PUPI, PUPARI E "PIPINI"
Pirandello ci ha rovinati. Con la sua fantasia. Da quando un suo personaggio, don Nocio Pàmpina detto Ciampa, ha sentenziato che siamo "pupo io, pupo lei, pupi tutti", questa "macchia" s'è attaccata addosso ai siciliani come l'edera agli alti fusti di Eucaliptus.
A ridosso di Barcelona, in Spagna, qualche anno fa ne ho fotografato un intero bosco. L'edera si arrampica fino ai rami, fino alla cima e quasi li soffoca.
Eppure, a quanto pare, di "pupità" non è morto mai nessuno in Sicilia (ma soltanto in Sicilia?), per la semplice ragione che ciascuno ha riconosciuto questa condizione agli altri, riservando a sé, con tanti pupi a disposizione, il più ambito ruolo di puparo o "pipìno" ovvero padrino, tutor, regista.
Ed è stato un bene perché a volte è meno dannosa la malattia ignorata della malattia conclamata con il suo strascico di angosce e apprensioni. Esser pupo o pupino e credersi puparo o pipino.
Meglio, meglio assai una terapeutica ignoranza.
Del resto, guai se uno riconoscesse di essere affetto da "pupità" acuta o cronica, specialmente in occasione di scelte importanti della vita privata o pubblica, nella fattispecie nella dimensione familiare, lavorativa, religiosa, politica. Catastrofico sarebbe ritenersi artefice e invece scoprirsi morbida argilla modellata da mani altrui. Da deprimersi.
Ma può avvenire, purtroppo, che si rompa l'incantesimo e si riveli l'inganno: quello che la vita reale a volte sana, interviene l'arte a romperlo. Anche sotto l'apparente, briosa forma di una canzone:
Videoclip:
Ezio Noto di Caltabellotta, un paese che dal suo pizzo di montagna si presta a vedute panoramiche interprovinciali, è l'acuto autore e interprete consumatissimo della canzone il cui testo ho scannerizzato da Dove il buon giorno si sente dal mattino di Salvatore Coppola, autore tra l'altro della Presentazione del videoclip "L'Opera dei Pupi".
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