Mario Gallo
u principinu
Edition Tintenfass 2010
di Marco Scalabrino
L’immagine
scelta per la copertina è quella del principinu
sull’asteroide B 612, il pianeta d’origine del principinu che è stato visto al telescopio, una sola volta, all’incirca
nell’anno 1920 da un astronomo turco. Altrove abbiamo rintracciato quella del principinu che “approfittò, per
venirsene via, di una migrazione di uccelli selvatici” o quell’altra del principinu nel “miglior ritratto che
riuscii a fare di lui più tardi”. Quale comunque che essa sia, sono tutte immagini
assai belle, le quali, è risaputo, sono creazioni dell’autore stesso di le petit prince, ovvero dell’aviatore-scrittore
francese Antoine De Saint-Exupéry.
Per
questa illustrazione e per le successive, la più parte a colori, assodata la felice
collocazione rispetto al progredire della narrazione, un primo aspetto che ci
colpisce (che c’entri la globalizzazione?!) è che questo volume, pubblicato in
settecento copie col patrocinio della Regione Siciliana, dell’Assemblea
Regionale Siciliana e della Fondazione Ignazio Buttitta di Palermo, risulta
essere stato stampato in … Germania, dalle Edition Tintenfass.
Non
i contenuti e le forme de le petit prince,
né i contenuti e le forme della versione in lingua italiana a noi più vicina
saranno all’attenzione di questa breve testimonianza, quanto piuttosto i temi e
soprattutto gli esiti di questa ennesima versione.
Come non mai possiamo affermare ennesima versione, giacché le petit prince, che ci risulti, è stato tradotto ad oggi in oltre 220 idiomi, dall’afrikaans allo zulu, dal bengalese allo yiddish, passando per l’armeno, il bielorusso, il croato, il coreano, il lituano, lo swahili, il tahitiano, il tamil, e perfino l’esperanto, il gaelico, il latino, il provenzale, e ciò fa di le petit prince un’opera universale, una tra le più diffuse, conosciute e lette al mondo.
Tant’è che, soltanto in Italia, essa è stata adattata, oltre che nella lingua nazionale, altresì nei dialetti bergamasco, bolognese, friulano, milanese, napoletano, piemontese, sardo, veneziano e, ora, anche siciliano. Alla edizione in italiano curata da Nini Bompiani Bregoli ci rifaremo, comunque, per quegli accostamenti fra gli esiti in lingua e quelli in siciliano realizzati da Mario Gallo dei quali ci occuperemo.
Come non mai possiamo affermare ennesima versione, giacché le petit prince, che ci risulti, è stato tradotto ad oggi in oltre 220 idiomi, dall’afrikaans allo zulu, dal bengalese allo yiddish, passando per l’armeno, il bielorusso, il croato, il coreano, il lituano, lo swahili, il tahitiano, il tamil, e perfino l’esperanto, il gaelico, il latino, il provenzale, e ciò fa di le petit prince un’opera universale, una tra le più diffuse, conosciute e lette al mondo.
Tant’è che, soltanto in Italia, essa è stata adattata, oltre che nella lingua nazionale, altresì nei dialetti bergamasco, bolognese, friulano, milanese, napoletano, piemontese, sardo, veneziano e, ora, anche siciliano. Alla edizione in italiano curata da Nini Bompiani Bregoli ci rifaremo, comunque, per quegli accostamenti fra gli esiti in lingua e quelli in siciliano realizzati da Mario Gallo dei quali ci occuperemo.
Conosciamo
da parecchi anni Mario Gallo, quale Siciliano autentico (benché abbia trascorso
grande fetta della sua esistenza fuori dai confini del Triangolo), quale appassionato
direttore del periodico fiorentino lumie
di sicilia, quale autore di alcune pubblicazioni tra cui i vespi siciliani, pungente satira di
costume; ma in verità egli ci ha sorpreso allorquando, qualche tempo fa, ci
partecipò di avere concepito e intrapreso questo progetto e non meno adesso che
il progetto vediamo compiuto.
