martedì 17 dicembre 2013

LU ZI PEPPI AGRÒ E LA BALLERINA MESSICANA




Due mesi a passeggiare nella Piazza del paese natìo tra la Matrice e la Piazzetta e dieci mesi a ricordare e dipingere la sua Racalmuto nel suo studio di Hamilton in Canada.

Così me lo ricordo questo emigrante racalmutese che per ripararsi dal sole estivo portava il cappello a larghe tese  alla Humphrey Bogart, senza l'aria esizibionista e un po' strafottente dell'attore americano.

Quel cappello, chissà perché, mi richiamava altri cappelli:
quello festoso di Eugenio Napoleone Messana quando scendeva in paese dall'Emilia rossa per i comizi animati come crociate;
quello "maudit" dell'artista siculo-argentino Silvio Benedetto ritornato nella terra degli avi per dipingere a Campobello di Licata una contemporanea Divina Commedia su oltre 110 massi grandi quasi quanto la kaaba dei mussulmani;
quello semplicemente disinvolto del commissario Maigret.

Un cappello a larghe tese insomma che mi faceva pensare a tanti personaggi, prossimi e lontani, letterari, hollywoodiani...

E tra questi, ora da includere anche lu zi Peppi Agrò, dopo la testimonianza di Eduardo Chiarelli che ce lo restituisce sotto una particolare luce.

Ora, se ripenso all'emigrante che ogni anno ritornava per passeggiare nella Piazza del paese, non lo rivedo più come una persona comune e concreta ma personaggio tra personaggi strani, estrosi, fantastici. Irreali.
Magari uno se li vede passeggiare sotto casa e neanche ci fa caso.  

Un grazie anche al prof. Sam Migliore per le foto dell'artista siculo-americano alla cui pittura si era qualche anno fa interessato.                                                            Piero Carbone                           





Ho conosciuto lu zi Peppi Agrò
di 
Eduardo Chiarelli

Era un uomo dall'aspetto imponente, e sebbene avesse passato già da un po' gli ottant´anni  e le sue spalle fossero curve, la sua statura superava ampiamente il metro e ottanta.
Aveva capelli e baffi bianchissimi, i suoi occhi erano di chi vive in un mondo tutto suo .
Parlava un racalmutese che nessuno più parlava, quello dei miei bisnonni, dolce e melodioso, e accompagnava  ogni parola  con un leggero cenno del capo,  così che tutto il suo fare, così armoniosamente  orchestrato, emanava una calma e una dolcezza infinite,  familiari.

Ma dell´uomo dell´800  non aveva solo la parlata, si vestiva  pure come tale:  la scarzetta in testa, il gilè,  e i pantaloni di fustagno nero lunghi fino al  polpaccio, lo facevano sembrare un personaggio  uscito dall´opera “ Cavalleria Rusticana “ .


La sua  putìa guai a chiamarla atelier, si trovava  nel bel mezzo della centralíssima James street, ed io  c´ero entrato la prima volta un bel pomeriggio d´estate. Mi era bastato entrare  e salutarlo Sabbenadica, zi Pè per sentirmi rispondere Santu e riccu.



Giuseppe Agrò nel suo atelier (putìa)

Avevo com me la copia  di un giornale che aveva dedicato un ampio articolo a Luigi  Infantino,  morto  qualche giorno prima, cosicché in prima pagina  c'era una grande foto del tenore  e scritto con grandi caratteri cubitali: "Il ragazzo dall'ugola d´oro". 
Presi delle puntine da disegno  e glielo appesi al muro, accanto  a Caruso e Beniamino  Gigli.

Conobbi così  lu zi Peppi Agrò senza presentazioni né altre cerimonie, eravamo paesani e ciò bastava.

Dietro la vetrina facevano sempre bella mostra  i suoi magnifici quadri, sempre riferentesi al suo paese: il rosso cinabro, il giallo cadmio e il blu cobalto, con la loro brillantezza, creavano effetti unici, fatti di contrasti esagerati, come la sua Sicília.

Tutti i particolari ricevevano la stessa  luce, niente  prime donne, ma tutti protagonisti sulla stessa scena, e come succede con i dipinti sulle sponde dei carretti,nil nostro sguardo era obbligato a vagare da un punto all'altro della tela  nel vano tentativo di seguire quel brulicare di colori .
Com'era arida e sterile la mia pittura a confronto, anche se lui continuava a dirmi:
B´buonu ci vá.





