Nelle feste religiose non possono mancare i fuochi d'artificio e la banda musicale; in quelle importanti di bande musicali, dette semplicemente "musiche", se ne "chiamano" due, facendole venire anche da paesi lontani, anzi, più è lontano il paese di provenienza tanto più prestigiosa è ritenuta la "musica".
Della festa alcuni aspettano soltanto la musica "a palco", si portano le sedia da casa o all'impiedi e si piazzano per tutto il tempo a inebriarsi di note, di arie, canticchiando, assecondando gli assolo, gli andanti, muovendo la testa, tamburellando con le mani, girandosi a destra e a manca per chiedere riscontro con le ciglia inarcate e la testa obliqua a chi gli sta vicino. Ma la troppa passione può sfociare in altro.
Immaginiamo un dialogo tra due amanti della musica, sostenitori di due bande diverse, di due repertori diversi. Ma c'è poco da immaginare perché quello che è successo a Montedoro nei primi del Novecento sembra surreale, e chissà come sarà stato interpretato dalle signore londinesi a cui il racconto era destinato.
Materia del contendere: il diverso programma musicale delle due bande che suonavano a palco, e possiamo immaginare, questo sì, che nel sostenere la superiorità della verdiana aria "Amami, Alfredo" all'altra belliniana "Casta diva", qualcuno abbia veramente perso la testa e non ci abbia visto più dagli occhi.
Che per la musica si arrivi a tanto, durante una festa religiosa per giunta, sembra la negazione sia della musica che dovrebbe ricreare l'animo sia della festa religiosa che dovrebbe innalzare gli spiriti.
E purtroppo non soltanto con la musica e la religione avviene di negare una cosa per il troppo presunto amore nel sostenerla.
Dal libro Vicende e costumi siciliani, pubblicato da Louse Hamilton Caico a Londra, in inglese, nel 1910 e tradotto e pubblicato in Italia soltnto nel 1982. Capitolo "La festa di San Giuseppe".
Dopo il
primo pezzo, chiesta ed ottenuta l'autorizzazione del sindaco, si diede il via al grandioso
gioco pirotecnico preparato su di una
intelaiatura di legno appositamente costruita all'inizio della discesa, proprio dinanzi alla chiesa.
Durò a lungo, silenziosamente ammirato e apprezzato dalla folla che ora sciamava nella piazza, mentre le due
bande si alternavano nell'esecuzione di allegre musichette, le
improvvisate bancarelle continuavano a fare
affari, le lanterne oscillavano rivelando le forme graziosissime delle rudimentali bilance e, nell'ombra, scintillavano gli occhi vivaci e i denti
abbaglianti nei visi da arabi dei
miei compaesani.
Spentosi
in ciclo l'ultimo razzo colorato, il concerto ebbe inizio. Non c'era
neanche un valzer nel programma e manifestai la mia delusione; si andò subito a cercare il "procuratore" che venne spedito dal capobanda per richiederne uno da parte
mia. Il mio desiderio venne subito esaudito e
mentre la banda lo eseguiva - devo dire alla
perfezione - echeggiarono degli spari e vidi la folla fuggire in
tutte le direzioni.
Il Sindaco, che nei piccoli paesi è
anche capo delle guardie, si precipitò fuori dal
casino seguito da suoi cugini, gli altri uomini di casa ci spinsero dentro
chiudendo le grandi porte-finestre, per paura - dissero - che una pallottola
potesse raggiungerci, in piazza le donne e i bambini si
dispersero urlando, e la banda sospese il suo pezzo. Ero eccitata e curiosa
anche se capivo che qualcosa di brutto era accaduta.
A
poco a poco cessarono le grida e la confusione,
e un uomo, qualcuno che abitava in un paese vicino, arrivò trafelato a portarci il resoconto dell'accaduto.
Due "forestieri", di Serradifalco, un paese
vicino, nella foga della loro lite a proposito delle due
bande e dei due programmi di musica, avevano
estratte le rivoltelle e fatto fuoco, per fortuna senza ferirsi. Il sindaco li aveva già consegnati tutti e due ai
carabinieri perché li arrestassero e ora si dirigeva verso di noi, perfettamente
calmo e controllato.
Riportammo fuori le
sedie, la folla dispersa riappariva,
dapprima timidamente, dagli angoli delle strade checonfluivano in piazza e poi, sempre più disinvolta, ricominciò ad affluire in piazza,
i musicanti che nel frattempo erano rimasti pazientemente a
sedere aspettando che il piccolo contrattempo fosse risolto,
attaccarono un pezzo brillante e un'armoniosa atmsfera di festa
riebbe il sopravvento.
Finito il concerto, il
capobanda di Canicattì, a cui tanto piaceva chiacchierare, tornò a farci visita, e, fra i complimenti
tutti, restò con noi fin
dopo mezzanotte.
Ora la grande piazza bianca, fino a poco prima cosi affollata e rumorosa, si apriva ai miei occhi deserta e
silenziosa nella luce dolce di una notte piena di stelle; di
nuovo tutto era pace e quiete, e, a dirvi la verità, non mi dispiaceva affatto che la festa di San
Giuseppe fosse finita.
Foto di Loise Hamilton Caico.
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2013/01/non-scappo-dalla-sicilia.html
Foto di Loise Hamilton Caico.
http://archivioepensamenti.blogspot.it/2013/01/non-scappo-dalla-sicilia.html
E' MERAVIGLIOSA QUESTA STORIA SONO TENTATO DI CREARE UN'OPERA COMICA SULL'ACCADUTO GENIALE IL TUO TITOLO "AMAMI ALFREDO...O TI SPARO" ..... LA DOBBIAMO METTERE IN SCENAAAAAAAAAAAAA
RispondiEliminaSIIIIIIIIIIIIIIIIIII
RispondiEliminaFederico Messana
RispondiEliminaHai colto un episodio che, nonostante stia rileggendo l'opera di Louise Hamilton, mi era sfuggito. E mi piace molto l'accostamento che ne fai. Fino agli anni cinquanta era frequente che avvenissero episodi del genere, e Louise ce ne da una rappresentazione magistrale. Come quando arrivava il cantastorie (ricordo Cicciu Busacca) e la gente correva in piazza portandosi dietro la propria sedia per assistere comodamente allo spettacolo. Ed anche in quelle occasioni qualche scazzottata ogni tanto ci scappava tra chi parteggiava per il poveretto colpito a morte, per i carabinieri o per il mafioso di turno. La Hamilton è secca ed usa pochi fronzoli nel descrivere certi episodi, ma per questo la sua prosa risulta fresca, immediata e comprensibile.