Ci viene da supporre che, oltre alla predisposizione dell’animo, oltre all’interesse per la Cultura, il frangente di avere dei nipoti in età adolescenziale possa avere favorito questa impresa.
Ci viene da supporre che, oltre alla predisposizione dell’animo, oltre all’interesse per la Cultura, il frangente di avere dei nipoti in età adolescenziale possa avere favorito questa impresa.
La
lettura della traduzione eseguita da Mario Gallo, che per quanto di nostra
conoscenza è la prima in siciliano e quindi essa pure da considerarsi un
originale, mentre il testo le petit
prince di Antoine De Saint-Exupéry è da intendersi quale l’opera prima
alla quale la traduzione fa riferimento, ci fornisce il destro per numerose notazioni
sul dialetto siciliano, talune delle quali di seguito riporteremo.
Ad
iniziare dalla didascalia relativa alla illustrazione che per prima incontriamo
all’interno, la quale, a ben leggerla, si mostra come una sorta di identikit del
traduttore e ne “tradisce” nettamente la provenienza. La frase in argomento è:
“Jò criu chi iddu, pi jirisinni, apprufittau di na migrazioni d’aceddi
sarvaggi.”
[...]
[...]
Quella posta in essere da
Mario Gallo, apprendiamo, è “traduzioni dû francisi ‘nsicilianu”.
Ecco, notiamo, Mario Gallo
utilizza le preposizioni articolate contratte, che egli caratterizza con l’accento
circonflesso, per cui troveremo: dû francisi, ê picciriddi, ntô munnu, dâ
natura, â storia, pâ virità, nnâ me vita, ô stessu liveddu, pî ranni, nô
misteru, cû tiliscopiu, dî cosi, câ so pecura, chî matiti, pû culuri, dî
baobab, ntê visciri, eccetera.
Forme che sono in buona sostanza quelle proprie della parlata e di questa trasmettono l’immediatezza; mentre, per contro, il siciliano letterario lascia separate le due parti morfologiche e preferisce la soluzione preposizione più articolo.
Forme che sono in buona sostanza quelle proprie della parlata e di questa trasmettono l’immediatezza; mentre, per contro, il siciliano letterario lascia separate le due parti morfologiche e preferisce la soluzione preposizione più articolo.
Il dialetto siciliano: i
suoi lemmi che tuttora noi adoperiamo con naturalezza, con proprietà di
significato, con i quali assolviamo egregiamente l’esigenza sociale della
comunicazione, che fanno parte a pieno titolo dell’odierno, nostro, quotidiano conversare.
Orbene, quantunque pregni di vitalità, di attualità, essi sono antichi di
secoli, quando non addirittura di millenni; ma di ciò non abbiamo consapevolezza,
perché, invero, forse mai ci siamo interrogati in tal senso.
[...]
[...]
Tra
le notazioni doverose su questo lavoro di Mario Gallo è da rilevare, pertanto, quella
afferente alla scelta lessicale; scelta che, estraendo appunto dall’incommensurabile
patrimonio del nostro dialetto voci, espressioni, soluzioni assai felici, impreziosisce
alquanto la traduzione.
Ne proponiamo solo pochi eloquenti esempi, con a fianco in parentesi il corrispettivo in lingua italiana: passatera (incidente), ‘nfastiriatu (di malumore), crastu (ariete), prescia (fretta), ‘nfrinzai (tirai fuori), m’abbaggianava (ero molto fiero), tistiannu (scrollò il capo), ntracchiatu (elegante), arrunchianu i spaddi (suggestivo ed efficace persino nella postura che ci sembra proprio di vedere, alzeranno le spalle), na larma chiù ranni (letteralmente una lacrima, poco più grande), pirciannu i cascittini cu l’occhi (per vedere attraverso le casse), scantu (paura), cuddata dû suli (letteralmente tracollo del sole, tramonto), alluccutu (stupefatto), zicchiava (sceglieva), munciuniatu (sgualcito), tampasiari (indugiare), fa attaccari i nervi (è irritante), siddiarsi (letteralmente scocciarsi, annoiarsi), pinnuliannusi (sporgendosi), vavusu (vanitoso), quannu ammicciau (appena scorse), arrusciu (innaffio), astuta (spegne), vecchiu bonentu (vecchio signore), mazzacani (grosse pietre), abbanidduzza (semiaperte), sdirrupatu (in rovina), additta (in piedi). [...]
