Nei giorni 28, 29 e 30 ottobre 2016 si è tenuto a Racalmuto "Kaos - Festival itinerante dell' editoria, della legalità e dell'identità siciliana", diretto da Peppe Zambito.
Sabato 30, di mattina, un incontro è stato dedicato alla tradizione molto racalmutese delle rime irriverenti, fino a poco tempo fa, soltanto e rigorosamente anonime. Oggi si direbbe "anonime, ma non troppo".
Don Illuminato ne ha fatto ragguaglio e ha tracciato una sintesi dell'incontro.
Le foto sono di duplice fonte: alcune, pubblicate sul proprio profilo facebook, sono di Antonio Liotta, che sentitamente, con affetto e stima ringrazio; altre sono dell'amministratore del blog in quanto ha affidato la macchina fotografica ad una persona delle prime file pregandola di documentare l'incontro con qualche scatto. Non conoscendone il nome, doverosamente la si ringrazia, sebbene anonima. P. C.
Ve lo dico io chi sono gli anonimi
di
Don Illuminato
Un tassello mancante meritevole di ricordo, degno di essere incastonato nella storia letteraria del paese , a futura memoria.
Dunque nella sala grande dell’antico Castello Chiaramontano , in cui in una delle alte pareti sono ancora visibil le tracce di quello che fù un grande camino in pietra , ci si è stretti al calore della rima per celebrare un antico ricordo che caratterizza Racalmuto ed i Racalmutesi, e la loro ironia.
Presenti l’assessore alla cultura Salvatore Picone ed il Sindaco di Racalmuto, l’Avvocato Emilio Messana, che hanno voluto fortemente si parlasse, in quel contesto, di tale curioso fenomeno, pare tutto racalmutese.
ph ©Antonio Liotta |
Dinanzi ad una ricca platea di studenti, assieme al Prof. Piero Carbone, scrittore e poeta di Racalmuto, anche Giovanni Salvo, entrambi da sempre presenti nella vita politico sociale del paese, i quali hanno spiegato, contribuendo a tenere vivo il ricordo, il fenomeno piacevolmente simpatico della Rima Irriverente.
Utilissima e ricca di spunti la disquisizione storica del professore Carbone dall’ingerenza dei Savoia nella censura della poesia popolare, alla poesia dei bisogni.
Particolarità della rima siciliana è stata la tendenza all’anonimato dei testi, per cui il Prof. Carbone, nel corso dell’incontro, si è sapientemente soffermato su questo aspetto impersonale dei testi, giudicando tale peculiarità, l’unico lato non del tutto esaltante del fenomeno della rima burlona racalmutese.
Secondo il Sindaco, Emilio Messana, se la satira irriverente la si esprime con ironia ed in rima, può diventare anche un impegnato momento di sfogo, di evasione, di spasso.
Per Giovanni Salvo, che si e' dichiarato apertamente un rimatore e non un poeta, che si e' cimentato alla lettura di alcuni suoi versi, dedicati proprio alla passione dell'irriverenza in versi, la contestazione rimata fa' a pieno titolo parte della tradizione racalmutese, sebbene spesso rivolta ad una ristretta cerchia di cultori, non essendosi mai prefissata lo scopo di raggiungere un vasto pubblico.
L’ispirazione tematica da sempre è stata certamente circoscritta ad argomenti morali e politici, legati a fatti persone e luoghi.
ph ©Antonio Liotta |
In paese però le rime baciate o incatenate che fossero venivano sistematicamente assegnate, da parte dei “sapitura chiazzaruoli”, quasi sempre al diretto autore.
Lo stesso Napoleone Messana , nella veste di Sindaco e politico attivo, fù bersaglio di indigeribili versi.
La rima dunque per Racalmuto ha rappresentato da sempre un linguaggio intellettuale terzo, prerogativa sia del popolo che del politico, quasi una forma di scissione dell’io.
A testimonianza di ciò, il fuori classe della rima irriverente racalmutese, fù il Prof. Alfonso Scimè.
Personaggio colto e raffinato, che pur stando nell’alcova del partito socialista, quando questo comandava a Racalmuto, nonostante il suo attivismo, non disdegnava di fare lo “schizzinoso” , distinguendosi con le sue poesie.
Era solito partecipare alle notti dei lunghi coltelli , alle interminabili riunioni di partito.
Resisteva ai primi sonni mattutini, per poi poter rimare versi sbeffeggianti a quelle sedute, con signorile ironia.
Subito battuti a macchina e distribuiti, rigorosamente in maniera ignota, venivano indirizzati in alcuni luoghi ben precisi, in cui era attesa ed apprezzata la sua critica rimata, e da dove poi , copia su copia , si diffondeva nella piazza.
La particolarità è che ci si divertivano di più proprio coloro che erano presi di mira, a dimostrazione di una platea intelligente.
Troppo elitaria la sua rima per poter interessare coloro i quali avevano il problema del lavoro quotidiano.
ph ©Antonio Liotta |
Ai questi ultimi poi si aggiungevano coloro i quali cercavano di cimentarsi con la rima, e si ritenevano poeti solo per aver fatto baciare “cuntenti cu nenti”.
Spesso nelle paesane poesie si riscontra racchiusa una grintosa “cattiveria” tutta racalmutese.
A quanto pare il più torbido sia stato proprio un medico, il Dottor Achille Vinci, corrispondente del Giornale di Sicilia, il quale travolto dal suo humus poetico, non risparmiò, con i suoi pungenti versi, neppure qualche suo diretto familiare.
Da annoverare anche l’avvocato Salvatore Marchese, noto penalista, anche lui socialista come Scimè, il quale nonostante le sue immense doti oratorie, pare avvertì lo stesso il bisogno di rimare al fine di schernire i suoi avversari politici.
Graffiante, terribile, inesorabile fu in poesia l’avvocato Marchese.
Secondo lo storico racalmutese, il Dott. Calogero Taverna, il bisogno della rima in paese è così atavico e radicato che persino il luminare medico racalmutese Marco Antonio Alaimo, nel suo trattato di medicina, collocò una sestina in vernacolo siciliano.
E pensando al titolo “La mosca nel piatto” di Leonardo Sciascia, anche se i versi dello scrittore racalmutese, come tiene a precisare il Prof. Carbone, non sono mai versi satirici o sbeffeggianti, bensì elitari; l’incontro si è concluso con l’interrogativo; sarà il frutto del cromosomico sapido gusto della rima a contraddistinguere un racalmutese, con il suo beffardo modo di esistere?
LA RIMA
di Giovanni Salvo
Ah la rima quantu è bella
conza pani e murtatella
Siddru appatti la parola
a lu cori prestu vola
Renni miegliu di ogni cosa
sciavurusa comu rosa
E si ‘ntrizzi la tirzina
è pungenti, fussi spina?
Certu miegliu se vasata
Si nun è minestra ricalliata
Bona scurri e giusta sona
Lu cielu scoti, e sunnu trona
Iddra è ecu, è risunanza
Fastidiusa, nun è manza
Quannu lu stili è irrivirenti
E’ lu specchiu di la genti
A lu paisi c’è l’usanza
Di sbarrarisi la panza
E cuntari cu puisia
Di cu tessi e cu farsia
E si narra, siddru è veru
‘nzoccu appatta lu pinzieru
Chi succedi ni’ la strata
Cu la rima ‘ncatinata.
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