sabato 23 febbraio 2013

EBREE SICILIANE E SHOAH. Alla presentazione del libro di Lucia Vincenti





Non è una recensione, sono appunti presi in piedi alla presentazione del libro di Lucia Vincenti che ho conosciuto in rete tramite Anna Giulia Enrile. Si comunica, si condivide, si linka. Nella profluvie a scrollo dei messaggi degli amici e degli amici degli amici non mi faccio sfuggire l’invito alla presentazione del libro Le donne ebree in Sicilia al tempo della Shoa. Dalle leggi razziali alla liberazione (1938-1943), Marlin editore, Cava de’ Tirreni 2013. All’evento, che si sarebbe svolto presso la libreria “Modusvivendi”, già di per sé una garanzia per le intelligenti proposte promozionali che vien facendo,  clicco “Partecipa”. E vado. 




In simili circostanze, uno cerca di associare nella realtà il nome incontrato sulla rete alla persona fisica rassomigliante, si avvicina, si assicura dell’identità dell’interlocutore e si presenta con prudenza. 
Se seguono attimi di incertezza, per farsi riconoscere, si nominano subito gli amici comuni sempre facenti parte della rete. E con il libro in mano, come in questo caso, la conoscenza virtuale si materializza in una dedica che associa l’autore e il lettore, magari con la parola “simpatia”.

Dopodiché, in mancanza di bloc notes e di fogli vari, schizzo alcuni  appunti sulla busta, per fortuna di carta, della libreria mentre parlano il presentatore ufficiale e l’autrice del libro: Pasquale Hamel e  Lucia Vincenti.




< La mediocre cultura ha eclissato questo aspetto della nostra storia ma è consistente la presenza ebraica in Sicilia.
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< Anni fa, in seguito ad una mostra,  si doveva fare a Palermo un museo ebraico, sono intervenuti pure ministri dello Stato d’Israele,  ma un personaggio politico lo ha bloccato; l’assessore del tempo lo ha bloccato perché “poteva indispettire gli arabi”. E’ stata una mostra senza seguito e senza museo.
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< Le scritte in ebraico di alcune vie cittadine sono errate ma persistente è stata la presenza ebraica in Sicilia: Flavio Mitridate, maestro di Pico della Mirandola, era di Castellammare. La scrittrice Natalia Ginzburg nacque in Sicilia dove il padre aveva avuto una cattedra universitaria.  
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< Si dice della presenza araba, furono pochi gli arabi, in realtà si ebbero siciliani che praticarono la cultura araba: memorie ebraiche rivestite di arabismo.
< Anche questo libro è stato boicottato perché “libro diverso”, esso testimonia la visione di una realtà particolare, in esso si riportano frammenti di una storia più generale.
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< Si sono avuti molti deportati siciliani, più di duemila, tra ebrei e partigiani, anche il papà di Pasquale Hamel è stato un partigiano e in quanto tale deportato nei campi di concentramento con gli ebrei, per fortuna ne uscì vivo e poté testimoniare la sua esperienza. Inoltre, Enrico Castelli, un agitatore di idee e quindi pericoloso sovversivo.

 

< Troviamo siciliani o di origini siciliane legati al fascismo o all’antisemitismo: Yulius Evola, filosofo; Telesio Interlandi, direttore della rivista “La difesa della razza”; Giovanni Gentile, teorico del fascismo.
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< Nel 1943 la Sicilia venne liberata ma i siciliani ebrei seguirono la sorte di tutti gli altri ebrei che vennero deportati.

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< Il silenzio degli italiani ha condannato gli ebrei. Ma non tutti tacquero e tra questi sicuramente Giulia Florio. I Florio a Roma salvarono quattro famiglie. Calogero Marrone, originario di Favara,  capo dell'ufficio anagrafe di Varese, falsificò centinaia di documenti salvando molti ebrei e partigiani. Venne infine scoperto per una delazione. Lo stesso Gentile fece valere tutta la sua  influenza per salvare Mario Fubini e fargli assegnare una cattedra universitaria.
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< Tra quelli che ritornarono dai campi di concentramento ci fu Vincenzo Lastrina ma morì subito dopo la liberazione perché ancora non si sapeva che bisognava calibrare con molta attenzione l’alimentazione di chi era denutrito e debilitato.
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< Il libro presenta la realtà di donne siciliane ebree o coniugate con ebrei, ve ne sono borghesi, imprenditrici, pittrici o che si dedicano alla gestione della vita familiare.  Donne come le altre, come tante altre, che la propaganda e i pregiudizi facevano immaginare diversamente, come quando un funzionario nell’apprendere che la madre di Enzo Sellerio era ebrea non si capacitava che un’ebrea potessere essere tanto bella!
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< Narrare il proprio dolore è lo stato più doloroso di narrare l’esperienza dei campi di concentramento, diventa ancora più doloroso perché la testimonianza di chi ce l’ha fatta viene vissuta quasi come una colpa da espiare, espiare la propria sopravvivenza.
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< E’ stato importante narrare, testimoniare, disegnare, documentare l’esperienza dei campi di concentramento: scrivevano ovunque, con qualsiasi mezzo anche col sangue. Esistono migliaia di testimonianze ma molte sono state distrutte.
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< Come le donne ebree convivevano con la loro femminilità svanita nei campi di concentramento. A questo punto l’autrice ha letto un brano  molto crudo.


Le parole del presentatore,  dell’autrice e delle testimonianze lette hanno suscitato sentimenti di sdegno, di compassione, di pietà.


Sentimenti accentuati e quasi ricomposti in un piano diverso, un piano a cui l’uomo, dall’umanità irriducibile come ha sostenuto Moravia ne L’uomo come fine,  nonostante tutto aspira: la pacificazione, la bellezza. La bellezza additata dalla musica sefardita di Maurizio Maiorana, dalla voce "angelica" di Federica Maggi.


Sembrava di stare a teatro. O altrove, a sognare. Nonostante tutto.





















1 commento:

  1. Leggendo il libro mi imbatto nel brano letto durante la presentazione, su come le donne convivevano con la loro femminilità dentro i campi di concentramento:

    "Forse, all'inizio, ancora in carne, a qualcuno poteva venire in mente di essere una donna e come tale vergognarsi per la propria calvizie e nudità di fronte agli scherani. Ma dopo qualche settimana, di fame inimmaginabile e di botte per un nonnulla, si dimenticava presto di avere un paio di seni già svuotati, il ventre incavato, il sesso rasato e perso nella pelle ripiegata sulle ossa sporgenti. Il terrore della morte dominava corpo, mente e spirito. Non c'erano donne e uomini se non nei casi eccezionali che non conoscevo, solo bocche affamate e occhi stralunati".

    E. Bruck, Signora Auschwitz. Il dono della parola, Marsilio, Venezia 2003, p. 19, cit. in L. Vincenti, Le donne ebree in Sicilia al tempo della Shoah. Dalle leggi razziali alla liberazione (1938-1943), Marlin Editore, Cava de' Tirreni 2013, p.15.

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