giovedì 18 aprile 2013

I CIOTTOLI D'AMORE DI "MICHETTO" ROMANO

Lo vedevo qualche volta nei corridoi dell'Università ma non è stato mio professore, il corso di latino per gli studenti di filosofia lo teneva la professoressa Gianna Petrone di cui conservo un ricordo bellissimo e che mi ha fatto amare la modernità di Orazio; il prof. Domenico Romano invece l'ho incontrato nella veste di poeta nella mitica tipografia di Totò Lazzara dove tutti lo chiamavano familiarmente Michetto. 


Sinceramente strideva ai miei occhi una tale trasformazione: il chiarissimo professore universitario della cattedra di Latino I per gli iscritti a Lettere classiche, che intravedevo di mattina nei corridoi della Facoltà, veniva "declassato" a "Michetto" e poeta underground per giunta nello scantinato di una tipografia.


Ma bisognerebbe sapere e capire cos'è stata l'officina tipografica S. T. ASS. di via Maggiore Toselli, 21, cosa ha rappresentato per la cultura palermitana, per tanti accademici, artisti e uomini di cultura, se un prof. universitario veniva trattato così familiarmente e gli si dava del tu: in questo luogo, ormai scomparso, si veniva a consacrare attraverso accuratissime pubblicazioni, coordinate e supervisionate dal "regista" Totò, il valore della propria arte e della propria cultura, senza boria, senza accademismi, ma con naturalezza, con familiarità, addirittura in amicizia. L'aria che si respirava era quella di un ideale cenacolo. Le Edizioni Grifo ne suggellavano quasi l'appartenenza. 


L'avrei capito bene dopo, col tempo, irreversibilmente quando la tipografia ha chiuso. E che ora mi manca, che manca alla cultura palermitana e quindi siciliana. Per dare l'idea del fervore culturale che vi aleggiava e dei personaggi che vi bazzicavano occorrerebbe una lunga processione di nomi.


E' stato in questo luogo che ho avuto in dono la copia di Ciottoli dal professore Domenico Romano, per farne una recensione, e altre copie da Totò Lazzara perché ne facessi dono agli amici. 




Ciottoli d'amore
Mia recensione del libro di
Domenico Romano, CiottoliGrifo, Palermo 1990, pag.66 (ed.fuori commercio)


Gudemula sta vita.
Lesbia du me cori.
e amamunni...

E' la fresca traduzione, ad opera di un professore universitario, del primo verso del famoso Carmen 5 di Catullo : Vivamus, mea  Lesbia, atque amemus...
Opera di un poeta poliglotta, dunque, polifono e policorde. Pochi altri, oltre il Carducci, hanno saputo resistere all'abitudinaria forza spoeticizzante dell'accademia. Essere professore universitario e poeta, giudice e "attore": un "acrocoro", un ossimoro : iperbole, contraddizione e rarità. 

E' occorso al chiarissimo professore di Letteratura Latina della spoeticizzante Università di Palermo. Domenico Romano (per gli amici ''Michetto"), che ha dedicato all' "assidua compagna dei suoi sogni", alla "sua Ermelinda", una piccola silloge di quarantanove poesie proprie e di due altrui (tradotte dal lati­no in siciliano e dal tedesco in italiano). 


Artifex. il Professore, anzi il Poeta, di un unico atto di poesia, scandito in tre tempi: 1972, 1975, 1990, cui corrispon­dono rispettivamente: Il sentiero spezzato, Dietro la storia,  Ciottoli. 



Quest'ultimo piccolo libretto, dal forma­to graziosissimo (è una "botticina picco­la": puntuale la copertina "acciottolata" di Nicolo D'Alessandro, curata perso­nalmente da Totò Lazzara), stampato in trecento copie non numerate, è un gesto di autentico nascondimento che varrebbe la pena di far conoscere per la sua autenticità, esso infatti va ben oltre l'occasionalità di un anniversario coniu­gale.

Anzi, partendo da questo dato si può notare che la limpidezza dei versi, non rimati ma cadenzati semplicemente e con realismo sul sentimento, denuncia la resistenza ad una duplice usura : l'u­sura quotidiana anche degli amori più grandi e l'usura delle parole che s'in­grommano e diventano sfilza di luoghi comuni, sorde e senz'anima. 
"Come amarti ancora/ mia luna...?"  l'uomo si chiede dinanzi al "desolato silenzio / di pietre' (Non sei) .

"Sei stata, felicità... Eppure sei stata, feli­cità... Sei stata felicità..."(Storia). L'uomo non si vuole ingannare dinanzi al precipitare del tempo, all'appesantirsi delle ali della giovinezza. Ma il poeta non vuole disperare e sublima nel canto e col canto le gioie antiche: le antiche irruenze sono ora un "frullio", si ricono­sce e si accetta la nuova condizione perché tutto appare rasserenato, irreale come la bellezza / folgorante d'un sogno" (Frullio) . 

