Caro Piero, scorrendo qua e là ho riletto la mia recensione al tuo Emarginalia: m'è sembrata degna di essere pubblicata nel tuo blog, se lo ritieni opportuno.Te la mando. A presto e auguri di una Pasqua primaverile. Nicola
Caro Nicola, ti ringrazio ora come allora per la recensione e sono onorato di ripubblicarla nel mio blog, altroché! La Pasqua è appena trascorsa ma la primavera è ancora in corso, faccio in tempo per ricambiare gli auguri primaverili. Un abbraccio. Piero
Emarginalia
Associazione Dipingi la pace, Palermo 1996
Collana "Gli Arcobaleni"*
a cura di Aurelio Cardella
a cura di Aurelio Cardella
Recensione di Nicola Lo Bianco
apparsa su Passpartù, febb.’97
Del titolo ci dà ragione lo stesso Autore nella
breve prefazione a questi suoi sette sguardi raccontati: scene di
piazza, quotidiane farse, teatrali eventi alla Nofriu e Virticchiu.
Frammenti di vita
a bella vista per chi capita nel centro storico di Palermo. Chi ci vive non ci fa caso, chè lo sa che è teatrino
tragicocomico di ogni giorno: chi
viene da fuori si ferma a guardare per vedere come va a finire.
Piero Carbone, è, si fa per dire, forestiero di Racalmuto, e come tutti i forestieri,
palermitani compresi dell’altra Palermo, non resiste allo spettacolo verace
e sanguigno.
In più Carbone, da buon scrittore di cose siciliane, decide di
raccontare: brevi istantanee, lampi fotografici, sapidi quadretti, introdotti
da, o più propriamente appesi a citazioni (Gogol, Bazin, Maupassant,
ecc;) in contrappunto didascalico. Emergono il gusto del bozzetto, lo schizzo
estemporaneo, figure e figurine dal profilo mimico. Ed al mimo, stando alla
interpretazione di Sciascia, questi sguardi si apparentano. Ma solo
esteriormente: nella brevità, nella immediatezza, nella vivezza della
rappresentazione, che è, com’è giusto che sia, più nelle cose che nella
intenzione dello scrittore.
Per il
resto, manca ciò che è peculiare al mimo: la clausola proverbiale, l’exemplum,
la parità morale. E non poteva essere diversamente.
Il mimo, Amabile
Guastella insegna, è tradizione, memoria, vitale paradosso di una civiltà,
quella contadina, presente compiutamente a sè stessa. Ciò che si traduceva in
stile di vita e la vita in racconto stilizzato. In mimo, per l’appunto.
A
Palermo (ma anche a Berlino anche a Racalmuto) quale memoria, quale vitale
paradosso, quale stile? Ce li dobbiamo creare, ognuno con la sua testa, se ci
riusciamo. Oppure dobbiamo cercare di trovare un senso, se c’è, al non senso.
Carbone trova un senso nel puro e semplice raccontare, senza di più senza di
meno. Periodi essenziali, secchi enunciati, incisi spiccati, alcune parole in rilievo,entro
un linguaggio, quello del narratore, segmentato da modi espressivi popolani di
Ballarò, del Capo, dell’emarginata periferia.
Agile, conciso, chiaro, l’Autore
va dritto filato alla conclusione, che tale, in conformità all’evento, non è.
Chè, si capisce, il giorno dopo, in un altro autobus, l’anno venturo, la farsa
si replicherà, con altri attori, con altri sguardi.
Al sottoscritto sono
piaciuti in modo particolare La benedizione e U radicuni. A
Sciascia questi sguardi sarebbero piaciuti?
Nicola Lo Bianco
Nicola Lo Bianco
* Volumetti arricchiti dai disegni originali delle scolaresche e finalizzati a progetti di solidarietà.
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