Due mesi a passeggiare nella Piazza del paese natìo tra la Matrice e la Piazzetta e dieci mesi a ricordare e dipingere la sua Racalmuto nel suo studio di Hamilton in Canada.
Così me lo ricordo questo emigrante racalmutese che per ripararsi dal sole estivo portava il cappello a larghe tese alla Humphrey Bogart, senza l'aria esizibionista e un po' strafottente dell'attore americano.
Quel cappello, chissà perché, mi richiamava altri cappelli:
quello festoso di Eugenio Napoleone Messana quando scendeva in paese dall'Emilia rossa per i comizi animati come crociate;
quello "maudit" dell'artista siculo-argentino Silvio Benedetto ritornato nella terra degli avi per dipingere a Campobello di Licata una contemporanea Divina Commedia su oltre 110 massi grandi quasi quanto la kaaba dei mussulmani;
quello semplicemente disinvolto del commissario Maigret.
Un cappello a larghe tese insomma che mi faceva pensare a tanti personaggi, prossimi e lontani, letterari, hollywoodiani...
E tra questi, ora da includere anche lu zi Peppi Agrò, dopo la testimonianza di Eduardo Chiarelli che ce lo restituisce sotto una particolare luce.
Ora, se ripenso all'emigrante che ogni anno ritornava per passeggiare nella Piazza del paese, non lo rivedo più come una persona comune e concreta ma personaggio tra personaggi strani, estrosi, fantastici. Irreali.
Magari uno se li vede passeggiare sotto casa e neanche ci fa caso.
Un grazie anche al prof. Sam Migliore per le foto dell'artista siculo-americano alla cui pittura si era qualche anno fa interessato. Piero Carbone
Ho conosciuto lu zi Peppi Agrò
di
Eduardo Chiarelli
Era un uomo
dall'aspetto imponente, e sebbene
avesse passato già da un po' gli ottant´anni
e le sue spalle fossero curve, la sua statura superava ampiamente il
metro e ottanta.
Aveva capelli e
baffi bianchissimi, i suoi occhi erano di chi vive in un mondo tutto suo .
Parlava un racalmutese che nessuno più parlava, quello dei miei bisnonni, dolce e melodioso, e accompagnava ogni parola con un leggero cenno del capo, così che tutto il suo fare, così armoniosamente orchestrato, emanava una
calma e una dolcezza infinite, familiari.
Ma dell´uomo
dell´800 non aveva solo la parlata, si
vestiva pure come tale: la scarzetta in testa, il gilè, e i pantaloni di fustagno nero lunghi fino
al polpaccio, lo facevano sembrare un personaggio uscito dall´opera “ Cavalleria Rusticana “ .
La sua putìa guai a chiamarla atelier, si trovava nel bel mezzo della centralíssima James street, ed io c´ero entrato la prima volta un bel pomeriggio d´estate. Mi era bastato entrare e salutarlo Sabbenadica, zi Pè per sentirmi rispondere Santu e riccu.
La sua putìa guai a chiamarla atelier, si trovava nel bel mezzo della centralíssima James street, ed io c´ero entrato la prima volta un bel pomeriggio d´estate. Mi era bastato entrare e salutarlo Sabbenadica, zi Pè per sentirmi rispondere Santu e riccu.
Giuseppe Agrò nel suo atelier (putìa) |
Presi delle puntine da disegno e glielo appesi al muro, accanto a Caruso e Beniamino Gigli.
Conobbi così lu zi Peppi Agrò senza presentazioni né altre cerimonie, eravamo paesani e ciò bastava.
Dietro la vetrina
facevano sempre bella mostra i suoi
magnifici quadri, sempre riferentesi al suo paese: il rosso cinabro, il
giallo cadmio e il blu cobalto, con la loro brillantezza, creavano effetti unici, fatti di contrasti esagerati, come la sua Sicília.
Tutti i particolari
ricevevano la stessa luce, niente prime donne, ma tutti protagonisti sulla
stessa scena, e come succede con i dipinti sulle sponde dei carretti,nil nostro sguardo
era obbligato a vagare da un punto all'altro della tela nel vano tentativo di seguire quel brulicare
di colori .
Com'era arida e
sterile la mia pittura a confronto, anche se lui continuava a dirmi:
Quei pennelli
consunti e logori, nelle sue mani, diventavano bacchette magiche. E poi dicono che li stigli fannu lu mastru.
Come mi irritavano
coloro che davanti tanta bellezza criticavano la prospettiva
o le proporzioni!
