lunedì 25 febbraio 2013

POLEMISTI DI IERI, POLEMISTI DI OGGI. E LUIGI RUSSO DI DELIA


         
         

Così scrivevo nella mia tesi di laurea oltre venticinque anni fa, Luigi Russo e la poetica della "colta barbarie",  ma nel rileggere oggi taluni passaggi credo se ne possano  trarre attualizzanti applicazioni. 

E' pur vero che le categorie o caratterizzazioni russiane, cambiano, trasformandosi nel tempo in altre imprevedibili e insospettate, ma non manca nuova materia da ricadere  sotto la mannaia affilata dei Russo di turno, ammesso che i novelli censori posseggano, del critico deliano, le alte doti intellettuali, il buon senso e la possanza morale.




 Scorrendo gli indici dei quattro volumi di prose polemiche che il Russo compose raccogliendo gli articoli pubblicati su varie riviste, ma soprattutto sulla sua “Belfagor”, notiamo che i temi attorno ai quali si coagulano i suoi interessi sono il trinomio politica-moralità-religione e l’altro trinomio intellettuali-educazione-cultura, con l’appendice dei ricordi e delle commemorazioni di amici e affini.




         Il raggruppamento dei temi corrisponde alla intensità della loro frequenza ma ancor di più ad una facilitazione di ordine espositivo, di fatto, i due trinomi tematici formano per Russo l’unica realtà dell’uomo completo che è artista e che è religioso, morale e politico, educando ed educatore: per lui la vita dello spirito non si divide in compartimenti stagno, la sua stessa polemica vorrebbe essere esempio politico di democrazia e di moralità, promotrice di cultura, azione essa stessa.

         I contenuti della polemica sono offerti di volta in volta dalle occasioni, ma è vero anche che il Russo è particolarmente sensibile alla polemica quando questa gli offre il destro per ribadire i suoi convincimenti teorici, il suo moralismo, per battere gli interni (prima che esterni) bersagli della sua mente, per accarezzare i suoi miti, per confermarsi nella sua fede.


         Le nozioni di metodologia, il rigore dei giudizi e i temi o motivi critico-polemici, in sede strettamente di polemica (particolarmente quella su riviste e giornali a grande diffusione) vengono ripresi e adottati ancora una volta, anche se mutato è il tono, che si è fatto irridente, canzonatorio, qualche volta avvelenato e/o velenoso.

Il “muliebrismo”, la “religiosità”, l’ “autobiografismo”, i valori della cultura siciliana e tutte le altre nozioni metodologiche, fatte valere questa volta come formule di senso comune e non dimostrativamente, tutti questi elementi li ritroviamo nelle prose polemiche, che vengono caratterizzate in senso umanistico. 

Anche nella polemica più aspra e più tecnicamente politica o di costume o sulla riforma della scuola, vi è sempre il letterato che scioglie la sua polemica in una prosa di esperto, fine letterato.



Lo stile è la spia del complesso mondo morale del polemista, della sua formazione, della sua professione di studioso, del suo gusto per le belle lettere. 
Ma forse il maggior pregio delle prose polemiche è nella dissimulata dottrina che traspare dall’andamento apparentemente “estravagante” e senza regole del discorso.

Lo stile, infatti, se non è una questione di tropi, ma, come diceva il De Sanctis, di pensiero e di umanità, rivela un pensiero che si è fatto agile e appassionato.
Abbandonato il tono medio e serioso, discorsivamente ragionante, della prosa critica più accademica, lo stile delle prose polemiche diventa più scorrevole e frenetico, e dà la sensazione di essersi sbarazzato di un peso: le immagini vengono caricate di originali significati , le citazioni e i riferimenti  estrapolati dal loro contesto originario vengono ad assumere un valore emblematico che bene illustra i nuovi contenuti e le nuove situazioni, l’aggettivazione è “umorosa”, i periodi si assottigliano di proposizioni, queste divengono essenziali in una coordinazione che vuole martellare una stessa idea ripetendola cento volte.



Nei movimenti di stile e di pensiero la polemica assume il carattere di una “esegesi dei luoghi comuni” dell’ideologia dominante e delle moderne mode culturali, filosofiche, politiche, estetiche, critiche, etc., ma di segno opposto a quella del francese Léon Bloy che ha scritto una tale esegesi agli inizi del nostro secolo. 

Se il Bloy, cattolicissmo, faceva convergere tutte le armi della logica e della caricatura contro lo stereotipo del “Borghese” laicista e ateo, lo storicista Russo (l’accostamento, per contrasto vale però per capire meglio lo stile del francese e del siciliano) rifrange il suo bersaglio polemico in una serie di figure-tipo:

 il “venticinquenne” o dell’incompiutezza; 
il “mistico-alfonso o del bigottismo”; 
il “poeta-puro” o dell’astrattezza; il “terzaforzista o terzaforzato” o dell’indecisione; 
il “cattolico-ateo” o dell’ipocrisia; 
gli “uomini d’ingegno” o del velleitarismo; 
le “anime belle” o dell’inconcludenza.





Foto proprie: busto di Luigi Russo, monumenti di Delia, targa commemorativa.

Sempre su Luigi Russo e la polemica:
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2012/09/elogio-della-polemica_13.html

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