venerdì 21 febbraio 2014

AL RAFFO CANTA L'OCCHIOCOTTO







di 
Giovanni Salvo

Oltre mille anni fa, quando giunsero nel territorio di Racalmuto, gli Arabi furono affascinati dalla generosa sorgente del Raffo, dalla lussureggiante vegetazione del suo corso e dalla fertilità dei campi che lo circondavano.
     Costruirono nei pressi del villaggio, chiamato successivamente “Saracinu”, e ci lasciarono in eredità l’ omonima artistica fontana.
     È molto probabile, però, che i primi insediamenti umani siano molto più remoti.




    Per tanti secoli le acque del Raffo hanno dissetato viandanti e conquistatori, gli abitanti di Racalmuto e dei paesi vicini hanno consentito di irrigare i campi circostanti e di far funzionare i numerosi mulini che sono stati costruiti lungo il suo corso; i cui ruderi, importantissima testimonianza della civiltà contadina, attendono ancora un’adeguata tutela. La sorgente sgorga da una fessura di roccia all’ombra di un vecchi Olmo, alla base di una rupe circondata da una fitta vegetazione di Ailanto, Sommacco e rovi.




            Nell’alto corso è ricoperto da alti Noci, Pioppi, Salici e da una macchia uniforme di Canna palustre, Coda di cavallo, Plantago e Capelvenere. Tra gli alberi costruiscono il nido Tortore, Gazze e Ghiandaie; nella cavità di vecchi tronchi il Rampichino, la Cinciallegra e la Cinciarella; nella macchia più folta l’Usignolo, l’Usignolo di fiume, l’Occhiocotto e il Merlo; nei rami penduli dei Salici il Pendolino e nella macchia palustre la Gallinella d’acqua.






            In inverno vi sostano il Pettirosso, i Tordi e il Luì piccolo. E non si può non menzionare l’armoniosa bellezza del luogo, il rumore tempestoso delle acque generose, il canto dell’Usignolo nelle notti di primavera, i riflessi della luna tra i rami degli alberi, la serenità che colpisce coloro che lo scoprono per la prima volta.







in A lu Raffu e Saracinu, La Bottega di Hefesto, Palermo 1988




3 commenti:

  1. Avendo vissuto nel quartiere di S. Giuliano ho avuto il privilegio di conoscere molto bene " lu raffu " e tutta la zona circostante . Da bambino insieme ad altri improvvisati esploratori , invano abbiamo cercato , la roccia da dove sgorga la sorgente , di cui Piero parla , ma addentrandoci per quelle gole , tagliate nella roccia , dove la vegetazione regna sovrana , arrivati alla solita insormontabile barriera di rovi ....desistevamo . Ma tal fiasco contribuiva ad aumentare il mistero , fatto di leggende e superstizioni che aleggiavano intorno a " lu saracinu " che promettevano grandi ricchezze o terribili maledizioni , e per un bambino era facile ambientarvi tutti i racconti delle mille e una notte .

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  2. Molto interessante, molto istruttivo, molto colto. Spiega i diversi misteri che ognuno di noi che ha visto tante e tante volte il Raffo e il Saracino, che tante volte ha attinto fresca acqua e di quell'acqua si è dissetato, si portava e si porta dietro. Svelato il mistero ci accorgiamo che tanti uccelli, che lì nidificano e vivono e si dissetano, come noi e prima di noi arabi (e saraceni) innamorati di quei luoghi, di quelle ombre e di quell'aura di mistero che aleggia in quei luoghi.

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