Ma quel vecchietto
così sereno e abbasatu aveva avuto una giovinezza molto inquieta, e i suoi compaesani raccontavano le sue
“avventure" con tanta leggerezza da farle sembrare innocenti
marachelle, tanto era l'affetto e la gratitudine che nutrivano nei suoi confronti .
Era un vanto per
quella povera gente, che si spaccava la
schiena a spalare carbone nelle
acciaierie, vedere il nome di questo
loro concittadino figurare nella lista dei più grandi artisti del Canada, per cui la sua arte non era riconosciuta soltanto in seno alla comunità italiana, ma a livello nazionale.
Fece anche parte della commissione creata negli anni 60,
del secolo scorso, per scegliere tra le
tante proposte inviate dai comuni cittadini, la bandiera del Canada, scelta che come si sa cadde sulla
Maple leaf flag la bandiera dalla foglia d´acero, e anche questo contribuiva a riempire di sincero orgoglio tutta la
comunità italiana.
Tra le storie che
si raccontavano, quella che più mi piace
e che più riassume la figura del personaggio è quella del
giovane Peppe Agrò che, perdutamente innamorato, se ne scappò in
Messico com una bella ballerina, lasciando
a metà un grande affresco che
un sacerdote italiano gli aveva
commissionato.
Inutile dire che
finiti i soldi, finì anche il romanzo.
Rimasto solo, senza la sua amata, il giovane artista dovette fare mille mestieri per sopravvivere e, siccome la presenza ce l'aveva, fece anche l'attore di fotoromanzi .
Rimasto solo, senza la sua amata, il giovane artista dovette fare mille mestieri per sopravvivere e, siccome la presenza ce l'aveva, fece anche l'attore di fotoromanzi .
Ricordo ancora le riviste "strategicamente" sparse per il suo laboratorio, dove si poteva
vedere un aitante Peppe Agrò vestito
da sheriffo, con la pistola in pugno,
che diceva in spagnolo: Ehi hombre!
Ritornò qualche
tempo dopo ad Hamilton e il parroco
dovette dargli altri soldi per completare l'affresco lasciato a metà.
Dopo questa storia
altre se ne seguirono, ma io lo ricorderò sempre come un
vecchietto sereno e
pacato, che, quando non dipingeva, nelle
giornate di sole, se ne stava
seduto davanti all'uscio della sua putìa, forse a pensare alla sua Sicilia e a sbriciolare
pezzi di pane, circondato da decine di piccioni.
Una vita lunga,
intensa e sicuramente piena, la sua, come un bel film, e a farle da colonna sonora le note di My way che dice :
Ho vissuto una vita
piena
Ho viaggiato su
tutte le strade.
Di più. Molto di
più di questo.
L'ho fatto alla mia
maniera.
Luigi Infantino, Serenata a Mariuzza
http://www.youtube.com/watch?v=8FoGOwpyABs
http://www.youtube.com/watch?v=8FoGOwpyABs
Foto di Sam Migliore
Traduzione dei termini e delle espressioni dialettali:
scarzetta = berretta
lu zi Peppi Agrò = zio Peppe Agrò
Sabbenadica, zi Pè = Mi benedica, zio Pè
Santu e riccu = Santo e ricco (sottinteso: tu possa essere "santo e ricco")
abbasatu = pacato, saggio
li stigli fannu lu mastru = letteralmente: gli attrezzi "fanno" il "mastro" ovvero gli attrezzi rendono bravo l'artigiano
Encantada fiquei com o ser unico e quase surreal , as cores essas entram-nos pelo olhar e invade-nos até os poros.... como sempre repousei naquele imenso Racalmatu outrora lindo e hoje misterioso . Bem me parecia que muita coisa haveria para contar . Obrigada Eduardo .
RispondiEliminaNe conosco un altro di pittore naif nostrano. Piccolo, giulivo, amorevole, lo vestono da San Gniseppi pi la Vampa a lu chianu castieddru o quannu fannu lu cuonsu in quel rettangolo male ammattonato che poi si innalza sino alla torre di levante del castello di Giovanni del Carretto. Una brasilena lo fulminò d'amore. Lo irrise e se ne tornò nella America Brasilena. Dipinse disperato il Nostro e chimericamente capovolse il paese che l'opitava la Racalmuto che dicon di Sciascia. Poi tornò ilare e floreale. Oggi raccoglie lenzuoli monetari dal carro trainato dai cavalli di un trattore nella patetica rappresentazione della Venuta della la Beddra Matri di lu Munti. Oh! la grande meravigliosa corda pazza racalmutese!
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