Ne proponiamo solo pochi eloquenti esempi, con a fianco in parentesi il corrispettivo in lingua italiana: passatera (incidente), ‘nfastiriatu (di malumore), crastu (ariete), prescia (fretta), ‘nfrinzai (tirai fuori), m’abbaggianava (ero molto fiero), tistiannu (scrollò il capo), ntracchiatu (elegante), arrunchianu i spaddi (suggestivo ed efficace persino nella postura che ci sembra proprio di vedere, alzeranno le spalle), na larma chiù ranni (letteralmente una lacrima, poco più grande), pirciannu i cascittini cu l’occhi (per vedere attraverso le casse), scantu (paura), cuddata dû suli (letteralmente tracollo del sole, tramonto), alluccutu (stupefatto), zicchiava (sceglieva), munciuniatu (sgualcito), tampasiari (indugiare), fa attaccari i nervi (è irritante), siddiarsi (letteralmente scocciarsi, annoiarsi), pinnuliannusi (sporgendosi), vavusu (vanitoso), quannu ammicciau (appena scorse), arrusciu (innaffio), astuta (spegne), vecchiu bonentu (vecchio signore), mazzacani (grosse pietre), abbanidduzza (semiaperte), sdirrupatu (in rovina), additta (in piedi). [...]
Sin
dalle battute d’esordio, queste pagine di Mario Gallo sono una vera e propria
miniera di suggerimenti, che ci consentono di argomentare su parecchie delle peculiarità
del dialetto siciliano.
Una tra esse, saldamente legata al latino, è costituita dalla perifrastica (da perifrasi: giro di parole, circonlocuzione), che in siciliano non è passiva come nel latino e viene resa mutando il verbo Essiri in Aviri. Il latino mihi faciendum est, difatti, in italiano si volge con la perifrasi io debbo fare, o consimili, mentre il siciliano lo rende con aju a fari. E, nel principinu: aviti a pinzari, dovete pensare, si ci avâ diri, bisogna dire, m’appâ fari vecchiu, devo essere invecchiato, tu m’â discriviri, tu mi devi descrivere …
Una tra esse, saldamente legata al latino, è costituita dalla perifrastica (da perifrasi: giro di parole, circonlocuzione), che in siciliano non è passiva come nel latino e viene resa mutando il verbo Essiri in Aviri. Il latino mihi faciendum est, difatti, in italiano si volge con la perifrasi io debbo fare, o consimili, mentre il siciliano lo rende con aju a fari. E, nel principinu: aviti a pinzari, dovete pensare, si ci avâ diri, bisogna dire, m’appâ fari vecchiu, devo essere invecchiato, tu m’â discriviri, tu mi devi descrivere …
Come del resto è già avvenuto in altre lingue, nel siciliano il verbo Essiri ha perduto, in favore del verbo Aviri, le funzioni di verbo ausiliare: m’avissi piaciutu, mi sarebbe piaciuto,
avissi statu, sarebbe stato. Si è
verificato inoltre l’evidente ripiegamento del modo Condizionale a vantaggio
del Congiuntivo: truvassiru,
troverebbero, fussi, sarebbe, facissi, farebbe, lassassi, lascerebbe, l’avissivu
vui, l’avreste voi, e del tempo Passato Prossimo a beneficio del Passato
Remoto: ‘ncuntrai, ho incontrato, campai, ho vissuto, caristi, sei caduto, vi
cuntai, vi ho raccontato, vitti,
ho visto, accattai, ho comperato
…
Nel
dialetto siciliano manca il tempo futuro dei verbi. “Come interpretare (quasi
filosoficamente) questa anomalia? Ecco lo spunto – asserisce Paolo Messina – per
un nesso fra lingua e cultura, modi di essere e di pensare.
