Erano i primi di luglio. Mi ha colpito la riservatezza, o meglio, il fare misterioso, quasi a nascondersi, delle due ragazze che a terra accosciate armeggiavano con colori e rulli: la cosa mi avrebbe lasciato indifferente o rispettosamente lontano se non fosse stato che erano davanti ad un muro pubblico.
E quando c'è aria di "lavori in corso" nelle strutture pubbliche e spazi di pertinenza non si può stare tranquilli perché alla curiosità subentra l'apprensione: sono sempre in agguato interventi della cui inadeguatezza o inopportunità o semplicemente modalità (lo dico col condizionale) ci si potrebbe rendere conto a lavori ultimati quando spesso nulla si può fare per ritornare indietro.
I recenti lavori alla Rupe del Bastione non insegnano nulla?
E andando indietro nel tempo, se ci fosse stata una scaltrita sensibilità civica e più interessamento, disinteressato, forse avremmo ancora in piazza i basoli in pietra lavica al posto dell'asfalto, e l'acciottolato al Piano della Badia invece del catrame, e le facciate di talune chiese meno "ducotonate", e la Pescheria ripristinata, e la Fontana di San Pasquale nella solenne semplicità originaria...
Ma qui si trattava di un semplice e recente muro in cemento, almeno apparentemente.
Tuttavia, essendo di pertinenza pubblica, l'interessamento non era curiosità da perdigiorno ma quasi un dovere civico, anche se è scomodo e contro ogni tornaconto esercitare una coscienza critica, attiva e partecipativa. E' molto più comodo far finta di non vedere, coscientemente tacere.
Sennonché, in questi casi non si può dire "mi faccio i fatti miei", "che me ne importa". Importa, importa. Eccome! Sarà il cittadino alla fine a fruirne. E ognuno di noi lo è.
Dunque, mi avvicinai. Chiesi delicatamente che lavori stessero facendo; a primo impatto, invece di una risposta ci fu quasi uno schermirsi. E perché mai? Cosa c'era da nascondere? Subito però compresi che non c'era da nascondere nulla perché le due ragazze non parlavano l'italiano e avevano difficoltà a farsi capire.
C'era anzi una tale voglia di comunicare che alla fine compresi perfettamente: sul muro in cemento dovevano realizzare un murales; la difficoltà di farsi capire era dovuta al fatto che io non sapevo il polacco.
La voglia di comunicare, miracolosamente, fece dissolvere il muro linguistico che prima era un impedimento: le simpaticissime Agnieszka Śmiech e Beata Kukawska, questo il loro nome dalla pronuncia non facile, erano polacche e frequentavano Università di Maria Curie-Sklodowska University di Lublino, erano ospiti del comune di Racalmuto all'interno di un progetto che prevedeva scambi culturali con alcune cittadine della Polonia. Ne fui contento.
Andai via, ma con una grande curiosità. In realtà hanno fatto qualche riferimento riguardante il soggetto del murales e i possibili riferimenti pittorici, ma più che rivelarlo in anticipo mi piace vederne gli sviluppi, come giusto che sia.
Dopo una decina di giorni la parete, appositamente preparata, incominciava ad "animarsi".
Oggi ho visto che sulla bianca parete da affrescare è comparso RA-CALM-UTO.
Rimane ancora tanta superficie da affrescare: buon lavoro, ragazze.
Fateci sognare!
Al prossimo appuntamento.
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ph ©piero carbone
Un bel lavoro, un bel racconto pieno di suspance ed infine la considerazione che anche a Racalmuto può capitare qualche cosa di buono
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