Una semplice precisazione. La rasòla è un attrezzo agricolo, una sorta di palettina in ferro che i contadini tenevano appesa alla cintura e serviva per scrollare la zappa ma soprattutto gli scarponi dalla terra fangosa, argillosa, che specialmente dopo le piogge si attaccava come una sorta di grande pattino, rendendo difficoltoso ogni movimento e quindi il lavoro stesso. P.C.
EDUARDO INTRODUCE SE STESSO
Setubal, 23 gennaio 2014
Caro Piero, parlando l´altra sera con un amico, con cui normalmente commento i post del tuo blog, intuendo l´inquietudine che la distanza mi provoca (come avrà fatto a capirlo?), mi ha urlato:
Eduá, ma stattene sereno sereno lá dove ti trovi e schifìalu, lu paisi!
E mi ha anche consigliato di scrollarmi di dosso quei ricordi.
Cominciai a pensare ad una risposta, la meno ipocrita possibile, ma cosa potevo dirgli io che venticinque anni fa me ne ero andato da quel paese sbattendo la porta, e giurando che non ci sarei più ritornato (giuramento che ho mantenuto, con mia vergogna, per dodici anni) e che ha finito per avere su di me l´effetto opposto.
Infatti, mi sono ammalato di Paesite.
Alla fine, avvalendomi della legge della relatività, gli ho detto che le nostre opinioni molto probabilmente sarebbero state convergenti se ci fossimo trovati nella stessa situazione...
Ma quello scrollarmi di dosso i ricordi, di grattarli via, di raschiarli come fango, come se fosse possibile farlo con una paletta, con una "rasola" insomma, no.
Il subconscio ha fatto il resto, spero con nessi logici.
Insomma, mi è scaturito un altro ricordo, spero ti piaccia. Come abbiamo visto, e con le prove, l´unica cosa capace di fare d´aggregante, per la nostra gente, sono i ricordi, non fini a sé stessi, come qualcuno ci accusa, ma con il compito di fare da cemento, cosa che, sono sicuro, riuscirà anche con l´archivio fotografico. Ciao. Un abbraccio. Eduardo.
Eduá, ma stattene sereno sereno lá dove ti trovi e schifìalu, lu paisi!
E mi ha anche consigliato di scrollarmi di dosso quei ricordi.
Cominciai a pensare ad una risposta, la meno ipocrita possibile, ma cosa potevo dirgli io che venticinque anni fa me ne ero andato da quel paese sbattendo la porta, e giurando che non ci sarei più ritornato (giuramento che ho mantenuto, con mia vergogna, per dodici anni) e che ha finito per avere su di me l´effetto opposto.
Infatti, mi sono ammalato di Paesite.
Alla fine, avvalendomi della legge della relatività, gli ho detto che le nostre opinioni molto probabilmente sarebbero state convergenti se ci fossimo trovati nella stessa situazione...
Ma quello scrollarmi di dosso i ricordi, di grattarli via, di raschiarli come fango, come se fosse possibile farlo con una paletta, con una "rasola" insomma, no.
Il subconscio ha fatto il resto, spero con nessi logici.
Insomma, mi è scaturito un altro ricordo, spero ti piaccia. Come abbiamo visto, e con le prove, l´unica cosa capace di fare d´aggregante, per la nostra gente, sono i ricordi, non fini a sé stessi, come qualcuno ci accusa, ma con il compito di fare da cemento, cosa che, sono sicuro, riuscirà anche con l´archivio fotografico. Ciao. Un abbraccio. Eduardo.
LA RASÒLA
di
Eduardo Chiarelli
Così come le trombe
nelle caserme militari annunciano l´ora della sveglia, del rancio e del silenzio, e, in battaglia, la carica o la ritirata, la rasòla battuta sull'acciaio
della zappa serviva per mandare messaggi a tutti quelli che lavoravano nello
stesso campo.
La nota che quel ticchettio emetteva era sempre la stessa, ma così come le mamme intuiscono se i
loro bambini piangono perché hanno fame, sonno, o male al pancino, anche noi, nel sentirei il suono di quella strana campana, capivamo, quando eravamo l'acquaiolo di turno, che dovevamo andare a prendere la lanciddùzza di crita (il recipiente di terracotta) e con essa fare
il giro per dar da bere ai nostri compagni.
Capivamo anche se
era giunta l'ora di pranzo o di andare a casa, per cui dovevamo affrettarci
se mancava molto per completare il filaro,
o rallentare se mancava poco,
per non cominciarne un altro.
Era molto importante arrivare alla meta tutti allo stesso tempo, infatti questo strumento serviva anche per richiamare coloro che per farsi apprezzare dal padrone si trovavano troppo avanti nel lavoro distaccandosi così dal gruppo.
Era molto importante arrivare alla meta tutti allo stesso tempo, infatti questo strumento serviva anche per richiamare coloro che per farsi apprezzare dal padrone si trovavano troppo avanti nel lavoro distaccandosi così dal gruppo.
Per cui si puo dire
che la rasòla non era esclusivamente un utensile che serviva per raschiare il fango
dalla zappa o dagli scarponi, ma un vero strumento di comunicazione, una
sorta di telegrafo senza fili.
Purtroppo a saper
decifrare il suono di quello strumento
monotono non eravamo soltanto noi braccianti, ma anche i padroni.
Ricordo uno di questi dire com voce irritata al piú anziano che normalmente aveva il compito di dirigere “l'orchestra":
Giuvá, e unni sú ssi criti ca pulizìi e pulizìi?!
(Giovà, dov'è tutto quel fango che raschi e raschi con la rasòla?!)
E lo zì Giuvanni, abbassando lo sguardo, con finto servilismo, abbozzava un impercettibile sorriso di soddisfazione, perché il segnale ormai l'aveva mandato ed echeggiava ancora per le valli.
Ricordo uno di questi dire com voce irritata al piú anziano che normalmente aveva il compito di dirigere “l'orchestra":
Giuvá, e unni sú ssi criti ca pulizìi e pulizìi?!
(Giovà, dov'è tutto quel fango che raschi e raschi con la rasòla?!)
E lo zì Giuvanni, abbassando lo sguardo, con finto servilismo, abbozzava un impercettibile sorriso di soddisfazione, perché il segnale ormai l'aveva mandato ed echeggiava ancora per le valli.
i ricordi non sono di creta,si cementano..
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