[...]
Quello che conta è il presente. Essere e divenire, insomma, nell’ansia metafisica si fondono o si confondono.” Manca il tempo futuro e ogni proposizione riguardante un’azione futura viene costruita al presente e al verbo si associa un avverbio di tempo. Il principinu non deroga a tale precetto: ti pozzu aiutari ‘n jornu, potrò aiutarti un giorno, tu rumani sî luntanu, tu sarai lontano, capisci allura, capirai, ci sugnu stanotti, ci sarò questa notte, aiu chiù scantu stasira, avrò più paura questa sera …
[...]
Quello che conta è il presente. Essere e divenire, insomma, nell’ansia metafisica si fondono o si confondono.” Manca il tempo futuro e ogni proposizione riguardante un’azione futura viene costruita al presente e al verbo si associa un avverbio di tempo. Il principinu non deroga a tale precetto: ti pozzu aiutari ‘n jornu, potrò aiutarti un giorno, tu rumani sî luntanu, tu sarai lontano, capisci allura, capirai, ci sugnu stanotti, ci sarò questa notte, aiu chiù scantu stasira, avrò più paura questa sera …
Largo
è, in Mario Gallo, l’uso della desinenza in “a” per il plurale dei sostantivi: jocura, maruna, miliuna, culura, munna,
putruna, fuculara, jorna, libra, cunta, spuntuna, diserta, ‘mmriacuna, viaggiatura,
lampiuna, liama, cacciatura, labbra, puzza, vrazza, disigna, prugetta, migghia,
munzedda.
Beninteso, anche il numero dei nomi è soggetto alle norme; e allora vediamole: “Il plurale dei nomi, sia maschili che femminili – scrive Salvatore Camilleri sulla sua ortografia siciliana del 1976 e riprende nella sua grammatica siciliana del 2002 – termina in “i”; ad esempio: quaderni, casi, pueti, ciuri.
Un certo numero di nomi maschili terminanti al singolare in “u” fanno il plurale in “a” alla latina; sono nomi che di solito si presentano in coppia o al plurale: jita, vrazza, labbra, corna, ossa, vudedda, coccia, gigghia, mura, linzola, dinocchia, cucchiara.
Molto più numerosi sono i plurali in “a” dei nomi maschili terminanti al singolare in “aru” (latino arius) significanti, in gran parte, mestieri e professioni.” Tra i più comuni se ne elencano: aciddara, birrittara, carvunara, ciurara, dammusara, furnara, ghirlannara, jardinara, jurnatara, libbrara, marinara, massara, nutara, picurara, pisciara, quadarara, ricuttara, ruluggiara, scarpara, tabbaccara, uvara, vaccara, vitrara, zammatara.
[...]
Beninteso, anche il numero dei nomi è soggetto alle norme; e allora vediamole: “Il plurale dei nomi, sia maschili che femminili – scrive Salvatore Camilleri sulla sua ortografia siciliana del 1976 e riprende nella sua grammatica siciliana del 2002 – termina in “i”; ad esempio: quaderni, casi, pueti, ciuri.
Un certo numero di nomi maschili terminanti al singolare in “u” fanno il plurale in “a” alla latina; sono nomi che di solito si presentano in coppia o al plurale: jita, vrazza, labbra, corna, ossa, vudedda, coccia, gigghia, mura, linzola, dinocchia, cucchiara.
