UNA FEMMINISTA NELL'OTTOCENTESCA SICILIA MASCHILISTA
Louise Caico Hamilton: una storia proto-femminista
di
Marina Benedetto
Ề un biglietto per le stelle quello lì davanti a te, cambierai la pelle, ma resta speciale, non ti buttare via. In questo inferno di ombre piatte, in questo vecchio luna park, resta ribelle, non ti buttare via.
NEGRITA, La tua canzone, 2013 Gruppo musicale rock, italiano
Curioso effetto aggirarsi fra questa selezione di fotografie di Louise HAMILTON CAICO. Mi pervade un sentimento familiare, quello di sfogliare un vecchio album dimenticato in soffitta, le mie nonne che incollavano immagini in rigoroso bianco e nero su pagine grigie di album con la copertina in pelle decorata, eterogenea mescolanza di anniversari, panorami vacanzieri, cugini americani e antenati nel giorno delle nozze: momenti e ricordi preziosi solo per il valore della memoria ad esse legati.
E' solo l’apparente eterogeneità degli scatti di Louise HAMILTON proposti qui in Galleria Luigi GHIRRI evocativa di questa suggestione da vecchio album in soffitta: ad una analisi più attenta non sfugge il talento della fotografa nel tagliare le inquadrature, il suo occhio raffinato nell’individuare soggetti e panorami, in cui affiorano gli anni di formazione artistica e umanistica, di cui la giovane HAMILTON poté fruire nel suo apprendistato giovanile.
Da donna che “legge” le fotografie di un’altra donna, la tentazione è quella di indugiare sulla sua biografia il cui ricordo mi accompagna nel percorso ideale fra queste immagini: diverte e stupisce pensarla sul dorso di un quadrupede, scortata da un campiere, a zonzo per l’assolata campagna siciliana in caccia di emozioni visive.
Eppoi immaginarla alle prese con acidi e reagenti per sviluppare le sue immagini, indifferente allo stridente contrasto con l’ingessato mondo siciliano femminile che le stava attorno, amica di poeti e letterati, ribelle, indomita, contro-corrente sempre.
Eppoi immaginarla alle prese con acidi e reagenti per sviluppare le sue immagini, indifferente allo stridente contrasto con l’ingessato mondo siciliano femminile che le stava attorno, amica di poeti e letterati, ribelle, indomita, contro-corrente sempre.
La mina vagante se n'è andata. Così mi chiamavate, pensando che non vi sentissi.
Ma le mine vaganti servono a portare il disordine, a prendere le cose e a metterle in posti dove nessuno voleva farcele stare, a scombinare tutto, a cambiare piani.
Ma le mine vaganti servono a portare il disordine, a prendere le cose e a metterle in posti dove nessuno voleva farcele stare, a scombinare tutto, a cambiare piani.
Ferzan ÖZPETEK, Mine vaganti, 2010
Regista e sceneggiatore turco naturalizzato italiano (1959 – vivente)
Louise HAMILTON entra a pieno titolo nel novero delle molte che con coraggio elevarono la condizione femminile, combattendo in un mondo di esclusione: Virginia WOOLF, Simon de BEAUVOIR, Sibilla ALERAMO, Marina CVETAEVA, tanti nomi noti e meno che lottarono per sconfiggere pregiudizi e chiusure, costruendo una società meno oppressiva per le donne di oggi. Mi piace ricordare il passo che chiude il Discorso sulla felicità di Madame du CHÂTELET, epigrafe che dedico a Louise con la convinzione che lo avrebbe apprezzato.
Cerchiamo di star bene in salute, di non avere pregiudizi, di provare delle passioni e di ricavarne felicità, di sostituire le passioni con le inclinazioni.
Di conservare le nostre illusioni, di essere virtuosi, e di non pentirci mai, di allontanare le idee tristi e di non permettere mai al nostro cuore di conservare una sola scintilla di piacere per qualcuno il cui piacere diminuisce e che ha smesso di amarci.
Dovremo pur lasciarlo, un giorno, questo amore, anche se non saremo già vecchi, e questo giorno sia quello in cui esso cessa di renderci felici.
Coltiviamo seriamente l’amore per lo studio, amore dal quale traiamo per noi stessi la felicità. Non lasciamo che l’ambizione ci seduca, ma sforziamoci di saper bene quello che vogliamo essere: decidiamo la strada che vogliamo seguire per trascorrere la nostra vita, e cerchiamo di cospargerla di fiori.
Di conservare le nostre illusioni, di essere virtuosi, e di non pentirci mai, di allontanare le idee tristi e di non permettere mai al nostro cuore di conservare una sola scintilla di piacere per qualcuno il cui piacere diminuisce e che ha smesso di amarci.
Dovremo pur lasciarlo, un giorno, questo amore, anche se non saremo già vecchi, e questo giorno sia quello in cui esso cessa di renderci felici.
Coltiviamo seriamente l’amore per lo studio, amore dal quale traiamo per noi stessi la felicità. Non lasciamo che l’ambizione ci seduca, ma sforziamoci di saper bene quello che vogliamo essere: decidiamo la strada che vogliamo seguire per trascorrere la nostra vita, e cerchiamo di cospargerla di fiori.
Madame Émilie du CHÂTELET, Discorso sulla felicità, 1779.
Matematica, fisica e scrittrice francese (1706 – 1749)
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
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