Ringrazio l'amico Salvatore C. Trovato, titolare della cattedra di Linguistica generale all'Università di Catania, per la gustosa disquisizione sulla cassata siciliana.
Anche se pubblicato in un tempo liturgico poco consono, il post non vuole essere incitamento a contravvenire alla pia pratica del digiuno quaresimale, semmai, a scongiurare altri digiuni, relativi alla curiosità intellettuale e alla conoscenza.
Soltanto per ragioni di snellimento grafico, mi sono permesso di scandire il testo in brevi paragrafi appositamente titolati. P. C.
PER LA STORIA DELLA CASSATA
di Salvatore C. Trovato
Della parola
cassata,
con la quale si indica il “dolce assoluto” di una “terra esagerata e senza
misure”, come scrive Diletta Barone nel romanzo Sull’acqua e sul vento
(2003), sono state date numerose spiegazioni etimologiche.
La parola “cassata”: si inizia da Placido
Spatafora
Michele Pasqualino nel
suo Vocabolario etimologico siciliano italiano e latino (1785-95) ne ricorda
quattro. Di queste, almeno due sono dovute a Placido Spatafora, il cui Vocabolario
manoscritto il Pasqualino utilizzò per il suo.
Cassata spagnola
Lo Spatafora, sicuramente
senza volerlo, fornisce a mio parere la motivazione della
parola già in sede di definizione lessicografica. Cassata, infatti, è
per lui una «sorte di torta con zucchero, e ricotta dentro
d’una cassetta di pasta; quasi dicesse incassata». Senza volerlo, dicevamo,
perché subito dopo addita nello spagnolo quesada l’origine della nostra
parola.
Cassata ebraica
Il Pasqualino, dal canto suo, spiega cassata con l’ebraico
casah «coprire, per essere coperta, a differenza delle altre torte, che
non lo sono», mentre riferisce che il padre, Francesco, cui si deve la prima
redazione del Vocabolario, spiega la parola col latino «caseus, caseata, cassata, perché ve ne sono
fatte anche di caciocavallo, dette, cassate di caciocavallo».
Cassata araba
Un secolo dopo Michele
Amari (1872), propone l’arabo kas’at «scodella
grande e profonda, com’è veramente la pasta di quel dolce, ripieno di ricotta o
di crema»,
ripresa poi dal Dizionario Etimologico Italiano (1950-57), che
propone, però, la forma dialettale qaṣ’at.
Cassata “francescana”
Infine, Alberto Vàrvaro
nel suo Vocabolario etimologico siciliano (1986), dove riporta tutte le
attestazioni della parola a partire dal 1312 e le proposte etimologiche fatte, propende,
alla maniera di Alessio (1972), per un prestito ipercorretto dall’Italia
centrale, in cui possono avere avuto un qualche ruolo i francescani (la cassata
sarebbe «una vivanda di magro»). Insomma un casciàta
italiano meridionale – certo con
pronunciato allo stesso modo del della parola farmacia in
bocca catanese –, sarebbe diventato cassata in Sicilia per
evitare una pronuncia a torto ritenuta errata.
Quale l’origine vera?
Ora, delle sei proposte
ricordate, la maggior parte pongono difficoltà insormontabili sul piano della
fonetica storica. Così, lo spagnolo quesada, l’ebraico casah e l’arabo
qaṣ’at non spiegano perché mai la forma siciliana ha
due -ss-, mentre le ricordate basi etimologiche proposte ne hanno una
sola.
Cassata latina
E la stessa cosa può
dirsi anche per il lat. caseus/caseata. Per quanto riguarda
quest’ultima, poi, è chiaro che se
ammettiamo l’ipercorrezione, dobbiamo anche ammettere il prestigio del toscano sul
siciliano fin dagli inizi Trecento, dal momento che, come si è già ricordato,
la prima attestazione siciliana di cassata è del 1312. Una data troppo
alta per non esprimere pesanti riserve di ordine cronologico.