Molto più numerosi sono i plurali in “a” dei nomi maschili terminanti al singolare in “aru” (latino arius) significanti, in gran parte, mestieri e professioni.” Tra i più comuni se ne elencano: aciddara, birrittara, carvunara, ciurara, dammusara, furnara, ghirlannara, jardinara, jurnatara, libbrara, marinara, massara, nutara, picurara, pisciara, quadarara, ricuttara, ruluggiara, scarpara, tabbaccara, uvara, vaccara, vitrara, zammatara.
[...]
E
caliamo il sipario su queste succinte esplorazioni richiamandoci alle due
lettere che caratterizzano l’alfabeto siciliano: la DD, da non confondere con la
doppia “d” che è un segno diverso, e la J, una consonante, da non confondere
con la “i” che è una vocale.
La DD, citiamo ancora Salvatore Camilleri, derivante dal tardo-latino (capillus, caballus, nullus, etc.) è talmente fuso nella pronuncia da essere considerato un segno a sé stante e non il raddoppiamento di due “d”; infatti, la suddivisione sillabica di addivintari, ad esempio, è ad-di-vin-ta-ri, mentre quella di cavaddu è ca-va-ddu. Da rimarcare in aggiunta che il suono di “d” è dentale, mentre quello di DD è cacuminale e gli infruttuosi tentativi di sostituire nel tempo il segno DD con DDH o DDR e con i puntini in cima o alla base di DD.
[...]
Mario Gallo, nel principinu, sfodera fra gli altri: chiddu, capiddi, nuddu, idda, stiddi, beddi, picciriddi, liveddu, coddu … jorna e ghiorna, ‘n ghiornu.
La DD, citiamo ancora Salvatore Camilleri, derivante dal tardo-latino (capillus, caballus, nullus, etc.) è talmente fuso nella pronuncia da essere considerato un segno a sé stante e non il raddoppiamento di due “d”; infatti, la suddivisione sillabica di addivintari, ad esempio, è ad-di-vin-ta-ri, mentre quella di cavaddu è ca-va-ddu. Da rimarcare in aggiunta che il suono di “d” è dentale, mentre quello di DD è cacuminale e gli infruttuosi tentativi di sostituire nel tempo il segno DD con DDH o DDR e con i puntini in cima o alla base di DD.
[...]
Mario Gallo, nel principinu, sfodera fra gli altri: chiddu, capiddi, nuddu, idda, stiddi, beddi, picciriddi, liveddu, coddu … jorna e ghiorna, ‘n ghiornu.
Dulcis in fundo, un plauso a Mario Gallo e buon Principinu a tutti.
Complimenti bellissimo post davvero!!!
RispondiEliminaHo una domanda da porti....dove hai trovato "u principinu"? Io lo cerco da un pò come una disperata ma non riesco a trovarlo da nessuna parte!
Grazie per l'apprezzamento.
EliminaIl libro l'ho avuto a suo tempo direttamente da Mario Gallo che me l'aveva fatto leggere anche in bozze nelle fasi preparatorie.
Per poterlo trovare, ho chiesto direttamente a Mario Gallo e mi ha riferito che si informerà con l'editore (tedesco) che l'ha pubblicato e ne darà notizia sul blog.
gentile Amica, la sua...disperazione mi muove a pietà.
EliminaNon siamo riusciti ad avere dall'editore (tedesco)notizie sulla distribuzione della seconda edizione del principini.
Io ne pochissime (preziose...!) copie: se mi dà il suo indirizzo gliene spedisco una. Cordialmente, Mario Gallo
mario.gallo.firenze@gmail.com
Siete stati di una gentilezza veramente squisita, cosa rara da trovare ultimamente :)
EliminaSignor Gallo le ho mandato l'email, non vedo l'ora di leggerlo!
Spero comunque che decidano di mandarlo di nuovo in stampa, è un peccato che questa traduzione sia conosciuta da cosi poche persone.
Cordialmente, una siciliana contenta :D