Una festa.
Il tripudio.
Scoppiano le manifestazioni di fede o di devozione e non solo mortaretti, scampanio di campane e grandinate di tamburi e bande allegre e cibi tradizionali; gli emigranti che ritornano annualmente come rondini per la festa; la storia le leggende le sfilate storiche gli studi dei teologi degli etnoantropologi dei demopsicologi dei paremiologi; le sontuose e intricatissime ricostruzioni letterarie cronachistiche memorialistiche, ricamate dai letterati dagli scrittori dai microstorici di paese. Dai poeti.
Già, dai poeti!, che rompono il solenne gioco delle rituali abitudini, mentali, linguistiche, con le loro visioni rovesciate, per dirci un'altra verità, per darci un'altra percezione, un altro punto di vista.
Un vero e proprio correttivo, un disintossicante della retorica dei luoghi divenuti comuni, maneggiati e banalizzati dalle seriali descrizioni di coloro che, pur non obbligati per mestiere, scambiando con disinvoltura le parole altrui per assegni in bianco al portatore, citano scrittori storici teologi drammaturghi...
Di che si tratta?
Diamo la parola al poeta.
Barbara Mariconti, "Prummisioni" -1991 Disegno a china su cartoncino cm. 11.05 x 17.05 |
Non so se pregano i muli
"Tu, umile animale da soma a cui è negata anche la paternità, forse non sei contento della nostra estate isolana né ti rallegra che ti addobbano a festa con pennacchio e drappi, per farti apparire imponente un quasi cavallo.
Ti preparano con specchi rilucenti e nastri colorati e merletti che sanno di cassapanca della nonna, e di chiuso come le lenzuola della sposa, esposti all'ammirazione della gente, perché carico di frumento e di paura tu corra tutta la salita di gradoni di pietra disuguali, il cuore in gola e, tra spintoni e pugni, percorrerla tutta fino a giungere all'altare e inginocchiarti, dicono i fedeli, davanti alla Madonna.
"Prummisioni" li chiamano.
E' l'affanno della corsa è il peso che porti, cavaliere e bisacce piene di frumento, è la gente assiepata intorno che ti segue e ti spinge, è il vociare che ti rintrona nelle orecchie, e il rullare ossessivo di tamburi che ti fa piegare le ginocchia.
Non so se pregano i muli, ma se lo fanno sono certo che pregano i loro santi che almeno, in questo paese, l'estate non venga".
Calogero Restivo, "Estate isolana" in Poesie di volti e memorie, Prova d'Autore, Catania 2013
Ph pierocarbone. Le fotografie risalgono alla Festa del Monte del 1988.
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Tu prumietti
RispondiEliminae iu ci rimiettu
Pari ca dicinu li muli
unni siemmu iunti
pi la festa di lu Munti.
Che dire? sono senza parole, tanta attenzione...tanto impegno ed io continuo a credere alla modestia dei miei componimenti. Grazie di tanto impegno, di tanto interesse.. di tanto apprezzamento.
RispondiEliminaE' un piacere condividere, disinteressatamente, ciò che si apprezza, specialmente se ricade nella categoria della sintonia.
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