In certe ricorrenze, Sciascia ci ha insegnato ad omaggiare gli scrittori con la scrittura.
Anche nel proprio piccolo, ovviamente, e con umiltà. Vale l'intenzione.
Il resto son tutte chiacchiere.
Da un romanzo ancora inedito
[...] Il cirneco Paneperso, fulvo e infallibile, andava fiutando il terreno erboso sotto lo sguardo in agguato del suo padrone; con i guaiti insistenti voleva comunicare qualcosa: doveva esserci di sicuro un coniglio nei paraggi. Era piovuto nella notte e gli afrori della terra erano sospesi nell’odore pungente da decifrare.
Quella mattina Paneperso, più cinetico del solito, mugolava in un modo strano, gironzolava intorno al padrone e andava e veniva da una macchia di roveto.
– Che c’è, Paneperso, che c’è? Cerca, cerca.
E Paneperso partiva come un proiettile.
Biagio non sapeva come interpretare quel mugolio lamentoso; andò cauto verso il muro di spini: le lepri sapevano fare inaspettate sorprese con un balzo, e svignarsela. Si avvicinò. Non si sentiva alcun fruscìo. Paneperso tacque, non smetteva però di naschiàre con quel muso umido e nero anche se lo faceva come se fosse distratto, senza convinzione, senza aggressività: il suo fiuto solitamente non scantonava.
– Che c’è, Paneperso, non abbai più? Cerca, cerca. [...]
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