Sulla
bacheca di fb sono riaffiorati, spontaneamente o per volontà di qualche deus informatico
riordinatore, i commenti (qualcuno integralmente, qualche altro più o meno o per niente condivisibile in quanto testimonianza di un sentire critico-eretico moderno così estremo da
rasentare il surreale) alla lettera consoliana; ne ho approfittato per
riacciuffarli e condurli nel blog che vuole fungere da archivio "attivo", visto che la rete, per i fatti suoi, vien configurandosi sempre più come una sorta di nostro archivio passivo pur maneggiando fatti e pensamenti personali. E rifletterci su.
La
funzione dei commenti sottoscritti e non anonimi oltreché democratica è anche
etica, logica e metodologica in quanto di aiuto a definire e circoscrivere il
perimetro delle proprie idee, delimitato da quello degli "altri" che
se ne assumono responsabilmente la paternità. Da questo punto di vista si deve
essere grati ai pensieri diversi, anche radicali, degli altri, perché aiutano
dialetticamente a definire i propri. Pensieri come possibilità logica in cui
c'è spazio del loro dibattimento e non, occorre precisarlo?, veicoli di
indimostrate e dogmatiche accuse che attengono al rango delle perfide
calunnie.
La
varietà delle opinioni infine può indurre al relativismo ma è anche vero che
allarga gli orizzonti mentali e, con un pizzico di ragionevolezza, può
condurre, auspicabile meta, alla tolleranza.
In fondo, siamo tutti eretici, gli uni rispetto agli altri, se vogliamo avere un "nostro" pensiero.
In fondo, siamo tutti eretici, gli uni rispetto agli altri, se vogliamo avere un "nostro" pensiero.
Omaggio all'eretico regalpetrese onorario Vincenzo Consolo
da Piero Carbone (Note) il Venerdì 3 febbraio 2012 alle ore 17.25
Milano, 29 ottobre 2000
Caro Carbone,
con molto ritardo ho finalmente letto il suo godibilissimo "Eretici a Regalpetra". Mi sento onorato di essere stato accomunato agli abitanti di Regalpetra, che hanno "l'eresia scritta nei geroglifici del sangue". Mi sono appassionato ai notai, preti, gesuiti, farmacisti, medici, contadini di questo straordinario paese del sale, così diverso dal mio S. Agata "insalanùtu".
Cordiali saluti. Vincenzo Consolo
Cordiali saluti. Vincenzo Consolo
Circa 25 anni fa, ho incontrato al mio paese (Racalmuto) Leonardo Sciascia che, come al solito, nei pomeriggi faceva la sua passeggiata davanti al Circolo Unione. Mi ha chiesto come mai mi trovassi in paese e gli ho detto che stavo tornando da Agrigento, dove ero andato a verificare lo stato fitosanitario del Pino di Pirandello che era stato attaccato da grossi insetti chiamati Capricorni o Cerambicidi. Mi ha fatto alcune domande alle cui risposte mi sembrava molto interessato. Mi sembrava che tutto si fosse esaurito lì. Senonchè dopo alcuni mesi ritrovo alcune sue profonde riflessioni in un suo libro (Leonardo Sciascia – Fuoco dell’anima – Conversazioni con Domenico Porzio – Mondadori Editore) e che riporto:
RispondiElimina“D. Porzio: Com’è questa storia che il pino di Pirandello sta morendo? È una malattia?
L. Sciascia: Sta morendo perché è vecchio. Ma si può salvare, con tutti gli accorgimenti tecnici che ci sono oggi. Soprattutto occorre liberarlo dal selciato: le radici non respirano, l’acqua non penetra. E poi bisogna affidarlo alle cure di uno specialista. C’è un giovane che è molto bravo in queste cose, è di Racalmuto e insegna alla Facoltà di agraria. Mi ha detto che l’amministrazione comunale non risponde a queste sollecitazioni: perché si sono messi in testa di sostituirlo con un pino di plastica.
D. Porzio: No, non è possibile!
L. Sciascia: Questa è la classe dirigente – per meglio dire digerente – che preferisce fare il pino di plastica piuttosto che salvare quello vero.. ed è così per tante, tante altre cose…..”
Dopo alcuni mesi, venne a trovarmi a Palermo lo scrittore Vincenzo Consolo, perché, mi disse, voleva conoscere il giovane di cui aveva parlato Sciascia e sapere qualcosa sulla “salute” del Pino di Pirandello. Anche di questo nostro incontro lo scrittore riferisce in un suo libro al capitolo intitolato “Il pino di Pirandello” (Vincenzo Consolo – Di qua dal faro –Mondadori Editore)
“ Un tronco morto, pietrificato,, un alto pennone scabro simile a quelli su cui si torcono, s’innarcano nello spasimo i corpi dei due ladroni nella Crocefissione d’Anversa di Antonello, è ormai il pino di Pirandello.
Una tromba d’aria ha tranciato la chioma del famoso albero del Caos……. Era un albero vecchio e malato il pino del Caos……..Il giovane “molto bravo” di cui parla Sciascia è il professor Giovanni Liotta, il quale evidentemente era riuscito alla fine a convincere le autorità a farsi affidare la cura del vecchio albero malato. E aveva innanzi tutto liberato gradualmente le radici, anno dopo anno, piastrella dopo piastrella, dalla coltre di pietra. Il pino così aveva preso a rivivere, fino a che non è stato ucciso, con lo strappo della chioma, dalla tromba d’aria…………………Il Professor Giovanni Liotta aveva pensato provvidenzialmente a suo tempo a far germogliare dai semi del vecchio pino tre pianticelle. Quando queste saranno cresciute, ne sceglierà una, la più robusta, a sostituire il genitore, il tronco senza vita attuale…………..”
Bellissima testimonianza. Grazie.
EliminaQuali saranno state le arcane motivazioni della ritrosia sciasciana a non fare i nomi dei compaesani? Un'altra volta parlò del "notaio che verseggiava" e un'altra volta ancora scrisse sull'Espresso di un giovane sindaco molto attivo e che si dava da fare. Ma anche a proposito della sicilitudine la riferì a un giovane scrittore palermitano senza fare il nome. Chissà! Poi arrivano i Consolo e mettono tutto in chiaro. Chissà per quali altre ragioni!