A Racalò in generale regna la rara virtù della coerenza, e specialmente tra i politici, forse perché terrorizzati che accada loro in vita quello che a Papa Formoso accadde da morto: essere catalputati nel Tevere.
A Racalò non c'è il Tevere, ma c'è il Pizzo di Don Elia, da lassù i racalesi traditi fanno dirupare, vuote, le casse da morto dedicate ai politici incorenti: al culmine di un solenne funerale che sembra vero. Un monito po' macabro, ma efficace.
Qualche isolato caso di incoerenza in verità nel passato c'è stato, prima però dell'entrata in vigore della prassi descritta.
E intanto i racalesi si godono i frutti di una tale virtù forzata: anche se obtorto collo, la coerenza sempre coerenza è. Per loro è una virtù pubblica. Irrinunciabile.
Qualche isolato caso di incoerenza in verità nel passato c'è stato, prima però dell'entrata in vigore della prassi descritta.
E intanto i racalesi si godono i frutti di una tale virtù forzata: anche se obtorto collo, la coerenza sempre coerenza è. Per loro è una virtù pubblica. Irrinunciabile.
...a ttia e a mmia
Sapiti comu fannu a Racalò?
Scrivinu li nomi ntre un
registru
di li politici a tiempu
d’elezioni.
D’ognunu fannu un bellu tabutu
e lu sarbanu sutta un catarràtu.
Ogni tantu nni piglianu
quarcunu
e lu portanu tutti in
prucissioni:
la banna, li tammùra, la simenza.
Arrivati a Pizzu donn’Elia
l’arrizzolanu ddra ssutta
ppi la via.
Santa e arrisanta mentri
s’arrizzola,
si sfascia in milli piezzi e
menu mali
ca la cascia è vacanti e
nuddru vola.
Contra li trunchi, li rocchi
e purrazzi
si vannu a sbattiri tavuli e
lapazzi.
Di lu registru scancellanu
lu nomu,
a carricatura battinu li
mani.
Altru chi santu prigatu
n-ginucchiuni!
Mentri lu parrinu binidici,
cu sputa all’ariu, cu jetta
vuci.
La curpa? Prestu vi lu dicu.
Duoppu vutati, canciaru
arriè partitu.
Furbi, galantuomini o
facciuoli?
Stu cancia e scancia unn’è
democrazia,
è na pigliata… n-giru. A
ttia e a mmia.
Sapete come fanno a Racalò?
Scrivono
il nome su un registro
dei politici a tempo di elezioni.
Di ognuno fanno una
bella cassa da morto
e la conservano sotto una botola.
Ogni tanto ne prendono
qualcuna
e la portano tutti in processione:
la banda, i tamburi, i semi salati.
Arrivati a Pizzo Don
Elia
lo fanno ruzzolare là sotto lungo la via.
Dal registro cancellano il
nome,
a sfottò battono le mani.
Mentre il prete benedice,
chi
sputa in aria, chi emette grida.
La colpa? Presto ve lo dico.
Dopo essere stati
votati,
hanno cambiato partito.
Questo cambia e scambia
non è democrazia,
è
una presa… in giro.
A te e a me.
La poesia si può leggere nella raccolta Venti di sicilinconia, Medinova, Favara 2009. E' stata anche musicata.E' stata cantata da Giana Guaiana qualche anno fa alle Fabbriche Chiaramontane.
Foto di Louise Hamilton Caico
Foto di Louise Hamilton Caico
Una bella soluzione, questa di Racalò, interessante al punto che credo si potrebbe esportare al di fuori del comune, della provincia o della regione. D'altronde tutto il mondo non è altro che un paese, con i suoi vizi e i suoi difetti. L'unico problema sarebbe che non tutti hanno "lu pizzu di donn'Elia. Si dovrebbe adattare di volta in volta e di paese in paese un luogo idoneo e che a "lu pizzu" assomigli
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