Con ricotta o con uova?
Inoltre, mentre dalla
documentazione scritta appare chiaro che la nostra cassata è fatta con
prodotti caseari (ricotta, formaggio e finanche caciocavallo), in un solo isolato
caso (1519) è fatta con uova.
Insomma, mentre dal
punto di vista della motivazione e
dell’etimologia – nonostante la riserva della -ss- – tutto sembra portare a caseata, non è da sottovalutare il fatto che nessuna
delle fonti ci dice com’è fatta la cassata.
Ad eccezione del Pasqualino,
il quale, fermo restando che l’ingrediente della farcitura è la «ricotta raddolcita con zucchero», aggiunge che la ricotta è
contenuta in un «rinvolto di pasta anch’essa raddolcita».
Un «rinvolto» – non se ne precisano la forma né i modi
dell’esecuzione – che avvolge e incapsula la ricotta.
Proprio alla stessa maniera della definizione lessicografica
dello Spatafora: «sorte di torta con zucchero, e ricotta dentro d’una cassetta
di pasta; quasi dicesse incassata».
Ingredienti e
procedimento
A questo punto, a meglio intendere la proposta etimologica e
motivazionale che andiamo a fare, è opportuno descrivere brevemente il
procedimento per fare la nostra torta.
Essa si
costruisce dentro un’apposita tortiera alternando strati di listarelle di pan
di Spagna (imbevuti di liquore) con crema di ricotta. Le listarelle di pan di
Spagna chiudono lo strato superiore come quello inferiore della cassata, nonché
i lati, ma su questi alternate con listarelle di pasta reale, per lo più di
color verde.
La torta così costruita
viene ora posta sotto pressione per alcune ore o per un’intera nottata.
Quando il prodotto si è
consolidato, viene capovolto su di una base e decorato ancora con pasta reale,
una glassa di zucchero e frutta candita.
Indietreggia la latina caseata
Ora, si considera tutto
ciò, caseata perde vistosamente
terreno, come base etimologica di cassata, rispetto a *capsata che, oltre che sul
piano della motivazione, acquista vigore e credibilità anche sul piano
fonetico: il nesso di consonanti -ps- nel siciliano evolve in
-ss- come mostrano, oltre al nostro cassata, parole come jissu
‘gesso’ da gypsum, chissu ‘codesto’
(pron.) da eccu ipsu e ssu (agg.) da ipsu.
Indietreggia la sicula ncaçiata o ncasciàta
Se così è, va da sé che
i vari casata, casciata, caseata, casiata e casiatum
registrati dal Du Cange e di probabile provenienza italiana meridionale,
etimologicamente sono ben altra cosa rispetto al sic. cassata. Peraltro
il tipo *incaseata riferito, ad es. al
modo di cucinare la pasta, ha dato luogo nel sic. a (pasta) ncaçiata,
oltre che, per etimologia popolare, a (pasta) ncasciàta. Neppure
l’ombra di un *(pasta) ncassata.
Avanza la “incassata" di Placido Spatafora
È
ancora lo “stampo” o, ancor meglio, il “rinvolto”, nel caso delle cassatelle
di Agira o delle cassate di Sperlinga (dolci di Natale a base di un
farcia di mandorle e cioccolato ad Agira, o di fichi, mandorle e uva passa a
Sperlinga), a costituire, ancora una volta, l’iconimo o immagine motivante di
questa parola, come, senza volerlo, aveva indicato Placido Spatafora poco più
di due secoli fa.
Diritti riservati
Foto proprie
Altri post del prof. Trovato:
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2012/12/gli-arabi-dalle-nostre-parti.html
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2012/12/lu-cahe.html
la imprescindibile componente araba degli ingredienti dolci: zucchero e canditi, svela la provenienza islamica della cassata. Ingredienti originari dalla lontana India, attraverso la Persia e con il vettore arabo.
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