CAP. XXVIII
Del modo del mettere d'oro a bolo et a mordente et altri modi.
Fu veramente bellissimo segreto et investigazione sofistica il trovar modo, che l'oro si battesse in fogli sí sottilmente, che per ogni migliaio di pezzi bat|tuti, grandi uno ottavo di braccio per ogni verso, bastasse fra lo artificio e l'oro il valore solo di sei scudi.
Ma non fu punto meno ingegnosa cosa il trovar modo a poterlo talmente distendere sopra il gesso, che il legno od altro ascostovi sotto paresse tutto una massa d'oro.
Il che si fa in questa maniera:
ingessasi il legno con gesso sottilissimo, impastato con la colla piú tosto dolce che cruda, e vi si dà sopra grosso piú mani, secondo che il legno è lavorato bene o male.
Inoltre, con la chiara dello ovo schietta, sbattuta sottilmente con l'acqua dentrovi, si tempera il bolo armeno, macinato ad acqua sottilissimamente; e si fa il primo acquidoso o vogliamo dirlo liquido e chiaro e l'altro appresso piú corpulento.
Poi si dà con esso almanco tre volte sopra il lavoro, sino che e' lo
pigli per tutto bene.
E bagnando di mano in mano con un pennello dove è dato il bolo, vi si mette su l'oro in foglia, il quale subito si appicca a quel molle. E quando egli è soppasso, non secco, si brunisce con una zanna di cane o di lupo, sinché e' diventi lustrante e bello. [...]
Del modo del mettere d'oro a bolo et a mordente et altri modi.
Fu veramente bellissimo segreto et investigazione sofistica il trovar modo, che l'oro si battesse in fogli sí sottilmente, che per ogni migliaio di pezzi bat|tuti, grandi uno ottavo di braccio per ogni verso, bastasse fra lo artificio e l'oro il valore solo di sei scudi.
Ma non fu punto meno ingegnosa cosa il trovar modo a poterlo talmente distendere sopra il gesso, che il legno od altro ascostovi sotto paresse tutto una massa d'oro.
Il che si fa in questa maniera:
ingessasi il legno con gesso sottilissimo, impastato con la colla piú tosto dolce che cruda, e vi si dà sopra grosso piú mani, secondo che il legno è lavorato bene o male.
Inoltre, con la chiara dello ovo schietta, sbattuta sottilmente con l'acqua dentrovi, si tempera il bolo armeno, macinato ad acqua sottilissimamente; e si fa il primo acquidoso o vogliamo dirlo liquido e chiaro e l'altro appresso piú corpulento.
Poi si dà con esso almanco tre volte sopra il lavoro, sino che e' lo
pigli per tutto bene.
E bagnando di mano in mano con un pennello dove è dato il bolo, vi si mette su l'oro in foglia, il quale subito si appicca a quel molle. E quando egli è soppasso, non secco, si brunisce con una zanna di cane o di lupo, sinché e' diventi lustrante e bello. [...]
Giorgio VASARI, Le vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a' tempi nostri.
Nell'edizione per i tipi di Lorenzo
Torrentino - Firenze 1550
CURATORE: Luciano Bellosi e Aldo Ross
Versine digitale in: www.liberliber.it
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