei celesti prati dell'eccellenza.

A volere estrarre succhi di apologo da questo aneddoto, se ne ricava una dantesca  legge del contrappasso.




Foto postata da Angelo Scimè nel Gruppo fb "Sali d'argento. Raccolta fotografica digitale di Racalmuto"

2 commenti:

  1. Ma qui vi è il tocco magico della ... penna del maestro Carbone per traslare la banalità di fatti antichi alle eccelse significanze di una nostra trepida antica sopravvivenza.

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  2. Grazie, Calogero. Ricambio pubblicamente i complimenti con l'apprezzamento per il meritorio lavoro di scandaglio storico che stai svolgendo. In diverso modo cerchiamo di riappropriarci del nostro passato.

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