Ed ancora, la sensua­lità della poesia Eloisa è una sensualità pudica, temprata e temperata dal rispetto del tempo trascorso : "La mano ansiosa / che fruga tra sparsi brandelli di alabastro / tesori celati, / ignota sor­giva / d'incanto di sensi". Si contemplano il fuggire e lo svanire della vita, l'impernanenza degli eventi, per approdare al porto fermo della memoria che "allegra" "punge": "...resta murmure lene / d'onda di smemorati pensieri" ( Mi sperdo).


Questo tono da Ecclesiaste di molte poesie ne fa una raccolta assonante col bufaliniano "amaro miele" della giovi­nezza trascorsa, dove l'amaro è la colpa della giovinezza ormai andata, perché andata, che ha lasciato posto ad una debilitata ragione di vivere. 
Le poesie così intonate formano uno scarno rima­rio senza rime del cuore, disadorno di ogni ottimistico fiore, quasi disinteressa­to a un mondo svuotato di vitalità. 
Ma è appena un momento. 
Riemerge l'uomo con la sua responsabilità e le sue idee, col suo sentimento morale, col suo impegno. 
Il poeta ne prende atto. 

Alla melanconica corda poetica si intrecciano altri fili che la fanno più robusta. 

Il poeta "civile", questa volta, incita gli studenti di Lettere ad essere "impeto grande/che pulisca l'aria, che si nutre dello sterco / dei potenti del mondo" (Agli studenti di lettere); ama la sua "terra di Sicilia"con la sua "antica miseria / e opulenza mischiate" che gli "graffiano l'anima" (Terra mia) ; con­danna il "furore di belve" che si avventa sul mondo (Storia).

Suggellano infine il libro, ovvero il peri­plo di questa awentura poetica, un sen­timento cosmico , la speranza di una progressiva umanizzazione dell'uomo, un'ansia metafisica e una risposta luci­damente laica.









Seguiteranno i grilli 
a scuotere l'aria 
d'allegria di festa
... Io non ci sarò.
Seguiteranno i bimbi 
a correre spensie­rati
...ed i corpi amanti 
a confondersi
 in stretta vogliosa 
d'oblio.
Io non ci sarò. 
...Un giorno l'uomo 
si donerà agli altri,
 allora sarà uomo.
Io non ci sarò
(Non ci sarò).

Questo "non esserci" è una rovesciata voglia di "volerci essere", un desiderio strozzato. L'ultima parola dell'ultima poesia della raccolta è, seppure interro­gativamente, "eterno".
P.C.
Pubblicata precedentemente su:
“Lumìe di Sicilia”, n. 23, febbraio 1995, pag. 3

http://www.sicilia-firenze.it/upload/files/lumie_n23.pdf 


Vasati a nun finiri:
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2013/04/vasammuni-lesbia-o-comu-schifiu-ti.html


4 commenti:


  1. Da fb
    Compagnia Via Pindemonte (Gabriella):

    Che emozione leggere queste parole! Bellissime!.....ma la cosa più bella è stato scoprire che a casa mia ho una copia (donata appunto da Salvatore Lazzara) di questo libro che ho letto....mi colpì soprattutto una poesia da cui rubai un verso per un monologo del primo spettacolo della Compagnia .
    Il verso era "Lo sterco dei potenti del mondo "........in qualche modo immagino un luogo in cui possa rivivere l'arte, la pittura ,la musica ,la danza la poesia ,cultura , un luogo che sia oggi quello che per te in passato ha rappresentato la S.T.ASS....non sarà un'utopia bisogna crederci tanto!

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  2. Da fb
    Nicolò D'Alessandro:

    Grazie per averlo ricordato. Era una persona per bene. Un signore dell'ottocento. Un ricordo che restituisce qualcosa al senso della dignità.

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  3. Da fb
    Angelo Campanella:

    Che bella sorpresa! Non sapevo di questa tua mirabile recensione della plaquette di Domenico Romano, nella quale si colgono chiaramente i vari aspetti della personalità del professore. Grazie

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  4. Riporto la risposta di Elisa Romano poiché assume il valore di una testimonianza.


    20 aprile 2013

    Gentile Piero Carbone,
    rispondo all'indirizzo di posta elettronica perché non so usare bene facebook.
    Sì, sono la figlia di Domenico Romano e La ringrazio molto per questo ricordo di mio padre. Mi ha commosso anche il riferimento a Totò Lazzara, che anch'io conoscevo bene e di cui ricordo la mitica tipografia (fra l'altro, io stessa pubblicai un libro per le edizioni "Il Grifo").
    Conoscevo la Sua recensione a «Ciottoli», mio padre conservava tutte le recensioni alle sue raccolte poetiche, e sono ancora conservate negli scaffali della sua biblioteca.
    Ancora grazie e un saluto cordiale.
    Elisa Romano

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