Inno a Maria
Santissima del Monte
Per aver liberato il Popolo
di Racalmuto dal Flagello del Cholera
Produzione di
Giuseppe Messana (1816-1843)
Anima nostra sicut passer erepta est
de laqueo nenantium
Laquius contritus est, et nos liberati sumus. Psal, 123. V.6.
Piombò dall’alto, gravido,
Il
più crudel de’ mali,
E
ripiegando l’ali
Sovra
la terra;
Di Racalmuto il popolo
Assal
tormendo; e forte
Apportator
di morte
Più,
che la guerra.
Chi mai ridir le querule
Voci
di pianto, e lutto?
Ove
tu guardi, tutto,
Tutto
è dolore.
Ovunque senti i gemiti
Delle
famiglie offese
E
ingombrano il paese
Tema,
ed orrore.
Già del fratel la perdita
Quegli
piangeva, e questi
In
modi crudi, e mesti
Il
padre estinto.
Ah! di pupilli, ed orfani
Di
dolorose madri
D’inconfortati
padri
Il
suolo è cinto.
Le tombe, che dormivano
Mute,
serrate, e chiuse
Ad
ingojar dischiuse,
Aperte
stanno.
Tombe!... oh di quanti gemiti
Sarete
causa e siete!
Quanti
tornar vedrete
Pieni
d’affanno!
Qui la sorella misera,
In
questo crudo avello
A
piangere il fratello
Verrà
pietosa.
Qui verserà sue lagrime
Il
padre intenerito,
Il
tenero marito
L’onesta
Sposa.
Tutto era pianto! L’aere
Parea
mostrarsi oscura
Sembrava
la natura
Su
nero velo.
Lo stesso sol, cui destansi
Anche
le selve, e i boschi
A
passi lenti, e foschi
Solcava
il cielo.
Sacra del Monte Imagine
Unica
nostra speme
a
che su queste arene
Restar
volesti?
Non fosti tu, che i rigidi
Tori
rendendo inerti
Questa,
con modi aperti
Terra
scegliesti?
Se ci abbandoni... oh miseri!
Che
mai sarà di noi?
Se
tu ajutar non vuoi
Chi
darci ajuto?
Chi raffrena l’orribile
Morbo,
che tutto inchina?
Senza
di te, Regina
Tutto
è perduto.
Così l’oppresso popolo
Mesto
dicea pregando,
Quando
Maria chiamando
Il
morbo rio;
Co’ sacri piè premendolo
In
lui le luci affisse,
E
disprezzandol disse
<
Fuggi, e fuggio.
Come sovente all’Africo
La
procella che mugge
In
un momento fugge
Ad
altro Polo;
In cotal modo, rapida
Con
ali ratte e preste
Se
ne fuggio la peste
Da
questo suolo.
De! come darti laudi
Alma
Maria del Monte
Viva
di grazie Fonte
Nostra
Regina?
Deh! come grazie rendere
Or
data c’hai la calma
Al
Trono tuo quell’Alma
Che
a te s’inchina?
L’umana lingua è debole
Ad
esaltarti, o bella
Del
Monte Madre, o Stella
Di
grazie piena!
Delle tue grazie il numero
Degli
astri è assai maggiore,
Vince
del Mar l’umore,
La
stessa arena.
Qual mente audace esprimere
Stolta!
verrà non vinta
Di
quante grazie cinta
Vivi
nel Cielo?
Chi gli occhi puote immergere
Negli
alti raggi tuoi
Senza
offuscarlo poi
Arcano
velo?
Tu sei la Stella fulgida,
Che
squarcia il nembo oscuro
Il
farmaco sicuro
Delle
ferite.
Tu il porto sei de’ Naufraghi,
Il
fine de’ lamenti,
Scorta
delle gementi
Alme
smarrite.
Io veggo Te nel fulgido
Astro
del Ciel maggiore
Senza
del cui splendore
Il
suolo è muto.
Tu la Colomba candida,
Che
la salvezza apporta,
L’Arca
del Ciel la Porta
Il
nostro ajuto.
O voi, cui morbi pallidi
Noja
fatal, dolore
Oppimon
l’alma, il cuore
Con
voci alterne;
Con pura fè, con fervido
Cuore
correte al Monte
Inesauribil
fonte
Di
grazie eterne.
di
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