La pubblicazione odierna del "Portale est-ovest" di Filippo Grillo, con la nota a suo tempo richiestami dal suo autore, per la tematica coincide con l'inaugurazione a Palermo della BIAS-Biennale Internazionale d'Arte Sacra ed è resa attuale, per i rimandi simbolici, dalla recrudescenza del "problema" siriano: nel gioco delle alleanze e delle contrapposizioni internazionali, si traduce concretamente in bombe morte distruzione tragedie umane flussi migratori sofferenza e morte anche di bambini.
L'arte che può fare?
Addita i problemi, disinteressatamente li pre-vede perché li teme e vorrebbe scongiurarli, sempre sperando che la bellezza viri in presa di coscienza e atti di buona volontà.
Ciascuno in questo mondo interpreta un ruolo più o meno attivo, volontariamente, involontariamente, quello dell'artista, nella sua apparente ininfluenza sui fatti del mondo e della storia, pur attinente alla stessa materia impalpabile dei sogni, si rivela a volte di una tragica, vera, innegabile necessità.
Una porta per aprire su mondi comunicanti non in conflitto
di Piero Carbone
La porta è l’antropizzazione di un varco.
Il processo dell’attraversamento in natura rappresenta la non interruzione di un continuum, di qua e di là sono biunivocamente intercambiabili rispetto al varco, il suo attraversamento rappresenta un’incognita, è vero, ma anche un arricchimento perché oltre il varco il territorio può offrire altre risorse.
Per l’uomo invece passa in secondo piano l’attraversamento, una porta lo interrompe, lo regola, lo carica di significati e simbolismi per cui non c’è più un continuum naturale ma una dualità e quindi una contrapposizione.
Non contento di questa dualità terrena, terrestre, la proietta nel mondo delle sue idee e dei suoi desideri resi ipostatici, così si ha la porta dell’inferno e del paradiso.
La porta di Grillo, coloratissima, ricchissima di forme e colori, assemblata in collage con immagini e scritture che sono indistamente echi di forme, culture, mondi, sembra voler azzerare la dualità dell’al di qua e dell’aldi là, riassumendo simbolicamente quella dualità in un punto d’incontro, nella porta stessa, non più, dice l’artista “il punto di passaggio tra Oriente e Occidente”.
La porta del resto come artificiale diaframma “è – sempre secondo l’artista - un punto astratto, è un luogo della mente, è un luogo ideale che sta nella ‘cultura’ degli uomini e non nella natura, ma gli uomini sulla terra lo hanno reso quasi fisico: è un punto dove i conflitti si manifestano ancora, nel terzo millennio, dopo lunghi e sanguinosi scontri dei secoli precedenti.
E' un punto dove le differenze sulla visione del mondo non vengono ancora interpretate come arricchimento ma come contrapposizione.”
Insomma, la coloratissima porta occupa con la sua arte il vuoto, cattura attenzione e incanta, impedisce strategicamente l’attraversamento ma per annullare ogni possibile al di qua e al di là poiché questo ha storicamente rappresentato dualità, conflitto, contrapposizione, con il concorso e la complicità delle politiche e delle ideologie.
E’ una porta “pensata”, quella dell’artista partinicense.
L’arte infatti addita un’altra via, altri percorsi, altri attraversamenti, con la speranza che la porta finalmente apra su mondi comunicanti e non in conflitto.
Il sinuoso portale a sesto acuto, con la sua festa di colori, con il suo ottimismo cromatico, li preannuncia.
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Sabato 14 aprile 2018, Vernissage
Palazzo Belmonte Riso ore 18,30
Concerto d’inaugurazione ore 21,00 nella Cattedrale di Palermo
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La notizia dell'attacco
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