Chiesa di All Souls

Quei pennelli consunti  e logori, nelle sue mani,  diventavano bacchette magiche. E poi dicono  che  li stigli fannu lu mastru.
Come mi irritavano coloro che davanti tanta bellezza criticavano la prospettiva
o le proporzioni!
Ma quel vecchietto così sereno e  abbasatu aveva avuto una giovinezza molto inquieta, e i suoi compaesani raccontavano le sue  “avventure" con tanta  leggerezza da farle sembrare innocenti marachelle, tanto era l'affetto e la gratitudine che nutrivano nei  suoi confronti .

Era un vanto per quella povera gente, che si spaccava la schiena a spalare carbone  nelle acciaierie, vedere il nome di questo loro concittadino  figurare  nella lista dei più grandi artisti del Canada,  per cui la  sua arte non era riconosciuta  soltanto in seno alla comunità  italiana, ma a livello nazionale.
 
Fece anche parte della commissione creata negli anni  60, del secolo scorso, per scegliere  tra le tante  proposte  inviate dai comuni cittadini, la bandiera del  Canada, scelta che come si sa cadde sulla Maple leaf flag la bandiera dalla foglia d´acero, e anche questo contribuiva  a riempire di sincero orgoglio tutta la comunità italiana.


Opera di Giuseppe Agrò realizzata per la chiesa di All Souls

Tra le storie che si raccontavano, quella che  più  mi piace  e che più riassume la figura  del personaggio è quella del  giovane  Peppe Agrò che, perdutamente innamorato, se ne scappò in Messico com una bella ballerina,  lasciando  a metà un grande affresco che un sacerdote  italiano gli aveva commissionato.
Inutile dire che finiti i soldi, finì anche il romanzo.
Rimasto solo, senza la sua amata, il giovane artista dovette fare mille mestieri per sopravvivere e, siccome la presenza ce l'aveva, fece anche l'attore di fotoromanzi .
Ricordo ancora  le riviste   "strategicamente" sparse per il suo laboratorio, dove si poteva vedere un aitante  Peppe Agrò vestito da sheriffo, con la pistola in pugno, che diceva in spagnolo:  Ehi hombre!

Ritornò qualche tempo dopo  ad Hamilton e il parroco dovette dargli altri soldi per completare l'affresco lasciato a metà.

Dopo questa storia altre se ne seguirono, ma io lo ricorderò sempre come un 
vecchietto sereno e pacato, che, quando non dipingeva, nelle  giornate di sole, se ne stava seduto davanti all'uscio della sua putìa, forse a pensare alla sua Sicilia e a sbriciolare pezzi di pane, circondato da decine di piccioni.

Una vita lunga, intensa e sicuramente piena, la sua, come un bel film, e a farle da colonna sonora  le note di  My way che dice :

Ho vissuto una vita piena
Ho viaggiato su tutte le strade.
Di più. Molto di più di questo.
L'ho fatto alla mia maniera. 




Luigi Infantino, Serenata a Mariuzza
http://www.youtube.com/watch?v=8FoGOwpyABs

Foto di Sam Migliore

Traduzione dei termini e delle espressioni dialettali:
scarzetta = berretta
lu zi Peppi Agrò = zio Peppe Agrò
Sabbenadica, zi Pè = Mi benedica, zio Pè
Santu e riccu = Santo e ricco (sottinteso: tu possa essere "santo e ricco") 
abbasatu = pacato, saggio
li stigli fannu lu mastru = letteralmente: gli attrezzi "fanno" il "mastro" ovvero gli attrezzi rendono bravo l'artigiano

2 commenti:

  1. Encantada fiquei com o ser unico e quase surreal , as cores essas entram-nos pelo olhar e invade-nos até os poros.... como sempre repousei naquele imenso Racalmatu outrora lindo e hoje misterioso . Bem me parecia que muita coisa haveria para contar . Obrigada Eduardo .

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  2. Ne conosco un altro di pittore naif nostrano. Piccolo, giulivo, amorevole, lo vestono da San Gniseppi pi la Vampa a lu chianu castieddru o quannu fannu lu cuonsu in quel rettangolo male ammattonato che poi si innalza sino alla torre di levante del castello di Giovanni del Carretto. Una brasilena lo fulminò d'amore. Lo irrise e se ne tornò nella America Brasilena. Dipinse disperato il Nostro e chimericamente capovolse il paese che l'opitava la Racalmuto che dicon di Sciascia. Poi tornò ilare e floreale. Oggi raccoglie lenzuoli monetari dal carro trainato dai cavalli di un trattore nella patetica rappresentazione della Venuta della la Beddra Matri di lu Munti. Oh! la grande meravigliosa corda pazza racalmutese!

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