lunedì 19 gennaio 2015

LA METAFORA NON E' UN INDIRIZZO DI POSTA ELETTRONICA






Io fantastico, gioco con sfuggenti pensieri e taluni mi accusano di parlare (soprattutto scrivere) in metafora perché, come i "bravi" al rintocco della campana nei Promessi Sposi, si sentono chiamati per nome, cognome, soprannome e titolo di studio; se la sentono, reagiscono, sibilano offensivi e triviali contrattacchi; credendo che gli altri siano ottusi, portano tutto in chiaro, sbagliando, e con poco senso dell'umorismo.

Ma metafora e umorismo sono una specialità comunicativa, che pur ha esempi illustri, accede talvolta all'espressione artistica, ognuno li intende come vuole e li applica a suo piacimento e a occasionale intendimento a chi vuole.

Sono come gli anelli di ferro (aniddrièttu al singolare), ma ve n'erano anche in pietra, attaccati sulla parete esterna delle case di una volta, chi voleva poteva annodarvi provvisoriamente le redini (li riètini o cuddràna) del proprio asino o del proprio mulo. Giusto il tempo di sbrigare qualche faccenda che si aveva tra le mani.

Terminata l'incombenza, il proprietario slegava le redini, si riprendeva la propria bestia e lasciava libero l'anello di ferro, pronto e disponibile per altre cavezze.






Sono tecniche retoriche, insomma, pepe e sale per condire i fantasticamenti, e non certo casellari anagrafici.

Le metafore volano, le offese restano. Le prime sono generiche, generali e generalizzanti; le seconde, ad personam.



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